Lettere (Sarpi)/Vol. I/63

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LXIII. — Al signor De l’Isle Groslot

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LXIII. — Al signor De l’Isle Groslot
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LXIII. — Al signor De l’Isle Groslot.1


Se bene io scrissi al signor Castrino, ch’essendo il libro De modo agendi di Gretsero, non faceva bisogno, avendone noi qui abbondanza, come di tutte le cattive scritture; con tutto ciò, per questo spaccio, il signor ambasciatore me lo manda. Così credo che per opera di V.S. averò anco due esemplari di Assenmullero, perchè già il signor Castrino me n’ha fatto aver uno, e il signor Bongars scrive di mandarne un altro. Questo però non sarà senza utile, imperocchè assai gentiluomini desiderano averlo. Io l’ho letto, e mi piace; ma, all’abondanza della materia, non è molto ricco scrittore.

Ringrazio V.S. con affetto di quello che ha scritto in Inghilterra per avere De modo agendi. Avvisa il signor Castrino, che fa copiare le Ordinazioni gesuitiche per mandarmele: le aspetto bene con desiderio, che certo è cosa di stupore, quanto siano secrete in Italia. Non è molto tempo che Gregorio XIV fece un breve a loro favore, e pur mi si fa impossibile il trovarne una copia: tanto i loro arcani sono riservati!

Mi perdonerà V.S., che non fa differenza da un spagnuolo a un gesuita, se non posso conformarmi con lei, avendo per migliore il più tristo spagnuolo, che il meno cattivo gesuita. Qualche spagnuolo è capace d’intendere il bene, se gli è mostrato: essi sono tutti indurati, e hanno la coscienza così offuscata, che non si può parlar loro. Non credo che [p. 213 modifica]mai più fosse un genere d’uomini così giurati nemici della bontà e verità.

Ma come ha fatto il re di Francia che non abbia dato, se non un di loro, almeno un loro discepolo per institutore del Delfino? È molto che Dio non l’abbia lasciato ingannar in questo. Non mi è parso gran cosa che il signor di Sully sia stato forte alle batterie, perchè così voleva che fosse non solo la ragione dell’onesto, ma quella ancora dell’utile. Gran cosa stimo che il re si sia acquietato. Ma cotesta maestà non è bene informata, se crede poter acquistar per nissuna via la grazia papale. Già li publici rispetti hanno sforzato li papi a mostrarsi spagnuoli, restando molti di loro alieni di quella fazione all’interno. Questo è spagnuolo come papa, come Borghese e come Cammillo; nè bisogna sperar nell’accortezza del signor di Breves, atto a fare ogni cosa fattibile, perchè qui la natura contrastando, supera ogni arte. Perde molte belle occasioni chi si lascia addormentare da speranze vane.2 Così mi duole vedendo in effetto che la trattazione nelli Paesi Bassi non ha per fine se non la corruzione di quella repubblica, la nascenza della quale sì come Dio ha favorito con grazie inestimabili, così pare che la malizia del diavolo oppugni con tutte le arti.

Per rispondere alcuna cosa a V.S. intorno li fatti nostri, fu mandato a Civitavecchia, insieme col Poma, anco il prete. Fama è che la causa vera fosse per relazione fatta dal cardinale Mellini al ritorno suo di Germania, che quivi fosse sentito con [p. 214 modifica]scandalo il favore prestato a quelli. Il Parrasio fu mandato prigione da Ancona a Roma. Io non ho più saputo quello che ne sia avvenuto; sì come anco del Poma e del prete, dopo la nuova che fossero mandati a Civitavecchia, non s’è più parlato, ne là si vedono. Il Bitonto fu ucciso alla sua patria da’ suoi nemici.3

Dell’arcidiacono non si è fatto ancora risoluzione, perchè nuovi disgusti sopravenendo alla giornata, fanno formare risoluzione di metter tutto insieme. Li sei stipendiati dopo l’aumento non sono più stati tentati. Di me, poichè non ho maggior bisogno, non voglio che per nissun modo si parli: mi duol solo non poter prestare maggior servizio.4

Fu vero che li capi del Consiglio de’ Dieci innovarono una legge antica, che le chiese si serrassero al crepuscolo, e non si sonasse campana dopo la prima ora di notte sino al mattutino; e questo per le inonestà che avvenivano nelle chiese, che in certe loro feste portavano alla notte li uffici diurni. Il papa perciò si riscaldò grandemente, perchè dice che toccava a lui far tali provisioni, se bisognano, e che si ricorra ad esso: che li laici non possono far legge sopra le chiese, quantunque buone e a favore: e che protesta, acciò Fra Paolo non dica poi, che col silenzio mostri di consentire e approvare. Fin qui le cose non sono uscite oltre le parole. Ma maggior controversia è nata per un’abbazia vacante, di entrata circa 12,000 ducati,5 la quale il papa ha [p. 215 modifica]data al suo nepote, e la Repubblica (a petizione di quei popoli) vorrebbe fosse delli monachi Camaldulensi, de’ quali era già: e Dio voglia che questa controversia non passi innanzi più di quello che ambe le parti vorrebbono. Da due giorni in qua, è nato un altro disgusto. Predica monsignor6 Fulgenzio nostro nella chiesa di San Lorenzo. Questi romanisti hanno usato tutte le arti per levarli l’audienza e il credito: ma avendo fatto la loro opera effetto contrario, il nuncio ha tentato di sedurne alcuni a dire ch’egli predichi eresie; e poi s’è doluto col principe, non passando a dir questo, ma solo che a questa predica vanno Fiamminghi e Greci, e che vi è sospetto che il predicatore nell’interno sia infetto. Questo ha dato gran disgusto a un numero grande della nobiltà che va a quella predica, e ha fatto che anco il rimanente abbia voluto udirlo, per aver cognizione propria della verità. Quelli che sono stati tentati hanno pubblicato gli uffici del nuncio. Dio faccia la sua santa volontà.

Voglio pregar V.S. che non gravi il signore Alleaume niente sopra di quello, ch’è con intiera sua comodità; e quando sarà a Parigi, conservarmi la sua grazia.

La partita di Don Pietro, credo che sia, avendo ottenuto dal re quanto ha voluto, per non attendere a lui nissuna delle promesse. Ho bene per verisimile, ch’egli averà operato tal cosa, che il tempo mostrerà essere con perdita di qualche gran personaggio.7 [p. 216 modifica]

Le cose di Austria turbano più che mai, e Matthias vorrà essere un re di scacchi.

Nella querela passata tra Don Pietro, e il signor ambasciatore Foscarini, forse egli non averà fatto quanto le leggi della cavalleria vogliono; ma credo bene non averà pretermesso quel che comportano li costumi della sua patria. Anco alla corte imperiale l’ambasciatore spagnuolo ha avuto differenze col veneto per le stesse cause.

Credo che il governo di Spagna s’infratesca assai, se bene non pare. Del Menino, altro non li posso dire, se non che sta in Padova, e viene alle volte a Venezia assai disgustato, ma con la sua semplicità. Fra Fulgenzio minorità ha cercato di predicar questa quaresima in Ferrara: quei da Roma non glielo hanno permesso, dicendo che volesse ritirarsi alli confini per fuggire, e non vogliono che parta di Roma.

Ho ricevuto la lettera del signor Vignier gentilissima, ma non averò tempo di fargli risposta oggi. Il signor Assellineau sta bene e sano al suo solito: ebbe domenica quelle di V.S., e m’ha detto che darà risposta.

Ho veduto la deduzione, come il papa s’è mostrato nec Deus nec homo: composizione molto pura e di spirito acuto: conclude molto bene e, quel che importa, molto veramente.

In fine della lettera, V.S. mi nomina certo evento [p. 217 modifica]miracoloso, nè me lo esplica; onde resto senza intendere questa particola. Ma a me non mancano miracoli, avendo un Dio in terra, la cui onnipotenza se bene s’estende costà, però non esce così lontano. Il signor Molino li bacia la mano, come faccio io di tutto cuore, pregando Dio che li doni le sue sante grazie, e a me modo di poterla servire come desidero.

Di Venezia, il 17 marzo 1609.




Note

  1. Stampata in Ginevra ec., pag. 141.
  2. Sentenza degna di campeggiare tra le più sapienti massime della politica.
  3. Pasquale da Bitonto, soldato; uno tra i cinque principali assassini del Sarpi.
  4. Può rivedersi il quartultimo § della Lettera LIII.
  5. La prima edizione ha qui, con errore da muovere al riso: “10 ducati.„ Ma vedasi la Lett. LXIV, cogli altri luoghi, ove di questa abbazzia, detta di Vangadizza, riparlasi.
  6. Così la vecchia stampa; o per errore, nelle veci di monsieur, per celia consimile alla notata da noi a p. 167, n. 1.
  7. “Toledo, a dire il vero, non ottenne niente di quanto si era proposto; ma le sue cabale, secondate fervorosamente dal partito gesuitico, ottennero che Enrico IV si trovò, senza quasi avvedersene, in disgusto e diffidenza co’ suoi alleati. Fra Paolo avanza il sospetto che le pratiche dello Spagnuolo tendessero alla perdita di qualche gran personaggio: forse egli intendeva di Sully, che era il sostegno del partito protestante; ma se pensava al re Enrico, ei fu indovino.„ (Bianchi- Giovini.)