Miscellanea Numismatica/Di qualche moneta ossidionale

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Di qualche moneta ossidionale

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Sesino di Messerano, contraffatto allo stampo veneziano Miscellanea Numismatica

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V.


DI QUALCHE MONETA OSSIDIONALE.


Il brano già menzionato di opera inedita sulle monete Franco-Italiche ossidionali, che il chiarissimo signor cav. C. Morbio inseriva nella Rivista della Numismatica, contiene preziose notizie sull’argomento e porge nuova testimonianza della molta erudizione storica dell’autore non meno che del tesoro di monete d’Italia adunato nei suoi medaglieri. Ma, come avviene quasi sempre in lavori di tal fatta, non tutte registrò egli, nelle serie esposte, le monete ossidionali dell’alta Italia e della Dalmazia, e però nutro fiducia che la sua ben nota cortesia non sarà per mancarmi se oso accennare qui alcuna sua omissione.

Fra le monete di Mantova, oltre lo scudo, o piuttosto ducato, che tale lo comprova il suo peso, che offre l’immagine del Santo Andrea, evvi anche il mezzo, simile in tutto a quello, fuorchè nella proporzione di peso e di modulo. Un esemplare di esso conservasi nella raccolta municipale di Mantova, formata per cura di quell’egregio signor conte Francesco Beffa-Negrini. Prototipo di tale ducato di basso argento deve essere stato il consimile di argento fino che nell’esergo del primo lato offre il solo nome della città: mantvæ. E di questo pure esiste la metà, e l’unico esemplare a me noto di così bella e rara moneta serbasi nella cospicua raccolta numismatica che l’egregio signor cav. Nicolò Bottacin munificentemente donava testè alla città di Padova.

Lo stesso posso anche affermare per lo scudo dal mirasole, del quale evvi parimente la metà, che là, dove l’intiero porta iscritto il numero 160, offre invece il numero 80, l’uno e l’altro esprimenti la quantità dei soldi ond’erano composti tali pezzi. Di questo mezzo scudo, che fu già segnalato dal catalogo Reichel, esiste pure un esemplare nella menzionata raccolta padovana, contraddistinto dal millesimo 1629. E poichè tali pezzi sono plasmati di buon argento, e dello [p. 98 modifica]scudo intiero esistono almeno tre varietà, cogli anni 1628, 1629 e 1630, dubito che possano ascriversi alle categorie delle monete battute per necessità.

A completamento di quanto il benemerito autore espose sulla moneta del blocco di Venezia dell’anno 1813, siami lecito aggiungere quanto segue:

Nel Giornale di quanto è accaduto in Venezia durante l’assedio 1813-1814, alla data del 20 gennaio 1814 leggesi: " La Commissione temporaria di finanza, attesa la scarsezza di numerario, ha creduto bene di determinare che venisse coniata e posta in corso una moneta di blocco, per l’ammontare di un solo milione.

" Questa misura reclamata dalle circostanze e dalla prudenza, fu approvata anche dal signor Comandante Superiore e ne furono ordinati alla zecca i punzoni. Cinque devono essere le monete; da una parte avranno l’indicazione del loro valore e dall’altra l’iscrizione: Blocco di Venezia: da L. 1,60; da Cent. 80; 40; 20 e 10.

" Li punzoni già ultimati esistono presso la Commissione suddetta, e si crede che a momenti nella zecca si darà mano all’opera, a meno che il suddetto signor Comandante non cangi opinione. „

Nella stessa cronaca, al giorno 22 gennaio dello stesso anno, trovasi poi quanto segue: " Nel Giornale Dipartimentale di questa città oggi pubblicato si legge, che il Comando Superiore, onde togliere i timori sulla fabbricazione di moneta di blocco e di carta monetata, che si erano pro pagati fino in Ancona, previene il pubblico, essere assolutamente false siffatte voci, ed essere ferma sua volontà che non abbia luogo né carta monetata, né moneta di blocco, e che inoltre tutti quelli che importeranno viveri, troveranno protezione e buona accoglienza e ne riceveranno subito il pagamento in buone valute. „

Erano stati approntati i punzoni per le cinque monete, ma di una sola, della maggiore, furono fatti i coni, e di essa un solo esemplare in argento, come doveva avere effetto, era a mia cognizione, quello che serbasi nel Regio Gabinetto di Brera in Milano, donatovi dal barone Galvagna, allora prefetto dell’Adriatico, Dai coni, che ora si conservano a [p. 99 modifica]Vienna, furono fatte in tempo posteriore alcune prove in piombo o col metodo della galvanoplastica, che possono vedersi nelle raccolte. Il signor cav. Morbio afferma di possedere cotale rarissimo pezzo in argento e della stessa provenienza di quello del Gabinetto di Brera, e ce ne congratuliamo sinceramente. Ai leggitori che non avessero sott’occhio la Rivista della Numismatica, non sarà discaro di vedere al numero 11 della tavola una fedele immagine di codesto interessante progetto.

Oltre le monete da cinque franchi e da un franco, fuse in Cattaro, durante l’assedio dell’anno 1813, esiste quella da dieci franchi, più rara bensì di quelle, ma già prodotta nella Storia metallica della Rivoluzione francese del Millin ed in altre opere. Cotale doppio scudo non diversifica dallo scudo semplice che nelle proporzioni di peso e di modulo e nelle note del valore e del peso inscrittevi.

Pongo fine a questa digressione rivelando una moneta la quale, se restò ignota al chiarissimo signor cav. Morbio, sfuggì del pari alle ricerche dei molti egregi autori che usarono la loro diligenza a raccogliere ed illustrare le monete del tempo a noi più vicino. Povero n’è il concetto e rozzo il lavoro, ma interessante riesce per le circostanze in cui emerse, e merita se ne conservi memoria, di preferenza alla maggior parte dei gretti e monotoni prodotti delle zecche moderne.

È questo un pezzo da 25 centesimi, di necessità, operato nell’anno 1814 entro la fortezza assediata di Palma Nuova. È consimile al notissimo pezzo da 50 centesimi emesso ivi nella stessa occasione, e l’immagine che può vedersene al numero 12 della tavola mi dispensa dal farne la descrizione.

Il solo esemplare venuto a mia cognizione è posseduto dall’egregio sig. professore Gian Battista Dal Negro di Udine, possessore di belle raccolte scientifiche e distinto per rara erudizione non meno che per singolare affabilità e modestia. Di bassa lega come il pezzo maggiore, pesa grammi 9,650. È probabile che la emissione di tale moneta non abbia avuto luogo, ma sia rimasta allo stadio di progetto, per esserne cessato poco appresso il bisogno che ne faceva decretare lo stampo.

Venezia nell’aprile del 1866.