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Miscellanea Numismatica/Gli zecchini di stampo veneto della zecca di Trévoux

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Gli zecchini di stampo veneto della zecca di Trévoux

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Gli zecchini di stampo veneto della zecca di Trévoux
Della zecca di Crema Di un piccolo ripostiglio di monete

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II.


GLI ZECCHINI DI STAMPO VENETO

DELLA ZECCA DI TRÉVOUX.


L’Italia è in debito di riconoscenza coll’illustre signor Arnoldo Morel-Fatio, il quale, preso d’amore pei monumenti delle sue zecche, ne va mano mano molti illustrando in dotte ed interessanti memorie. Non meno fortunato nello scoprire cose peregrine che solerte a renderle di pubblica ragione, egli addita vie nuove allo studioso delle antiche monete, e rivela agli italiani quale vasto campo di fruttuose ricerche, per la massima parte ancora negletto, abbiano essi nella propria numismatica. Desideriamo che il suo esempio sia nuovo eccitamento ai valenti cultori di questa scienza, e che lo studio delle zecche e delle monete d’Italia, alquanto negletto in confronto di quello ch’era nello scorso secolo, possa riprendere nuovo slancio sotto più fehci costellazioni, e la illustrazione di tutte le zecche itahane non resti troppo più a lungo un pio desiderio. Molto è vero resta ancora a fare, perchè di molte zecche non s’hanno che parziali ed incomplete illustrazioni, di molte altre è noto ai più appena il nome; ma la buona volontà ed il concorde operare non possono mancare di produrre anche in ciò i migliori effetti. Se i valenti cultori di questo importante ramo di scibile trovassero modo di far concorrere ad un medesimo fine le loro fatiche, uscendo dallo sterile isolamento, comunicandosi reciprocamente i risultati delle proprie osservazioni, instituendo una associazione regolata, attiva e concorde pel completamento di un corpo di scienza delle monete d’Italia del Medio Evo e moderne, il bel paese non tarderebbe di additare un nuovo monumento meritevole di tutta l’ammirazione.

Ben debole è la nostra voce, ma talvolta un sassolino dà impulso alla valanga: quello che non è possibile a noi, [p. 84 modifica]sarebbe facilissimo a chi, già famoso per molti studiatissimi dettati, avrebbe per sé la venerata autorità del nome, e l’esempio di una eccezionale attività. La troppa nostra inferiorità ci vieta di declinarne il nome, che da chiunque sarà facilmente indovinato.

Chiedendo venia per la divagazione, ritorniamo al chiarissimo signor Morel-Fatio, il quale, fornito della piiì squisita gentilezza e dell’amore più disinteressato per la scienza, vogliamo credere ci perdonerà se osiamo esporre qui una nostra idea sovra un punto non ancora bene chiarito di numismatica, che interessa non meno l’Italia che la Francia.

Fra i dotti lavori, ond’egli va da qualche tempo arricchendo la rivista francese della Numismatica, havvi una dissertazione sopra un zecchino di stampo veneziano, fatto battere da qualche principe di Dombes nella zecca di Trévoux, il quale, nel posto dove sui veneti zecchini suole leggersi il nome del doge, offre l’iscrizione franc — princ.1. Contrariamente all’opinione dell’ill. signor Giulio Friedländer, che volle tale zecchino battuto dal principe Francesco II di Borbone (1582-1592,) ed a quella del chiariss. sign. P. Mantellier, seguito dal sig. Poey-d’Avant, che riferivalo al tempo di Anna-Maria Luigia d’Orléans (1650-1693), il signor Morel-Fatio da molte e diligenti osservazioni guidato, conchiuse che autore debba esserne stato il principe Gastone, padre ed immediato predecessore di madamigella d’Orléans (1627-1650). Non ripeteremo le ingegnose deduzioni colle quali l’autore tentò dimostrare che tale zecchino sia imitato nelle forme e nelle leggende da quello del doge Francesco Erizzo, scelto, a suo vedere, di preferenza onde maggiormente ingannare l’occhio, mediante la somiglianza del nome inscritto sull’originale, col titolo Franciae Princeps posto sulla copia. Osserveremo soltanto, così di passaggio, che se fossevi stata veramente intenzione di ottenere mediante tale contraffazione una completa illusione di somiglianza [trompe l’œil) collo zecchino veneto, non avrebbesi inscritto il nome del santo: s. m. trevol, a rovescio, da sotto in su, ciò che costituisce [p. 85 modifica]una differenza ben notabile ed appariscente collo zecchino di Venezia.

Ben disse il chiarissimo numismatico, che dall’attento esame delle successive modificazioni dello stile e degli accessori dello zecchino veneto possono desumersi utili corollari per l’attribuzione d’altre consimili monete, e la prova l’abbiamo chiara e precisa nel caso presente. Il problema è facile a sciogliere come quello dell’uovo di Colombo, ed eccone il modo.

Nel tempo del doge Domenico Contarini il disegno dello zecchino subì una modificazione, ben nota a tutti quelli ch’hanno scrutinato intorno alle monete venete. L’asta che reggono il santo ed il doge, che fino allora, e nel primo tempo del dogado di Domenico Contarini, era ornata di una semplice banderuola, ottenne, oltre questa, una croce. Cotale accoppiamento di croce e banderuola, che non osservasi che in zecchini "di questo doge, chiede ben presto luogo ad una nuova modificazione, perchè durante la stessa ducea del Contarini fu tolta all’asta la banderuola, e la croce restò da indi in poi costantemente sola, per tutti i tempi successivi, fino alle ultime cusioni di questa celebre moneta.

Hannovi adunque tre varietà dello zecchino di Domenico Contarini: la prima ha l’asta sormontata dalla sola banderuola, la seconda la banderuola unita alla croce, e la terza la sola croce. La seconda di questa varietà, quella cioè della croce sovrapposta alla banderuola, non incontrasi di altri dogi.

Ora notisi, che lo zecchino di Trévoux, che diede argomento a tante discussioni offre appunto l’asta ornata di croce e di banderuola, dunque desso non può essere che la copia del consimile zecchino del doge Domenico Contarini, e poiché l’epoca del costui dogado (1659-1675), non corrisponde, pel Principato di Dombes, che a quella di madamigella Anna Maria d’Orléans (1650-1693), che ultima tenne il dominio di quello stato, lo zecchino in questione deve necessariamente ritenersi battuto da essa, a meno che non si volesse invertire la dimostrazione, affermando che Venezia, nell’aggiungere la croce all’asta del vessillo sui suoi zecchini, abbia preso norma da una contraffazione fatta in suo danno, ciò che, speriamo, nessuno vorrà tenere possibile.

[p. 86 modifica]A maggiore conferma di tale deduzione riportiamo sotto il n. 4 della Tav. II il disegno di uno zecchino di Domenico Contarini, e sotto il n. 6, quello dello zecchino di Trévoux, ritratti entrambi dagli originali, con quanta esattezza ci fu possibile. Sotto il n. 5, poi offriamo il disegno d’altro zecchino di Trévoux, il quale stimiamo fosse fino ad ora ignorato. In luogo della iscrizione: franc . princ . reca: s . m . trevol, per cui il nome del Santo protettore di quella città vi figura due volte, e mostra, come l’altro, l’asta sormontata dalla croce posta in capo della banderuola, sebbene, per essere alquanto sciupato, poco distinta apparisca la prima, onde deve ritenersi battuto, al pari di quello, al tempo di Madamigella d’Orléans.

In appoggio della opinione che quel più noto zecchino di Trévoux spetti al principe Gastone, il prelodato signor Morel-Fatio porge notizia di un pezzo in rame, impresso da un solo lato, con disegno consimile ai predetti zecchini ed iscrizioni analoghe, infuori della riga destinata al nome, che in esso suona: dvx . g . dom; ma poiché nel disegno prodotto avvi una apparenza di croce, oltre la banderuola, in capo all’asta, esso pure deve spettare al tempo di Madamigella d’Orléans, e sarà, probabilmente, come con diversa applicazione opinò il chiarissimo autore, la prova di un primo conio non gradito della progettata, poscia effettuata contraffazione.

Conchiuderemo ora noi pure, dicendo, che tanto quel saggio in rame, che gli zecchini effettivi di Trévoux, fino ad ora emersi, spettano indubitatamente a Madamigella d’Orléans e non ad altri, e ch’ebbe pienamente ragione l’Anonimo (Gian Agostino Gradenigo), il quale, pubblicando prima quello più noto2, ad essa riferivalo.




Note

  1. Revue Numismatique. Nouvelle série. Tome dixième, 1866, pagina 199-204.
  2. Memorie per servire all’istoria letteraria, (del Valvasense). T. IX. (1757)1 pag. 402.