Lettere (Andreini)/Lettera XXVII

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XXVII. Dell’istesso.

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Dell’istesso.


F
ACCIAMI pur Amore segno de’ suoi strali, faccia pur il mio petto conserva delle sue fiamme, ch’io stimerò sempre la sua crudeltà pietade, la sua guerra pace, il suo dolor contento, e la sua morte vita. Io per me provo tal felicità nel mirarvi, che maggiore non saprei col pensiero andarla formando, e provo tal dolcezza nell’udirvi, che ’n un subito oblio tutti i mali, che dalla mano d’amor mi vengono. ò bellezza

[p. 24r modifica]incomparabile incomprensibile che con tanto mio piacere mi stai nel cuor impressa, ò portamento di maravigliosa eccellenza, che così dolcemente m’alletti, ò parole accorte, che con tanta mia gioia mi risuonate nel cuore. O doni singolari della mia Donna, come dolcemente m’havete morto, e come artificiosamente mi tenete vivo, continuamente aggiungendo con gratioso modo esca al mio fuoco; lodati siate voi per mille volte, e lodata siate voi donna gentile, che non isdegnate il mio servire. Hora stiasi eternamente (s’è possibile) il mio cuore avvolto ne gli aurei nodi della vostra chioma, e sieno talmente a voi rivolti i miei desiri, che per sempre mi sia tolto il bramar altro oggetto: ma che dich’io? prima potranno lasciar le Tigri la natia lor fierezza, ch’io rivolga un minimo de’ miei pensieri altrove. Tutto il ghiaccio della Scithia non basterebbe ad estinguer una favilla della mia nobil fiamma, nè lunghezza di tempo, nè distanza di luogo, nè qual si voglia altro accidente farà mai, ch’io non v’ami, e ch’io non porti continuamente e ne gli occhi, e nel cuore scolpita la vostra bella imagine.