Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XVI - Innondazioni ed altri disastri.

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Capo XVI - Innondazioni ed altri disastri.

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Capo XV - Statuti di Ceva. Capo XVII - Altri disastri.
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CAPO XVI.


Innondazioni ed altri disastri.


La situazione topografica di Ceva non può a meno che renderla soggetta a frequenti e funeste innondazioni.

Il Tanaro e la Cevetta sono i due terribili suoi nemici, che in varie epoche cotanto desolarono i di lei abitanti.

Il Tanaro che ha le sue sorgenti nelle alpi scoscese d’Ormea riceve nel suo lungo corso in sino a Ceva i versanti di due catene d’altissimi monti che lo fiancheggiano, coperti d’alte nevi per la maggior parte dell’anno.

Cevetta che nasce vicino a Montezemolo riceve nel suo corso rovinosi torrenti quali sono, Recurezzo, Salissola e Bovina, e si scarica nel Tanaro poco distante dalla città.

Delle innondazioni cagionate da questi due formidabili vicini si conservano memorie autentiche di cui faremo cenno in questo capitolo.

La più antica di queste memorie parla dell’innondazione cagionata dal Tanaro li 7 ottobre 1331 e descritta nella seguente particola di testamento della nobil dama Sofia figlia di Giorgio I Marchese di Ceva, e vedova di Ferdinando Catalano in data 22 ottobre 1331, rogato al notaio Oberto Decarlino di Ceva 1.

[p. 81 modifica]Eccone il testo tradotto dal latino;

«Poiché per causa della malvagità, e dei peccati di pochi vien colpito da avversità tutto un popolo, e che fra le sventure più memorande debbasi annoverare la grande innondazione d’acque non mai sentita a memoria d’uomo avvenuta li sette di questo mese; dalla parte sinistra della Chiesa di S. Maria delle grazie, di buon mattino all’improvviso, e a ciel sereno. Furioso il Tanaro ha rovinato l’oratorio e la massima parte del convento dei frati minori (di S. Francesco) l’edifizio di Tornelli con sei case nella parte inferiore del borgo di S. Andrea, strascinando nella sua corrente uomini ed armenti. Inoltre perchè attesa la rovina ed esportazione di quattro dei dodici archi del ponte detto del Broglio, pel nuovo ed ampliato alveo del fiume sia stato affatto intersecato, ed intercluso il passaggio e l’accesso al Borgo superiore. Perciò io commiserando quest’infortunio, lego e dono la somma di mille quattrocento fiorini d’oro, in tant’oro (summam florenorum 1400 auri in auro) per la costruzione di un altro ponte che dia ingresso al borgo inferiore per mezzo di una porta da aprirsi nel muro di cinta tra il Castello e la mezza torre detta dei Guelfi, e quanto sopravvanzerà, si distribuirà pro rata ai poveri del borgo di S. Andrea danneggiati nell’innondazione. »

Questo ponte quantunque d’una costruzione irregolare da anni cinquecento e venticinque a questa parte resiste all’impeto dell’acqua del Tanaro e porta tuttora il nome del ponte della Cattalana.

Un’altra memoranda e luttuosissima innondazione accadde nel 1584 nel di 6 del mese di luglio.


[p. 82 modifica]Uno scrittore anonimo di quei tempi ne fece una viva descrizione dicendo: «tanta fuit acquarum eluvio, ut ob immoderatam imbrium copiam, ex alvei sui claustrum erumpens vicinus torrens (Cevetta) totam inundaverit trium horarum spatio civitatem: Deiecit magna ex parte muros, pontes, domos, templa, et de suburbiis unum, idque caeteris altius ac frequentius solo evertens, utriusque sexus, omnisque aetatis plurimos cives una cum fortunis, opibusque miserandum in modum extinxit:» vale a dire, fu tanta e sì smoderata la copia dell’acqua piovana che straripando il torrente Cevetta allagò tutta la città per lo spazio di tre ore, atterrò una parte delle mura, ponti, case, templi, ed un borgo che era il più alto e frequentato, vi perì un gran numero di cittadini d’ogni sesso e d’ogni età, in un colle loro ricchezze e sostanze, in un modo affatto miserando.

Il sobborgo di cui qui si parla è quello di S. Giovanni detto anche della Luna, perchè vi era colà un albergo sotto quell’insegna. Fra le molte case abbattute dall’impeto delle acque vi si trovò quella d’uno sposo, la quale rovinò nel mentre che vi danzavano festevolmente numerosi convitati.

Di questo miserabile avvenimento leggesi un patetico ragguaglio in un’elegia latina di Giovanni Capellano di Bossolasco.

Il Ghilini negli annali di Alessandria fa cenno della quantità di mobili esportati da Ceva in quest’innondazione, che fermaronsi tratto tratto sulle spiaggie del Tanaro, nelle vicinanze d’Asti, e particolarmente in un’isoletta, vicino al ponte d’Alessandria, il che, dice egli, fu di non poco ristoro a molti poveri i quali gli andavano pescando.

Trovasi di quest’infortunio una sincera e ben dettagliata narrazione in un manoscritto di quei tempi che per l’ingenuità con cui è scritta merita d’essere testualmente riportata:

« Alli sei giorni di luglio cominciò a piovere tra le ore...... e 15 e sino alle ore 17 mediocremente conforme al solito, e [p. 83 modifica]dalla dett’ora 17 sino alle 21 accrebbe il diluvio in maniera che il rivo di Cevetta e l’altro di Campeto si congiunsero insieme innondando il prato di Ricatino, dell’Ospedale sino a parte del medesimo di noi Mantillerii ed oltre gli infiniti danni della campagna, gettò a terra la Torretta de Facini, e la casa di Catterina di Facino, di Giovanni Sardo detto Cappa, doi, ossia tre corpi grandi di casa di M. Augustino, e fratelli Ferrarii, di Giachetto Ghisolfo, Guglielmo Ricarino e di.... suo fratello, e parte di una di Franchino Pinatolio tutte congiunte l’una all’altra alla muraglia del borgo (s’intende Priero) co’le robe e gli strami che v’erano dentro. Di più rovinò a terra la torretta del Dassio, e la casa di Raf. Ferrero..... di Nocentino Proto, Franceschino suo fratello, M. Sebastiano Ghirardo, parte di Bartolomeo Giorello e di Antonio Giorello con... alla muraglia di molto botte utensili e robe loro.

Per l’accrescimento dell’acqua di Salizzola ed altre acque che entrano in Cevetta tra Priero e Ceva e specialmente del Recurezzo qual abbondava d’assai più che Cevetta qual ha inondato e rovinato tutti li prati esistenti nella sua valle, e sradicato per no’dir salvo il vero, più di arbori mille la maggior parte fruttiferi di Castagne, correndo tutte le dett’acque unite insieme rovinarono il ponte delle Mollere, et arrivando a Ceva per tutte le case della contratta che cominciando di sopra la porte..... Cevetta continua di luogo in...... di Cevetta sino al mercato sottano incluso, salvo sei o sette case che....... nella parte dinanzi solate essendo nel resto fracassate, e di più sradicò via l’impeto e furore del detto diluvio la Casazza de’battuti di Ceva esistenti appresso a S. Francesco, innondò la detta Chiesa, et il convento, et alquante case et....... e case di massari dall’altro canto della porta di Cevetta, e tutte le robe e mercanzie che v’erano dentro, e persone che non ebbero tempo di potersi salvarsi, tra le quali il signor Annibale f. del fu signor Bonifacio de’Marchesi di Ceva, [p. 84 modifica]e sua moglie, genovese, la signora Gover, che si trovava in casa loro moglie del signor Carlo Pall..... già nove anni sono ambasciatore di sua Altezza appo Re Filippo di Spagna, mad. Margherita sorella della sig. Melibea, Gioanni Barberis, e sua moglie m..... Chiavelli medico, m... Antonio suo fratello, e m. Giacomo Paulini medico, ch’erano in casa di detta sig. Melibea. Tutte le persone si sa per certo che erano più di 300. Essendo le case rovinate e portate via come sovra più di 150, computate alcune per dentro Ceva debili che per l’acqua che innondava tutta Ceva nel più alto del sito alto più di palmi 10, e nel più basso entrava nelle case, per le finestre correndo per tutta la strada e passando sino alla porta di Tane avendo guastate tutte le mercanzie e vittovaglie ed altre robe che si trovavano nelle botteghe a piè di terra, e infangato molti panni e mercanzie e empito tutte le cantine di acqua e fango, fugendo quelli che potevano, vecchi e poveri nel rivazzo esistente sopra la contrada di Valgellato, in Castello, e sopra le case per fuggire il pericolo, ne tenendosi alcuno di poter essere salvo, ma aspettando ognuno sì di Priero che di Ceva la esterminazione, et ultimo fine delle persone e beni, come senza dubbio saria avvenuto se il tempo fosse solamente durato sino a mezzanotte e manco, il quale per grazia del signor Iddio e per voti fatti et orazioni di molte persone da bene e timorate cessò alle dett’ore 212

La civica amministrazione ricorse in allora con voto solenne alla divina Misericordia, e stabilì una processione in perpetuo nel dì 6 di luglio con intervento dei rappresentanti del Municipio il che si praticò e si pratica costantemente: la sola contrada di Ceva che non provò i funesti effetti di [p. 85 modifica]quest’innondazione, fu quella che dalla porta del Broglio passando avanti il Duomo va al Ponte di Cevetta presso S. Francesco, e che prese per questo il nome di contrada Franca.

Il Doglioni descrive un’altra terribile innondazione avvenuta il 13 gennaio 1610, per improvviso scioglimento di nevi, e dirotte pioggie. Per queste innondazioni caddero lungo il Tanaro quattro forti castelli, e 32 borghi, e perirono 4m. persone con innumerevole quantità di bestiame. Fu distrutto un ponte in pietra di dodici archi, con centoventi edifizi. Il giorno 14 crescendo la copia delle acque rovinò la parte più bassa della città, ed un bellissimo tempio dedicato al Ss. Salvatore, e perdettero la vita più di mille cinquecento persone.

Il Muratori crede esagerata questa relazione, ma il lungo tratto che percorre il Tanaro dalle montagne d’Ormea sino al Po presso Bassignana rende assai probabile questo racconto.

Testimoni di vista rammentano altre innondazioni del Tanaro, l’una delle quali allagò tutta la pianura del Broglio verso il 1796, sradicò e strascinò nella sua corrente le forche su cui grondava ancor sangue il teschio d’un condannato, e liberò per sempre Ceva dalla vista fatale di quest’infame patibolo.

L’altra nel 1843 li 3 di novembre in cui il Tanaro innondò per l’altezza d’oltre un metro nella strada provinciale presso il ponte della Cattalana. S. E. il signor conte Solaro della Margarita ministro in allora degli affari esteri, marciava per la posta alla volta di Genova dove trovavasi Carlo Alberto. Dovette per quest’allagamento retrocedere e gli convenne cangiar itinerario passando per Alessandria 3.

Note

  1. Questo testamento fu trovato nell’Archivio Vescovile d’Albenga dove fu vescovo Federico Ceva cugino della testatrice, al quale legò le sue gioie, come si vedrà nell’elenco dei Vescovi di Ceva. Questa nobil Dama morì in Ceva, e fu sepolta nella chiesa di S. Maria del Castello vicino all’altare de’ Ss. Giovanni Battista ed Antonio di Padova. Lasciò che si scrivessero sulla sua tomba queste parole: Hic jacet domina Sophia Cattalana orate pro ea.
  2. Si cita il libro dei Disciplinanti che ora più non esiste, in cui si diceva che in quest’inondazione perirono 1556 persone, che fu di distrutta la terza parte della città; ed il ghetto degli Ebrei, che si trovava nella contrada Sparezza, fu intieramente rovinato.
  3. Non deve destar meraviglia se per la confluenza di rabbiosi torrenti, che scendono dalle Alpi, e dall’Appennino le acque crescano talvolta a dismisura nella vicinanza di Ceva; ma si può dire che in gran parte i danni arrecati alla città ascriver si debbano all’incuria dei suoi abitanti; poiché si vedono anche oggidì ridotti a coltura alcuni spazi di terreno posti nella parte inferiore della città, e che dovrebbero naturalmente far parte del letto del fiume e dei tributarii torrenti, letto che potrebbe dar sufficiente scolo all’escrescenza delle acque.