Lettere (Andreini)/Lettera XXVIII

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XXVIII. Dell’infermità del corpo, & dell’animo.

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XXVIII. Dell’infermità del corpo, & dell’animo.
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Dell’infermità del corpo, & dell’animo.


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AVENDOV’IO (inhumanissima giovene) mille volte offerto mille preghiere per movervi a pietà delle mie miserie, havendo versato mille rivi di pianto, solo per ammollir un giorno il vostro

[p. 24v modifica]indurato cuore, & havendo essalato mille sospiri di fuoco per riscaldar il vostro agghiacciato petto, e non havendo mai potuto conseguir il giusto fine de gli honesti miei desiderij, vinto dalla disperatione, rivolsi finalmente le mie voci ad invocar la Morte, la quale pietosa del mio languire, venne à soccorrermi: ma parendole troppa crudeltà l’uccidermi, subito mi fece assalir da una febbre acutissima, ond’io (come ben sapete) divenni in pochi giorni pallido, afflitto, e macilente sì, ch’io sembrava appunto la Morte istessa: haveva perdute le forze, erano indeboliti gli spiriti, m’era mancato il veder, e l’udire, & altro non mi rimaneva, che ’l dar bando, con un breve sospiro, all’anima tormentata, talch’io mi reputava felicissimo, sentendomi vicino al fine della noiosa mia vita, la quale terminando era sicuro, che terminava ancora una crudele, e smisurata passione: quando voi della Morte più cruda, non permettendo, ch’io finissi tante sventure, veniste allhora, che meno io v’aspettava à visitarmi, non già, perche alcuna pietà del mio male v’havesse punto il cuore: ma per mostrarvi, più che mai crudele, sapendo voi certo, che la maggior infelicità, che possa un misero sostenere è ’l campar lungamente, e perche voi eravate più che sicura, che l’amata vostra presenza havrebbe havuto più forza di farmi vivere, che Morte di farmi morire. Voi per questo mi visitaste. Hor chi mai vide pietà di crudeltà ripiena? ma può ben altri riputarvi pietosa, per simil atto, ch’io, che per isperienza sò qual sia l’animo vostro, vi [p. 25r modifica]riputerò sempre crudele. Hor pur ha havuto effetto quello, che v’era caro: io son guarito della febbre; ma non già dell’amore: hò lasciate le piume del mio noioso letto, per entrar nelle spine de’ vostri soliti oltraggi: son tornato di nuovo (benche debile) al grave peso de’ miei amorosi travagli, i quali ostinatamente mi seguono ovunque io vò. Hora tutto quello, che m’avverrà mi renderà più che mai sfortunato. Hor’Amore crudelissimo Tiranno, raddoppierà in me le sue catene, e farà più vivo, e più cocente il suo fuoco. Hora (lasso) io ritorno al solito cibo de’ miei mali, & alla solita sete del mio pianto. Gioite dunque, poich’io son tornato à i consueti martiri, i quali benche sieno aspri, e ’ntolerabili non haveranno per ciò forza, di far ch’io non v’ami. Questo era solo in poter della Morte da cui m’havete tolto, perche infelicissimo viva; e quanto più à torto m’oltraggierete, tanto più vi sarò fedele. Essercitate pur la vostra fierezza, che ’l cuor mio non rimarrà mai d’amarvi, non aspettate, che la disperatione ’l metta un’altra volta in fuga, o che per la vostra ferità egli sia per mutar voglia, che ciò non è per seguire; anz’io mi rendo certo, ch’egli per qual si sia grave offesa, che da voi riceva, non procurerà di tornarsene à me. Fate dunque per mio danno ciò che vi pare, ch’io son pronto, e disposto à sopportar tutte le ingiurie, che da voi mi verran fatte, e son più che sicuro, che voi non potrete mostrarvi tanto crudele nell’offendermi, quant’io mi mostrero costante nell’amarvi.