Liriche (Corazzini 1935)/Poemetti in prosa/Esortazione al fratello

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Poemetti in prosa - Esortazione al fratello

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Poemetti in prosa - Soliloquio delle cose Dal «Piccolo libro inutile»
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ESORTAZIONE AL FRATELLO


Ma nella croce delle tribolazioni et delle affitioni ci possiamo gloriare, però che questo è nostro.
Ma un giorno voglio sradicarli dal suolo e disporli in modo che ognuno stia da sè, affinchè apprenda la solitudine.


Giovine, se amor di perfetta letizia in te sia, vigila affinchè la mala femina cui gli umani dicono Speranza non adeschi l’inesperto Desiderio.

Sii semplice e puro come un fanciullo; non altra ombre godere se non quella generata dal prezioso lume della tua anima.

E questo lume, assai dolce, sappia tu nutrire di olii non vani e curare affinchè il suo raggio non sia parte di un tutto, ma un tutto, per sè stesso. Ama, dunque, l’ombra e fuggi la luce chè, a simiglianza del tempo, essa è ingenuamente maligna e terribilmente giusta.

E, con l’ombra, ama il silenzio, poichè l’ombra delle tue parole è il silenzio.

Amalo come Calvario delle tue imagini, [p. 71 modifica]come Croce del tuo Sogno, come Tomba della tua Anima. Saprà darti una stella per una parola, un’aquila per un grido, un pianto per un ricordo, sempre. Tu non vivrai che di Passato: ti sarà, in tal modo, assai men grave fuggir la speranza e la vana felicità.

E dovrai viverne fino a morire. Lo spasimo bianco sarà per tenerti ognuna ora: tutto che di più infantile e di più lontano verrà a battere alla tua porta, dovrai accogliere nel profondo e goderti.

La tua tristizia sarà quella de l’uomo che sempre ritorna: tristizia e letizia maggiore tu non saprai, nè mai sapesti.

Or tu voglia, nell’ombra e nella solitudine, morir questa morte. Sudario dell’agonizzante sia il Silenzio.

E l’anima tua non più possederà il brivido libidinoso della Speranza, ma ogni suo gesto sarà di rassegnazione come il chiudersi delle vetrate, a sera.

Allora che lungamente la sua vita per il deserto del Dolore tratta sarà e non tu la gola arida — in udendo le fonti della caduca felicità cantare — lusingata avrai di Piacere; allora che l’anima si sarà cibata, divotamente dell’ostia del Silenzio, prona all’altare della Solitudine, lo spasimo gaudioso vorrà tenerti tutto, in fino a che la Morte non a te si fi[p. 72 modifica]guri come il meraviglioso fiorir di un seme ignoto e divino.

E in te sarà, veramente, la gioia e la dedizione de la corolla che s’apra, nel mattino, al sole.

Giovine, io ti esorto a considerare e meditare la mia volontà. Non temer dell’umano: anzi, se avvenga che tu gli mova riso, godi e sappi che nello spregio degli altri è la vera felicità del solitario. Felicità di esaltazione che non vorrai disdegnare come quella che, sola, vana non sia e cresca in te il desio della solitudine.

Getsémani!

Oh, che tu debba inginocchiarti e orare e sudar sangue, novizio, in fin che una sua cantilena, incomprensibile e monotona come le parole di un folle, ti lacrimi la Morte, dolce sorella, e tu a lei ti doni a simiglianza dell’esule che ritorni e all’anima delle vecchie cose tutto sè stesso affidi, colmo il cuore di una mortale felicità.