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Lettere (Sarpi)/Vol. II/220

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CCXX. — A Giacomo Leschassier

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CCXX. — A Giacomo Leschassier
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CCXX. — A Giacomo Leschassier.1


Ho appreso con sommo dispiacere il torto fatto al signor Richer, e più me ne sono condoluto a vedere l’oltracotanza del procedere ingiurioso, e in [p. 346 modifica]quelli stessi che, non solo per giustizia e convenienza, ma per interesse proprio massimamente, dovevano pigliarne le parti. Ma forse Iddio ha permesso questo in bene del Richer medesimo, il quale dovrà consolarsi pensando che ha patito persecuzione per una pia e giusta causa; e che, se non in questa, vivrà in benedizione a tutti nell’età ventura, dovechè i suoi nemici avranno rimprovero di cortigiana piacentería. Gli basti oggi l’avere ad encomio de’ suoi sforzi il testimonio della coscienza e dei buoni.

Mi ha fatto meraviglia il nuovo tenore delle lettere regie, di cui ho ricevuto un esemplare mandatomi da V.S.; e non ho potuto approvare che sul principio si rovesciasse l’ottimo sistema governativo tenuto per secoli, con tanta tranquillità e prosperamento. Grande è per fermo ora costì il potere o, per dir meglio, lo strapotere de’ Gesuiti, che pur forse non arriverà al segno che pensano. Perocchè è forza cangino certamente le cose; e la virtù francese, ora ristretta nell’intimo dei cuori e fatta dalle contraddizioni più vigorosa, per forza di antiperistasi si verserà, rovesciandoli, sopra tutti gli ostacoli e metterà riparo anco ai mali avvenire. Il che non solo spero, ma prego Dio continuamente che avvenga.

Ho letto la dissertazione di Leidressier, e l’ho scorsa di nuovo, fuor del mio solito: tanto m’è parsa cosa bella e perfetta. L’autore, qualunque siasi, merita l’elogio e l’ammirazione di tutti i buoni. Alla eleganza del dettato accoppia la sodezza della dottrina; tanto che, se non continua ad usare l’ingegno in comune benefizio, mancherà a sè stesso ed ai buoni. Oh come agognerei di essere raccomandato alla benevolenza di tal uomo! [p. 347 modifica]

Ho ricevuto la Raccolta di Sentenze aggiudicatorie del Barclay; elegante lavoro, che mostra il vigoroso ingegno dell’autore, a me noto anche per l’altre opere.2 La curia romana non ha avuto per l’addietro gente a’ suoi disegni più contraria dei Francesi; e spirandole oggi il vento in poppa, volta sopra voi tutti gli sforzi, e noi lascia un po’ respirare. Ma combattete da forti, come faceste fin qui, e per voi e per gli altri; e il vento si volgerà presto da un’altra parte.

La ringrazio per la narrativa del caso del parroco, di cui desideravo essere ragguagliato. A quel che vedo, cotesta città (per non dir regno), per opera e brighe gesuitiche, si scinde tutta in due parti; cioè gesuitanti e realisti; e io dubito se in ciò mostrino accorgimento. Tutti i cattolici staranno pel pontefice; e non può essere che, divisi in due parti, spalleggino soltanto lui. Trapela dalle lettere della S.V. certo scoramento che in Lei rampolla dalla considerazione del non potersi sterpar di costà la dottrina del parricidio. Ma non è a sperare che un grave morbo si sani così facilmente: bisogna dar tempo al tempo, come i medici costumano, e aspettare le forze. Fa duopo in questo mentre lavorare di diversioni e revulsioni: i rimedi gioveranno quand’esso verrà declinando. Dopo tanto strepitare, non [p. 348 modifica]dirò di cotesto regno, ma di tutta Europa scossasi al parricidio di Enrico, non fa caso se quelli che ne furono i primi autori, sin qui non si mettano in quiete. Temono per sè stessi, ove lascino ai buoni il tempo di ripigliar cuore. Però si fanno vivi nel mondo e si arrabattano più che possono; ma, col divino beneplacito, mancheranno loro da ultimo le forze, e inoltre i buoni s’afforzeranno nella persuasione, che dinanzi a’ mali non bisogna dar addietro, ma fronteggiarli direttamente con animo più gagliardo. E la virtù provocata prevarrà pure una volta: così spero, così presagisco per l’avvenire, così prego Dio.

Noi siamo qui in riposo; incerti ove andranno a parare gli affari della Germania, e sospettosi perciò dei Turchi. Certo è che è atteso a Costantinopoli, e forse c’è di già, Nassul Bassà, che volevasi ribellato al principe. Ma le vertenze sono accomodate, avendolo accompagnato un ambasciatore di Persia; lo che è certo segno di pace fra quei sovrani. Il nuovo imperatore della Germania è per sè desideroso di far guerra a’ Turchi, per mostrarsi in atteggiamento marziale a tutti i Germani. Ciò sanno non i Germani solo, ma i Turchi pure; e non so se la cosa potrà aver effetto. Che le armi turchesche s’abbiano a voltare contro i Cristiani, è indubitato; ma non si sa cui incoglierà tanta sventura. Iddio tutto converta a sua gloria: cui prego tenga sana lungamente la persona della S.V. illustrissima e di tutti gli amici. Qualcuno mi fa sperare che il signor Richer possa essere ristabilito nel suo grado. Checchè ne avvenga, prego d’essere informato di tutto.

..... settembre, 1612.




Note

  1. Edita in latino nel tomo VI delle Opere ec., pag. 107.
  2. Del Barclay giuniore si è toccato ancora nella nota alla pag. 275 del tomo I, ed altrove. Di coteste opere o scritture di circostanza, come oggi si chiamano, dovè accader quello che accadde in ogni tempo; vale a dire che la posterità non ne serbi memoria di gran lunga proporzionata al rumore ch’esse levano quando sono divulgate. È bensì tuttavia ricordatissimo il libro del Barclay padre, intitolato De regno et regali potestate.