Liber de doctrina loquendi et tacendi (trad. Soffredi del Grazia)

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latino

Albertano da Brescia XIII secolo 1278 Soffredi del Grazia Saggi duecento Liber de doctrina loquendi et tacendi Intestazione 15 dicembre 2011 50% Da definire

Nel principio, nel mezo, ne la fine sia tuctora la gratia di Cristo sopra 'l mio dire; in perciò che nel dire molti errano, e non è alchun che la sua lingua pienamente possa domare, si chome dice santo lacopo : la natura de le hestie, dei serpenti e di tucti li animali si doma da la natura de li uomini, ma la sua lingua neuno puote domare; e in perciò io Albertano hreve doctrina sopr'al dire e 'l tacere a te filliuolo mio Istefano in uno piccolo versetto ti mostro; lo verso è questo : chi se', e che, ed a chui, di chascione, e modo, e tempo richiedi. Ma perciò che questo verso è ponderioso, e scuro e gennerale, e la generalitade pare oscuritade, ò pensato di disporilo, e di schiararllo per uno picciolo modo di mio senno.

Adomque filiuolo mio charissimo quando volli parlare dei cominciare da te medesmo, a l' asempro del gallo, che anzi che chanti si percuote choll'ale tre volte.

I.

Sopra la paraula chi se'.

Ed imperciò nel principio del tuo dicfo, anthi * che Io spirito produca parole a la hocca, Richiedi le parole del verso di sopra; richiedi, tant' è a dire quanto due volte chiedi, e cercha, adonqua richiedi nel' animo tuo, e da te medesmo chi se', e quello che dire volli, e se quello dicto pertiene a te; o altrui; ma se pertiene altrui piu ch'a te, di quello dicto non ti dei 'mframectere, sì chome dice la lege: foli'è d'inframectere di quella chosa che a se non pertiene, e chosì è filio di dire quello che a se non pertiene. linde dice Salamene 'ne proverbi: chosì è quelli che s'itnframecte 'ne la briga altrui chome quelli che prende 'l chane per l’ orechie. Ed un altro savio disse: Di quella chosa che non ti molesta non comhactere. A presso dei Richiedere te medesmo in piano, e in cheto senno, e se

se' irato, o turbato; ma se l'animo tuo è turbato non dei parlare sine che quello turbamento dura, sì dinmc dice tulio : Elli è grande vertudie di costringere li animi turbati, e la volontade fare ubidiente a la rascione, e perciò dei tacere quando se' irato, sì cbome dice senocha : l'uomo irato non parla altro che pechato; e chato dise : o tu che se' pieno d'ira non contendere de la clio.su che tuo.no sai; e perché madie ? perciò che l'ira inpedisce l’animo a ciò che non pose cognoscere lo dricto del falso. Ed un altro Savio disse: la lege vede l’uomo churiciato, ed elli non vede la lege. Ed ovidio disse : o tue che vinci tucte le chose, or vinci l'animo e l'ira tua; e tulio disse : cesi dio l'ira da noi co' la quale non si puote fare alchuna chosa buona in te. E perciò petro alfunso dise : la natura omana si àe questo in se che turbato l'animo de l’nomo non àe discrectione nel chuore a giudicare lo dricto dal falso. E se de l'ira e del'irato, e del furioso volli piuo pianamente sapere legerai 'ne libro lo quale feci, di socto, de l'amore, e de la dilectione di dio; e nel tictolo là u't'insegno (schifare l'amistadede l'uomo furioso; e certo, bene ti dei guardare che la volontà del dire non ti muova né t'induca a dire tanto ch' el tuo spirito non consenta a la rascione. E salamene dice : l’ uomo che non puote costringere l’ animo suo e lo spirito nel parlar' è sì chome la citade manifesta, e senza circhoamento di muro; e perciò è usato di dire: l'uomo che non sae tacere, non sae parlare, e chosì non sae l’ uomo macto parlare, perché non sae tacere; ed un savio fue adimandato: perché tanto taci? se'tu macto? lìispuose : l'uomo macto non puote tacere. E salamene disse: de l'oro, e de l'argento fae burbanza, e de le parole tue fae statieia*, e poni a la tua bocca li dricti freni, e guarda no per aventura discorresi 'ne la lingua, e che 'l casso tuo non sia insanabile 'ne la morte. E ancor disse : chi guarda la bocca sua si guarda l’ anima sua, e chi non è moderato a parlare sentirà pena. E chato disse : io penso che la prima vertudie sia di costringere la lingua, e queli è piu amicho di dio, che sne tacere per rascione. 'Ne la terza parte richiedi te medesmo, e da te medesimo ripensa'ne l'animo tuo chi tu se'che volli altrui riprender' e dire, e se tuo potresti esere ripreso di simile facto o dicto. E sampaulo disse 'ne la pistola a romani : da escusare non se' tu che giudiche, e di quello giudiche altrui condanne te medesmo, e se' peccatore di quello che giudiche; ed in altra pistola disse : perché amaestre altrui di quell'a che non se* Amaestra

to tu? perché prediche lo scaro, ed involle?* E chato disse: guarda non sic peccatore di quello peccato che incolpe altrui, perch' eli è soza chosa al signore di riprendere lo servidore del suo medesmo peccato; ma perciò, ben dire e male operare non è altro che danaro se medesmo cho la sua parola, secondo che dice saucto Aghostino; ed altroe disse Chato: no riprendere lo dicto nè'l facto altrui, forsi per aventura queli di simile facto ti puote ischernire. 'ne la quarta parte richiedi da te, e dentro da te chisse', e che volli dire, e se'l sai, e se noi'sai bene, noi'puoi dire; ed un savio fue adimandato: chome potrei io ben sapere dire : Rispuose, se tu solamente di'quello che tu sai bene. £ gesu seracha dise: se lo'ntendimento è a te, rispondi al prosimo; e se no sì, sia la tua mano sopra la bocca tua, a ciò che non sie ripreso 'ne la parola non savia. 'Ne la quinta parte richiedi qua! serà l'efecto del tuo parlare, perciò che alchuna chosa pare buona nel principio, che à mala fine, gesù seracha disse: in tucti li beni troverai doppi mali. E per cioe non solamente lo principio, ma la fine, e da che effecto dei Richiedere e pensare. Unde pamfilio disse .lo savere guarda lo principio, e la fine insieme, perché la fine àe in se tanto honore e disnore, e guarda la fine el principio de la tua parola a ciò che tuo posse più sicuramente diie quello cVie propcnsato ài. E se 'ne la parola la quale volie dire à dubio d'avere buono cominciamento, o nò, dei tacere magioremente che dire, sì chome dicie petro Alfunso grande fisolafo, che disse: Se tuo dubite di dire; taci; perciò che sempre è melio tacere e pentere, che parlare e pentere; e magiore mente si conviene al savio uomo tacere per se, che parlare contro se, perciò che neuno per tacere avemo veduto ripreso, quasi; ma per parlare molti errano, perché le parole sono quasi saecte, e lievemente si dicono, e troppo gravemente si tornano; perciò è usato di dire : da che la parola è dieta non si puote rivocarej unde 'nei dubi megll’è tacere, che dire, secondo che i faeti dubitasi è meglio a no farli che a farli. A ciò dice tulio; io lodo eboltii che vieta di fare quella chosa, o dricto, o no dricto che sia, perciò che la drictura per se mcdesmo Kisprende e lucie, ma'l dubio contiene significamento d'ingiura. ed un altro savio disse: non fare la chosa che dubite, ma fugilla. e certo ad intendimento ed ispositione di quella parola chi se' asai chose si potrebe dire, ma di ciò che diciamo breve, Hitieni li V. Asempri che t' òe dati di sopra.


II.

Sopra la paranla che.

Poiché tuo sai quello ohe òe dicto di sopra, diròe sopra la parola che. certo pensare dei che * tuo die se 'li è dricto o falso, gesu seracha disse: la dricta parola de'essere inanzi a tucte le tue opere; e innanzi a tucti i tuo'facti abie istabille consilio in te, e perciò la veritn(le è da amare sopra tucte l'altre cose, colla quale Achacta l'uomo la grazia di dio, conciosiachosa che dise: io sono vin, veritade e vita; e perciò se volli parlare parla veritade, e taci buscia. L’nde dice Salamone: magioremente dee essere Amato lo ladrone, che 'l continuo busciardo; e l'altro disse: piacciati la veritade chiche la dica. E chasiodorodisse: la lusanza* è di dispresciare la veritade; intendasi veritade puta senza nullo falso. E ancho disse: lo vero è buono se non vi si mischia lo falso; ed io intendo de la sempice veritade. E senecha disse : la rascione di cholui che dae opera a la veritade de' essere senpice, e incomposta, e perciò dei parlare veritade a ciò che 'l dicto tuo non sembri mentire, senecha disse 'ne libro de l'onesta vita: non portegna A te possa che afermi, e giuri: de la relegione e de la fede in tucte parti si tracta. Ma possa che nelsaramento dio non si ricorda, né non v'abia testimonio, non pfirò dei tuo tacere la veritade, ma dirlla a ciò che non passi la lege de la giustizia; ma se alchuna volta fossi costrecto di dire buscia, dilla a guardia del dricto, e no del falso; e se Avenisse che per buscia tu ti ricomperasi da la fidelitade* non mentiresti, Anzi se'magioremente da essere escusato, perciò che là dov'è l'onesta cascione l'uomo giusto non falsa la sacrata chosa. Dei tacere le chose che sono da tacere, e parlare le chose che sono da dire, ed a cholui che chosie fae la pacie ge li è secreto Riposo. E perciò dei dire la veritade puta e sempice, e de'pregare dio che paraule di buscia faccia di lungi da tei e salamene pregò dio e disse: signore dio di due chose t'òe pregato, no mille denegare innanzi ch'eo muoia, la vanitade, e le paraule de la buscia fai di lungi da me. E sichome tuo non dei dire contra la verilade, chosì non dei fare. si chome disse sampaulo 'ne la pistola seconda Ad i chorizios: noi non possiamo Alchnna chosa fuori da la veritade, ma per la veritade, e tal veritade dei dire ehofiti che ti sia creduta, altramente serebe Reputata per bu

sera, e oterebbe luogho di falsitade; E perciò la veritade non creduta, buscia è tenuta. E però t'òe dicto di sopra, che fughe la buscia, perciò che non è da giudicare lo busciardo che dice falso quello ch'è vero, e d'imcontrario mente chi dice vero, se crede dire falso, né no libero da la buscia quelli che dice veritade di quello che non sae, e quelli che la sae, mente per volontà sì eho-* me dice sancto agostino.

'Ne la seconda parte dei richiedere quello che dire voglie, se elli è utile, u vano, e perciò le utili paraule sempre devem dire, e le vane tacere, secondo che dice senacha 'ne la forma de la vita honesta: la parola tua non sia vana, ma o ella de'chonsolare altrui, o insegnare, o comandare, o amonire. 'Ne la terza parte ti dei guardare se tuo di'chosa di rascione, o no di rasc/one, e le paraule di rascione sempre si den dire; quelle che non sono di rascione si dennj tacere; inperciochè la chosa che non è di rascione non puote essere troppo di lungi, che chi porta seco rascione vince tncto lo mondo, Unde scripto è: istu*vuoli vincere tucto lo mondo soctomectiti a la rascione. ed anchora è usato di dire : la rascione bene cognosciuta giudica quello ch' è M melilo; la non conosciuta rasc/one è ripiena di molti errori.'N« la quarta parte dei Richiedere se tu di'alchuna cosa aspra, o dolcie, o soave; e le dolci paraule sempre si denno dire, e l'aspreze tacere; e perciò dise gesù seracha: la dolcie paraula Accresce li amici e umilia li nemici. Ancho si dice che nel diseito dimora la licvore, e la salvagina, e 'ne la lingua de l'uomo savio dimora umilitade. E pamfilio dise: lo dolcie parlare notrica l'amore, da V. parte Richiedi se di'duro o molle; le molli paraule si deno dire, e le dure tacere, si chome dice salamene : la molle risposta espeza l'ira, lo sermone, e la paraula dura isvellia lo furore, e l'ira. 'ne la iexta parte richied' istu * di'alchuna chosa bella, o sozura, e le belle paraule e le buone si deno dire, e le soze tacere, e perciò disse sampaulo'ne la pistola seconda ad corizios: lo male parlare rompe li buoni costumi; ed altro disse: cesi dio che neuna mala paraula discenda de la nostra bocha; ed anchora disse 'ne la pistola ad efesios: la sozura è macto parlare, la quale non tiene a neuna chosa, non si nomini in voi si comes'apertiene ai sancti. e senccha 'ne libro de l'onesta vita : da le soze paraule ti guarda, perciò che la loro tenza* ingennera matia.ESalamone disse: l'uomo che dimora lunghamente in alchuno peccato, e'non si ne amenda 'ne la sua vita legieramente, e la tua paraula non dee essere

Som, ina sempre condita, sì cimme dice sampanlo: la paraula tua de'sentpre essere condita, a ciò che sapie come dei rispondere a ciascuno, 'ne la septima parte richiedi se tuo dl’paraula, oschura, o duhitosa, ma de'dire chiaro ed aperto, sì chome si truova iscripto: melio è che l'uomo sia muto, che parlare quello che non sia inteso. 'Ne l'otaya parte Richiedi non parli paraula sofistica, ci.ir paraula d'inganno, sì chome dice gc.su «eracha : chi parla ad inganno de' essere udiate, né a cholui non è data grazia da dio. 'Ne la nona parte Richiedi non diche paraula d'ingiura, sì chome si l.ruova scripto; a molti uomini minacia chi 'ngiura a uno, e perciò disse gesu siracha; non ti dei ricordare di tncte le 'ngiurie che ti fae lo tuo vicino, e ncuna cosa dei fare 'ne la opera de la 'ngiura, e chiasiodoro disse: per la 'ngiura de l'uno tucto Io parentado n'è corrocto; e l'apostolo disse: chi fae ingiurii altrui arac di quello che malvasciamente arae facto altrui; e senachu disse : aspecta d'essere meritato di quello che farai; ed io intendo d' ogna ingiura, e specialmente di quella che si fae nd inganno, che mostre di fare hene, e far mnle. E tulio disse: ncuna ingiura è sì grande, come quella di choloro che quando magioremeiite falano, mostrano di no fallare per essere tenuti buoni uomini; e le 'ngiure chosì rie non solamente impediseie le ssingulari parte, ma tucta la provincia guasta; e secondo che dicie gesu seracha la provincia Rinuova, e muta gente e signorìa per le'ngùire e le malvascitadi che si fanno; e non solamente ti dei guardare, e cessare di dire e di fare ingiura altrui, ma dei contrastare a colui che la vuole fare attrui, se fare lo puoi comodamente, si come dice tulio: due sono le gennerationi de la 'ngiuria: l’ una sì è di choloro che la fanno; l’ altra di coloro che la possono stroppiare, e ne la stroppiano; e tanto de di fallo chi non contrasta a la 'ng1 uro, chome chi abandona lo padre, e la madre, e li amici; e se altre* ti dirà ingiura dei tacere, e perciò scripsse agostino,'ne libro del somo bene: piu èn*gratiosa cho.su a fugire e cessare la ingiura tacendo, che soperchiarla Rispondendo. 'JN'e la decima parte Richiedi non tuo diche parola da comectere brign. 'iNc l’ undicima parte richiedi non diche parola d'ischernire de l'amicho né del nemico, né d'altrui, e perciò è scripto: lo buono Amico s'cli * è sc/tcrnito più grave mente s'aira, e'1 nemicho per le schierue di lui fare piuo tosto verrebe a le paraule, ed a 1 ciaschuno dispiacere s'eli è schernito, sì che l'amore nienima, e secondo l'argollio de l’ amore selli meuima, tosto viene meno, e

terto per ischierne tosto ti screhe dicto chosa, che non voresti ntfU re . e Salamone disse: chi schiernisce altrui non puote champaref ch'elli non sia !schernito. 'Ne la dodicesima parteRichiedi non diche parole d'inghanno, e perciò disse lo profeta: disperda di» I ut-li lidicti d'inghanno, ole lingue malparlanti. 'Ne la tredicesima par-i te Richiedi non diche alchuna chosa soperhin, e Sciamone disse: I» u'è la soperhia quin'è la nequitade, e uv' è l'umilitade, quln' è 'I savere; e g'oho disse: possa che In soperhia monta al ciclo, e '\ suo capo tochi li nuvili conviene che divegna neiente 'ne la fine. e gesù seracha disse: odievile è dentmz-i da dio, e da le genti hi soperhia. apresso dei Richiedere non diche parola oziosa, e perciò è scripto: di ciaschuna parola oziosa Renderemo liascione/ adonqua sia la parola tua vera e nò vana, e sia Rascioncvile o dolcie, e soave e molle, e non dura, hella e non soza, né ria, né d'inghanno, non piena d' ingiura, e d'ischierne, e di soperhia., E questo ti doe per amaestnimento, che non è da credere ohe noi possiamo fare tucte le chose, che sono centra li hu«ni ehostami, si chom' dice la Icge: quelle chose che sono soze a tare non sono oneste a dire, perciò noi le dehiamo dire, ma l’oneste chose sempre dehiamo dire non solamente intra li strani, ina intra tuoi, né anchora parolle no oneste intra suoi dei usare chi tra li strani vuole dire oneste parole, conciò sia cosa che in tucte le cose e tucte le parti de la vita l'onestude sia hisognolì certo molti assempri sopra questa parola che si potrehe dire, uw quello' che n' ò dicto ti basti.

ót-a diremo de la parola chui'

Or ai veduto quello ch' è dicto sopra queste due paraule chi e che; intenderai sopra la parola chui. e certo quando volile parlare Richiedi a chui tuo parle, o' se a; l' amicho, o altruia l'am icho hene e drk-famente paoi parlare j e perciò che non è si dolcie c'osa chorne d'avere an.ico clrol quale posse parlare t.i chome con te medesmo, ma non dire a l'aniicho tali paraule che tuo teme che si manifestino se divenisse nemicho, e perciò disse senacha 'ne le pistole : parila ohol’am'ieho sì chome s'e dio t'odisse, e vfti ehollì altri uomini chcnne se dio ti vedesse; e l'altro disc: tieo'i l'amicho tuo che tuo non teme ohe si C.tt'ia nemicho. dtse pe

tro alfunso: per li amici non provati, provedi una volta de nemici, e mille delli amici, e perciò che alclmna volta l’ amicho diverrà nemicho, e 'l tuo segreto, del quale non vuoili, né puoi avere consillio, abielo da te medesmo, ed a neuno lo manifestare; e perciò disse gesu siracha: al'amicho e al nemico no manifestare lo tuo peccato; udiracti, e guarderati, ed irridendoti f.irae heffe di te. ed un altro disse : quello che volli sia secreto noi manifestare a neuno; ed un altro disse: a pena credi che dd neuno uomo si possa celare la secreta cosa; ed un altro disse : lo secreto tuo consilio sia celato e piacto 'ne la tua priscione; perciochè da che l’ ai dicto, tiene te preso ne la sua priscione; e perciò disse : chi lo suo consilio tiene in chuore si è signore di se d'alegersi Io mellio, ma piuo sichura chosa è tacere, che pregare altrui che tacia; e perciò disse hene senacha : se tuo non potesti tacere, coree volli tuo, chome dimande tuo che altr' e' dehia tacere; ma se del tuo secreto volli avere consilio, comectilo al lidelissimo amico e provato e secretoe per ciò disse salamone: tucti ti siano pacefichi; e consiliari de mille l'uno; e chato disse: lo secreto consilio manifesta al tacito compagno, e l’ aiuto del corpo al fidele medico, ma al nemicho non parlare molto, né li tuoi secreti nolli dire; e perciò disse isopo. li vostri secreti non vi fidate, né iscoprite a quelli chon chui avete avuta guerra, e questo ti dicho se col nemico tome in gratia. iscripto è che col nemicho neuno riede in gratia sicuramente, e '1 pechato de l'odio sempre sta naschoso nel peccato del uemicho; ma secondo che dice senacha là u' è '1 fuocho non menima la caldeza. e ancho e'disse: magiorement'è de' l'uomo volere morire eho l'amicho, che vivere chol nemicho. unde Salamone disse: Al nemicho Anticho non credere mai, e se s'aumilia nolli credere; ed altro disse: 'ne tuoi oclii lagrimerà '1 nemico, e se vedrà terrpo non si sazerà del tuo sangue, e petro alfunso disse : non t'acompagnare eho li tuo nemici quando puoi avere altri compagni; e perciò con tucti si de' parlare, e fare chetamente, e perciochè tai tiene Altri per amici che li sono nemici. Ancor disse : tucti quelli che tuo non conosci sono da duhitare quasi nemici. Anchora disse: non prendere compagnia eho alchuno, se prima noi congniosci; e se alchuno non cognosciuto ti s'acomnagnerà e dimanderà del tu'viagio, dl’che voglie andare piu lungi che no ài pensato; e se arà lancia . va' da man dricta, s' ara spada; va' da man mancha. e richiedi istu parie cl'io '1 savio, o cho '1 macto; e perciò dice Salamone :

non parlare cho '1 macto lo quale disprescierà lo tuo parlare; e aneho l'uomo savio se col hestia contend' e ride, non troverà Riposo. Ani hora: non riceve lo macto le paraule savie. E gesù seracha disse : chi dice al mucto savere * parla con eludui che dorme, e 'ne la fine del tuo dire, dirà chi è quie? Ancho Richiedi non parili cholli schernitori; e scripto è: co' li schernitori non avere usanza, e fugi l'nsantha* del suo parlare chome'l veleno. e Salamone disse: no riprendere lo schernitore, che t' odierà, e riprendi lo savio, e ameratti. E senacha disse: chi chastiga lo macto fae a se medesmo ingiura; chi riprende lo malvasio vuole hriga, nncho richiedi non nhie usanza cho l'uomo ch'ae troppo paranle, e perciò dice lo profeta: l'uomo eh'à troppo paraule non fie amato in tera, periglioso Ahita il linghoso 'ne la sua cittade, e 'ne la sua parola è da duhitare, ed è odiato, si chome dice gesù serncha. Ancora chi odia lo troppo parllare spegnerae la malitia. e altroe disse : non avere consiglio cho mati, perché non possono amare se no quel lo che loro piace. Anco Richiedi non parile A choloro che latrano come cani, sìchome sono quelli che parlino quando tucti parllano, e sono chiamati cinici, quasi chani, de quali disse cristo: non gittare le margarite tra porci. Anco Richiedi non contende cho gli 'nvidiosi, e cho malli *uomini, e perciò disse sancto Agostino: si chome '1 fuocho crescie quante piu legna vi si mecteno, chosì '1 malvascio quanto pino ode Rascione sempre crescie la malitia, e 'ne la malivola Anima no entra sapientha, e perciò disse Cuto : contra li nomini che sanno che sono pieni di paraule non contendere di paraule, perciò che paraula si dae a molti, sapienza a poghi. Ancho Richiedi non de le tue credenze cho ehri, o cho le feniine parlli; e perciò dice Salamone : neuno secreto è ne l'uomo ehro, e la vanitade de le femine la e dire quello che non saet e Richiedi chi t'ode quando parlle; perciò è seripto: guardati d'in torno quando parie, non vi sia A cimi dispiaccia lo tuo pai lare. e certo asai si potrehe dire sopra questa parola cui, ma hastiti quello che dicto t' òe.

IV.

De le Catcioni.

Or vegniamo sopra la paraula che dici; chascioue, e perciò richiedi chascione, del tuo dicto. Ma sì chom'é nei fucti chuscione

A richiedere, si come dice senacha; di ciascheuno facto Richiedi c-hasciune, e quando truove l'inchuminciamenti pensa de la fine, e eh0si nei dicti si de' richiedere chascione, e si come senza chascione neuna cliosa si fae si come dice chasiodoro, ehcsi scuri chascione neuna chosa dei dire, e perciò la chascione del tuo dicto sia vero per lo serviselo di dìo, secondo che fanno li frati predicatori, e minori, e richiedi omana otilitade sì chome fanno li giudici, e secondo sancto agostino che dice : olii è licita chosa al savio di rascione di vendere lo suoconsillro, e Richiedi quale sia l'Otilitade, e quale dee essere helld e no sozo; e perciò dice senacha : lo sozo guadagno si de'fugire sì chome la mala ispesa. e un altro disse : lo guadagno che s'achatta chon mala fama, si de'appellare danno, e altroe è scricto: magiormente vorrei avere perduto, che sozamente guadagnato . anchora de' essere l’ utilitade moderata sechondo che dice chasiodoro : se l’ utilitade passa la misura perde la forza del suo nome. Anchora de'essere l'ntilitade natorale e chomune, e tulio diete; la paura, né '1 dolore, né la morte, né alchuna altra chosa, che possa avenire a l'uomo non è elicsi colifra natura, chome de l'nltrui utilitade cresciere la sua menimando altrui, e masima mente de la povertade de'mendichi . e casiodoro disse : sopra tucte le crudelitadi passa l'uomo volere essere Ricco de la potenza picciola del povero. ma per lo serviselo di dio, e per l'umana utili'taJe parlano li preiti e cherici, e prin' cipalmente per lo serviscio di dio, apresso per sua utilitade, e perciò che deuno vivere de l'altare secondo' che dice sampaulo : chi l'altare serve de l'altare de'vivere; e dio ordinò n choloro che '1 vagnelo anonz!ano di quello vivano; ed alquanti cherici parlano per la propria utilitade, e possa per Io serviscio di dio. m.r a chascione di dire per l'amicho ti dei muovere, e se le paraule sono giuste e helle; e la ge de l'amicitia secondo tulio è questa, che no devemo pregare altrui de le soze cose, né noi nolle devemo fare per prego Altrui, no perciò dei fare, ne dire per l'amico tuo chosa che pertegna a peccato, ma secondo la regola de l'amore no ne ischusa del peccato se pecche per chascione de l'amico, e' peccati de li amici se li fai, sono tuoi. Ancho si dice: piuo che due volte pecca chi due aiuto, al peccato s'aparechia chi aiuta lo peccatore, e massimamente 'ne le cose st ze là u'I peccato è doppio, e perciò disre scuachu: chi pecca 'ne la soza t-hosa due volte pecca, e perciò disse : dei difendere l’amicho tuo drictamente, a cio che sia dicto vero difcnditore. perciò disse chasiodoro: quel

li è propio difenditore, che difende l'amico suo a dricto; ma per tucte le predecte chose parla piuo volentieri parole utili, cioè per lo serviselo di dio, e per l’ omana otilitade, e per l'utilità de l'amico, e avegna che sopra la pannila chascioue asai si potesse dire faccio fine, e dirò sopra la paraula modo.

T-

sopra la paraula modo.

donqua Richiedi modo di parlare, ma secondo che modo è da servare 'ne le chosc, rii osi nel parlare sei modo se 'bria*neuna chosa laudabile si potrà Irovare; si cimme dicie casiodoro: lo modo in ciascuna cbosa si de' observare, e chosì lo tuo modo de' essere in cinque maniere, cioè: nel pronunziare, nel avachare, nel tardare, 'ne la quantituòe. donqua vediamo che chosa è'1 pronontiare : pronunziare si è degnilà di puraule prestala a le chose, e A'ssensi del uomo, e moderanza di corpo, e questa in lanto monta che secondo la sentenza di mastro tulio che disse: lo non tucto savio facto achacta loda se si profern bene; e chosì prima si de' operare Del prononzu mento moderanza di vocie e d'ispirito, e movimento di corpo, e di lingua, e se alchuno vizio àe la bocca tic lo amendare dilligente mente, a ciò che le paruule non siano imiate,

0 akvate* o vero 'ne la tua bocca ardenti, o aspre, o troppo sonanti, ma assetatamente aguale e chiaro sia lo tuo pronunziare. Ancho Richiedi che la faccia tua sia dricta nel pronunziare, né che

{ labri non si torcano, e che non abie troppo ispirito, e'1 volgale* alto, né li oclii volti a la tei a, né la testa chinata, né le cilia levate, o vero chinate, imperciochè neuna chosa che non ci convene puote altrui piacere secondo tulio che dicie : lo capo de l’ arie sì è che quello che tuo fai sì convegna. li labri istringere, e mordere si è soza chosa, e in didinire le paraule de' essere lo loro movimento poghecto; eho la bocca non dei parlare piuo che eho le labra, e perciò a simile quando die* grandi chose, grande mente le dei profurere; quando le di'picciole dei proferere soctilmenle; quando die le mezune dei parlare temperatamenle; ma ne' piccioli piati neuna cliesa grande, iiè alla, ma Immite, e a modo, e simiglian/a de l’ uomo che va a piedi; 'ne magioii piati là u' dichiamo di dio, o de la salute de li uomini, piuo grande mente, 'ne temperati piati là u'non si dicie Altro se non al dilectameulo de' li uditori, moderatamente, ma avegna die ciascheuno dica grandr chose, non perciò dei sempre dire grande mente, e quando tuo alchuna chosa lode, o vitupere, dei dire temperatamente loda, e piuo temperatamente vitopera; e chosì è da riprendere lo troppo lodare, chome '1 tro'*hiasmare, e 'n presenza di se non de'altre*essere lodato; e scritto è: non si conviene di lodare l’ uomo denanzi, né hiassmare. 'nel' avaciare, e 'nel tardare similliantemente Richiedi modo, ma altro in dire che in fare, e non dei essere frectoso al parlare, ma tardi oho eguale misura, sì chome dicie santo iacopo : sic tostano a udire, e tardi a dire, e a l'ira; e salamone disse : vedesti l’ uomo tostano a parlare? magiormente si de' esperare manìa che sennochasioòoro disse queste parole: vertude è tardo in dire parola, e tosto sentire le chose ch' ahisognano; a giudicare de'essere tardo. scritto è : io penso, o gmdico eholui essere huono giudicie che tosto intende e tardi giudica, e a dilihernre l’ utili chose la dimoranza è utile e huona; ond'è usato di dire: quelli v:ie a pentere che tosto giudica, e perciò la chonvenevile dimora in tal chose non è da schifare; und'è usalo di dire : ogne induscio è per odio, ma fa l’ uomo savio; e anchor 'ne consili Richiedi tardità, e non frecta . iscrito è : de' consili, che lungamente tracterai quello pensa drictissimo; lo tostano consilio sieguitn penetenza; ed anchor altre chose contrarie al consilio, la freeta, l'ira, e la chupidità; e nel fare, avuto lo consilio, de'essere tostano, e studioso; e senacha disse di dire meno che f.ire; e'iungiunente diliherare, tosto fae; e perciò che lo studio fae huono serviselo; e salamone disse: vedesti l'uomo volace? in tucte sue opere denanzi da re strae, e non seme intra i non conti*;e Gesu seracha disse : in tucte tue opere sie tostano e studioso, e non arai ogna inpedimento; non perciò usare tanta frecta che inpedisca lo compimento de l'opera . Anchor 'ne la quantitade Richiedi modo, non dicendo trope chose, e perciò che nel tropo parlare no menima peccato; e Salamone disse: 'ne le molte paraule si truova mattia, e altroe : là u'ae molte parole, quine è spesse volte fallo; e senacha disse: neuna chosn drictamennte de prode che riposarsi, e eho altrui parlare pogho, e con seco molto, ma moderatamente dei tncere e parlare. e pamfilio disse: né tropo tacere, né soperchio, né troppo dire; e odi assai, e rispondi pogo. e sostrate disse : a tucti potrai piacere, e se farai hene, e parlerai pogo. 'ne la qualitade Richiedi modo di dire, cioè dire hene. iscricto è : incomine/amento d'amistade si è hene parlare, e mal dire

è '1 contradio, e dicendo parole allegre, oneste, chiare, con pus te, e piane, e con cheto volto, e conposta faccis, senza troppo riso, e senza grido, de le quali dioie disse salamene : lo fao del mele, le paruuli: conposte, la dolceza de l’aiiima e la sanitade de l’ossa; e sopra a quello che dicto t'òe del modo, ritieni e intendi.

VI.

Sopra la paraula tempo.

Or dehiamo vedere sopra la paraula tempo, e per ciò Richiedi diligentemente tempo di dire; e gesu seraca disse : l’nonio savio tacerae fine ch'arac tempo; lo macto non guarderue tempo; e salamene disse: temp' è da tacere, e tempo è d.i dire; e senacha disse: Ahie silenzo fine che ti fae mestieri di parlare, e non solamente lo tuo, ma l'altrui aspoeta; B gesu seracha disse: là u'non se' udito non spargere le tuoi paraule, e molto è inportuno lo tuo dire, e quando non se' udito, e chi dice le paraule a eholiti chc non l’ ode sì è quasi coni;: chi svelia l’uomo che dorme dal grave sonno; e sellito è : non t'affrettare a rispondere fine che non sie adimandato, e secondo che dice salamone : chi prima risponde che oda, dimostra essere macto. Similliantemente: chi prima parla che appare è da dispresciare : unde gesu seracha disse : inanzi al giudicie apparechia la giustitia, e anzi che parli, appara; e per ciò ciascuna chosa è da dire al tempo ed a luogho; e se vuoIi appare Ad aringare, e a proporre l'amhasciate prima dei dire salute; apresso dei chomendare, e lodare sì choloro a chui l’ amhasciata è mandata, chome choloro, che sono teco a portarella; apresso l’ amhasciata è ' l dicto di questo che l'è inposto; apresso chonfortare dicendo helle paranle per avere quello che dimande; a presso dei alegare lo modo chome quello che dimande se puote fare; apresso mostrando per assempri simili chose fede. 'Ne la septima parte assegnerai soficente rascione a tucte le predicte chose, e ciò farai a l’asempro del gahriello Archangelo, lo quale quando mandato fue da dio a la heata vergine maria, prima puose la salute dicendo: ave maria . apresso, la chomendò dicendo: gratia piena etc. ed apresso pnose la chonfortazione, quando disse: ne timeas Maria, e questo conforto propuose I'archangelo, in perciò che la heata vergine era tuihulu

'ne la salute che l’archangelo fecie a lei apresso pnose l’ anonziamento quando disse : echo chc ingraviderai, e furai fìlliuolo; apresso puose lo modo, chome cioe potrà essere; e quando disse : spirito Minio sapravenne in te, e. la vertudie de l'altissimo ti prenderà, 'ne la sexia parte puose l'asempro quando disse che isahecta tua chugnatn parturirà filiuolo 'ne la sua vechieza . 'ne la septima parte Asegnò sofficiente rascione a le prrdicte chose quando disse: inperciò che non serae apo dio inpossevile ogna paraula . ma se de la lege di dicretali, e dicreto vorrae tractare, in prima poni la lectora; apresso lo chaso la spositione de la lectora; A presso, la similitudine; Apresso, lo, contrario; 'ne la sexta parte la soluzione; e chosì di ciasuhuna scienza; e questi Asempri sopra la paraula tempo presente niente ti si«no asai, e tuo per lo/nsegno che dio ti drae sopra questa, e sopra ciaschuna paraula dei vero potraiasoctiliare a pensare; e questa doctrina sopra dire e tacere; breve mente, conpresa a te, esili altri, (uoi fratelli lectorati ò clorato discrivere, perciò che la vita dei lecterati è pino nel dire, che nel fare; e le predicte chose odite Adoperati A quelle.studiosamente, perciò che lo studio vi.npie la natura e lo 'ngegno, e spesse volte, e per uso si vince tucto, e chosì potrai la doctrina del dire, e del fare Avere in pronto,, ed anchora prega dio, lo quale mi donò le predicte chose chosì dire, ohe ci conduca a l'ecternale allegreza. Amen.

Quie finiscie lo libro de la doctrina del dire e del tacere facto d'Albertano giudicie di Brescia de la contrada di sancta Aghata nel MCCXLV del mese di dicembre, e stralactato de latino in volghare per mano di ser Soffredi del Gratia in provano * di santo Aiuolo, e scritto per lamfrancho Seriacopi del bene notaio di pistoia socto li A. D. MCCLXXV1II del mese d'aprile 'ne la scila indictione.

[testo completo, da rileggere]