Lettere (Andreini)/Lettera CXXXIX

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CXXXIX. Scherzi amorosi d’honestissimo amante.

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CXXXIX. Scherzi amorosi d’honestissimo amante.
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Scherzi amorosi d’honestissimo amante.


Q
Ual amaro, quale strano tormento sento io ò Amore. Come sono pungenti gli strali tuoi. O crudo Amore egli è pur vero, che tu non termini il dolore di chi ti serve se non per morte; e per maggior nostro affanno dispietato: cieco; ma infallibil arciero d’ogni nostro martir ti godi; e che sia vero, ditelo voi crudele, ditelo voi, che per me siete fatto ministro delle sue pene. Colpa d’Amore, e vostra, ogni piacere s’è allontanato da me, & ogni affanno s’è fatto compagno della dolente mia vita. Misera me egli è pur vero, che ’l Sole non vibra così infuocati i suoi raggi, quando s’avvicina al Cane ardente, come infiammati sono i sospiri di questo petto. Procuro ben’io (e nol vi celo) di liberarmi da tanti mali: ma interviene à me come à quel travagliato Nocchiero, ilquale più che studia, e più che s’affatica d’arrivar al porto più

[p. 141v modifica]dall’ingiuria de’ venti è risospinto indietro. Più ch’io procuro di risanar le mie piaghe, più le sento far cupe, e mortali. La notte, che suole esser fida segretaria delle amorose cure de gli sfortunati amanti, mi s’è fatta nemica; e lo conosco in questo, che se alcuna volta chiudendo le humide luci, per alquanto sottrarmi à quelle pene, che sì m’affliggono, procura pietoso il sonno, con le sue dolci menzogne di piacevolmente ingannarmi, l’impaciente Amore ne’ suoi orrori scuotendomi tosto mi sveglia, perch’io pensi à miei dolori, i quali si raddoppiano vedendo riuscir vano l’effetto del grato vaneggiare. Così affliggendomi l’oscurità della notte, bramo che spunti la chiarezza del giorno, laqual arrivata non fà però le mie doglie minori, anzi l’accresce. Così m’è dura la notte, e ’ntolerabile il giorno. Così la notte non ha tante facelle, nè l’Alba tanti colori, quant’io soffro tormenti. Ma n’anderei in infinito, s’i’ volessi ad uno, ad uno narrarvi i miei tropp’aspri martiri, e manifestarvi le cocenti mie fiamme; e voi forse incredulo direste, che lieve è ’l mal di colui, che può dell’istesso male dolersi, e forse aggiungereste.

Chi può dir com’egli arde e ’n picciol foco.

E per ciò chiuse le fiamme nel cuore, e fatta la lingua di smalto viverommi ardendo, e tacendo.