Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo III - Ceva moderna.

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Capo III - Ceva moderna.

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Capo II - Descrizione di Ceva antica. Capo IV - Origine del marchesato.
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CAPO III.


Ceva moderna.


Chi si fa per poco a considerare la Ceva Moderna ridotta alla condizione d’un semplice Municipio, e d’una ristretta giudicatura è costretto a deplorarne l’attuale sua sorte ed il suo miserando decadimento. Ceva capitale di un Marchesato che dava leggi a cento castella, munita d’una fortezza, che la rendeva terribile a’ suoi nemici; abitata da tante famiglie marchionali, capo di provincia, poi sotto prefettura, con un tribunale di prima instanza, ora caduta in fondo e ridotta alla condizione dei più oscuri paesi del Piemonte, rasa al suolo la sua fortezza, rovinati i suoi baluardi, distrutte le sue porte e le sue torri, spenta ogni ombra di giurisdizione marchionale; soppressa la sua collegiata, soppressi i suoi conventi, astiata da’ suoi vicini, può a giusto titolo paragonarsi alla Gerusalemme, così pateticamente descritta dal profeta Geremia.

Converrà non pertanto darne una breve descrizione per pregio dell’opera.

Trovasi Ceva al grado di longitudine 5,20 (meridiano di Parigi) di latitudine 44,23 e 380 metri sopra il livello del mare.

L’attuale popolazione del suo territorio è di circa 5 mila anime, la parrochia già Collegiata ne conta 3 mila e duecento. Capo di mandamento che comprende Lesegno, Mombasiglio, Malpotremo, Torricella e Roasio, di Provincia e diocesi di Mondovì e della divisione di Cuneo.

[p. 22 modifica]Ha un ufficio di posta, quello d’insinuazione, un banco del sale, una stazione mista di R. Carabinieri, ed un verificatore delle contribuzioni dirette (del collegio delle opere pie e delle chiese se ne parla in appositi capitoli).

Mettono capo a questa Città, le nuove vie provinciali di Savona, della valle del Tanaro e della Pedagera. Quella di Mondovì è nuova e comoda per qualche tratto, ma in pessime condizioni nelle traverse di Lesegno e di Ceva.

Non valsero sin ora nè le istanze dei comuni, nè le disgrazie succedute specialmente sul ponte della Cattalana, e nella discesa di Lesegno, per cui restarono o morte o malconcie non poche persone, ad ottenere la riforma di questi tratti sempre pericolosi.

Si ridussero a moderna architettura diversi palazzi di Ceva che fanno di sè vaga mostra, e si costrusse in nuovo quello del municipio sulla pubblica piazza.

Si fanno in Ceva 5 fiere, la prima li 5 maggio, la seconda li 13 luglio detta di S.Clemente, la terza li 25 agosto, la quarta li 19 ottobre e l’ultima il 13 dicembre che continua sino a Natale, vale a dire undici giorni.

Vi sono tre mercati la settimana, il martedì, il giovedì, ed il sabato. Si fa il mercato delle bestie bovine al borgo Sottano in tutti i giovedì di aprile, maggio, giugno e luglio.

Il territorio la cui superficie è di dieci mila giornate, produce ogni sorta di cereali. Le ricolte più abbondanti, sono quelle del grano e della meliga. Molti vigneti assai ben coltivati adornano le alture Cevesi, e forniscono vini generosi, vi si raccolgono pure in copia legumi d’ogni sorta, castagne, palate, noci, fieno, e nei colli vicini si trovano eccellenti tartufi.

Vi allignano a meraviglia i gelsi, ed è per Ceva una delle principali risorse il raccolto dei bozzoli, si può dire che in ogni anno se ne fa incetta dai filanti Cevesi, e dai paesi circonvicini per l’egregia somma di seicentomila franchi circa. Esistono in questa Città più filature tra le quali spiccano [p. 23 modifica]per ampiezza e per eleganza quella del signor notaio Siccardi, quella del signor Colombo, e quella del signor Viglione tutte tre a vapore. Nelle due prime si filano ogni anno dai quattro ai cinquemila miriagramma di bozzoli, nella terza dai due ai tre mila, oltre quanto si fila da diversi speculatori in filature di minor conto.

Il pubblico mercato dei bozzoli stabilito per Ceva dal Municipio nell’anno 1856, produce mirabili effetti nel commercio serico.

Il filatoio proprio del sullodato signor Siccardi, già ridotto in parte a moderno e più economico meccanismo, occupa in tutto l’anno un discreto numero d’operai d’ogni sesso e d’ogni età.

Sono in attività due molini da granaglie l’uno alla Torretta di antichissima costruzione, e l’altro di recente costrutto vicino al ponte di Cevetta non lungi dal borgo della Luna. Un’antica fucina attigua al filatoio detta Martinetto, una nuova fonderìa in ferraccia, una fabbrica di cappelli, una di cera, tre di stoviglie, e diverse fornaci di mattoni, esercitano l’industria dei Cevesi, e producono non pochi guadagni.

Abbonda Ceva d’ogni sorta d’artieri, e vi sono botteghe di mercanzie che possono equipararsi a quelle delle città più cospicue, si trova in gran copia quanto è necessario alla vita animale, sono sempre in pregio le robiole lodate da Plinio, e la salsiccia ed i salami di Ceva son sempre stimati e ricercati dai forestieri.

La vicina riviera le somministra le primizie degli erbaggi, dei frutti, e copia di pesci marini, non che d’agrumi ed olii di ottima qualità.

Il nutrimento anche dei contadini e dei giornalieri è sano, quanto bramar si possa. Qui non si conosce altro pane che di puro formento, non si vende altra carne che di vitello, abbonda a suo tempo il selvaggiume, ed il Tanaro somministra continuamente una discreta quantità di pesci di buon [p. 24 modifica]gusto, e di trotte di bella qualità. Non vi è classe di persone che non beva vino, il che aggiunto alla purezza dell’aria alle acque eccellenti, fa sì che si vedono non poche persone ottuagenarie tanto di uomini che di donne a passeggiar vegeti e robusti per la Città, e ben di rado si sente a parlar di febbri.

Vi sono tre buoni alberghi, e quattro botteghe da caffè a comodo dei passeggieri, ma hassi a lamentare un numero troppo grande di bettole, fomiti del vizio e dell’intemperanza.

Vi sono tre farmacie, tre fondicherie, e gran numero di pizzicagnoli, e di rivenditori d’ogni sorta di commestibili.

Al veder questa Città posta in basso luogo fra le alture che la circondano, si giudicherebbe che poco felici vi nascono gl’ingegni; ma gli spiriti vi sono svegliatissimi ed ai Cevesi manca piuttosto lo stimolo che l’attitudine allo studio.

Il terreno Cebano è costituito di rocce calcaree, di rocce scisto-marmoree, fra le quali stanno racchiusi strali d’argilla figulina.