Levia Gravia/Libro II/Nei primi giorni del MDCCCLXI

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Libro II - In morte di G.B. Niccolini Libro II - Per la spedizione del Messico
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XVIII.

NEI PRIMI GIORNI DEL MDCCCLXI


Ai campi che verdeggiano
Piú lieti al ciel da la straniera clade
Splendi, nov’anno; esultino
4Nude ne’ raggi tuoi l’itale spade.

A te le braccia e l’animo
De la Narenta da l’irriguo piano
E di Cettigna indomita
8Dal pinifero vertice montano

Leva il Serbo; ma ’l vindice
Acciar non pone, che pur or gioiva
Percotendo a l’osmanico
12Furore il tergo obbrobrïoso in Piva.

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Te chiama il figlio d’Ellade
Sovra le tombe de’ suoi padri eretto;
E acceso de la memore
16Speranza e d’ira l’innovato petto

Guarda a le rupi tessale
Onde Orfeo scese e il re de’ prodi Achille,
A l’Egeo sacro, a l’isole
20Radïanti d’omeriche faville;

Guarda, e i fraterni vincoli
Rompe e l’oblique bavare dimore.
Preme, ancor preme i barbari
24Di Riga il canto e di Bozzàri il core.

In vano in van la tunica
Del profeta guerrier tu spieghi a’ venti,
A turbe gregge l’alacre
28Fe’ d’Alí chiedi in van, re de i credenti.

Ben tre fïate l’invido
Timor de’ regi ti campò da morte:
Lèvati omai, del Bosforo
32L’onde ritenta e le asïane porte.

Lungi da noi la putrida
Stirpe cui regna il fato, e a l’infelice
Servaggio ed a l’immobile
36Ozio e a le tombe, preda ignava, addice.

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Ma non fia già che il limpido
Sol riconforti ed Elle argentea lavi
Te falso Tito sarmata,
40Te glorïato redentor di schiavi.

Perché là su Vistola
Tutta una plebe a Dio grida e si duole,
E il ferro entro le fauci
44Tronca l’inerme priego e le parole?

Perché le madri accusano
Fioche ne’ pianti i siberiani esigli
E a la terra e a l’oceano
48Chieggon le sparse, ohimè, tombe de’ figli?

Bella ed austera vindice
Su i larghi mar cammina alta una dea:
Arde di amore il nubilo
52Ciel da’ suoi lumi e ’l pigro suol ricrea.

Ratta piú che il fulmineo
Piè de’ polledri ucrani, eccola! l’asta
Incontro a lei da l’ispido
56Tuo cosacco vibrata, o Czar, non basta.

È la dea che l’iberica
Donna sgomenta: in van s’abbraccia a l’ara
La peccatrice, e i lugubri
60Odi rattizza e i fochi atri prepara.

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È la dea cui discredere
Di Federico la progenie estrema
Osa e dal ciel ripetere
64Lo scettro e il percussor ferro e ’l diadema:

Ma Dio non tempra, o misero,
Serti a i re; forza a le sue plebi infonde,
E ’l vasto grido suscita
68Che di terror gli eserciti confonde.

È la dea che de’ vigili
Occhi circonda il sir de’ Franchi, e aspetta;
E a noi mostra i romulei
72Colli e il mar d’Adria e l’ultima vendetta.

E tu ne la man parvola,
Siccome verghe in tenue fascio unite,
Tu vuoi di sette popoli
76Stringere, Asburgo, le discordi vite?

La colpa antica ingenera
Error novi e la pena: informe attende
Ella, e il giusto giudicio
80Provocato da gli avi in te distende.

E d’Arad e di Mantova
Si scoverchiano orribili le tombe:
S’affaccia a l’Alpi retiche
84Lo spettro di Capeto e al soglio incombe.

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Astieni, astien la vergine
Man da la scure e da i lavacri orrendi,
E intemerata a i popoli
88Che si drizzan a te, libertà, splendi.

Fuma a’ tuoi piè la folgore,
Nunzia su le tue vie va la procella,
Ma ne gli sguardi tremola
92Lume gentil di matutina stella:

Deh non voler che vïoli
Regia prora del tuo Franklin i flutti;
Il sangue al fin di Bròuno
96Vendica, o giusta, e del servaggio i lutti.

Pianta le insegne italiche
Di Roma tua su i mal vietati spaldi,
Guida tonando a l’Adige
100La secura virtú di Garibaldi.

E poi ne torna l’utile
Pace e a gli aratri l’oblïato onore,
L’arti che a te fioriscono
104E de’ commerci aviti il lieto ardore.

A te cori di vergini
E di garzoni inghirlandati ogni anno
Ricondurrà; le tremole
108Facce de’ padri a te sorrideranno.

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E un tuo vate, la ferrea
D’Alceo corda quetata, in su le glebe
Dal pio travaglio floride
112Leverà il canto a la fraterna plebe.