Monete del Piemonte inedite o rare - supplemento/Cisterna

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Cisterna

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Albera Cortemiglia

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CISTERNA.

I vescovi d’Asti, la cui diocesi nell’undecimo secolo estendevasi sull’alta Piemonte sino verso le Alpi e l’Appennino ligure, per donazioni imperiali possedevano un gran numero di terre, delle quali moltissime col tempo vennero da essi date in feudo a varie famiglie, specialmente della loro città, e questi sono nella storia nostra conosciuti col nome di Feudi ecclesiastici, e tra essi non ultimo è la Cisterna, importante castello sito nelle amene e fertili colline dell’Astigiana.

La prima volta che trovasi nominato come dipendente da quella chiesa si è in un diploma dell’imperatore Enrico VII delli 5 aprile 1311, nel quale le conferma le sue possessicni, e fra essa specialiter castrum de Cisterna1; quando poi sia stato dal vescovo dato in feudo signora, solamente trovasi che come tale lo possedeva nel 1389 un Gandolfo Borgognino d’Astì2, e che nel 1414 ne furono investiti Giacobino c Francesco Garretti3, gli eredi dei quali lo vendettera nel 1472 ai Pelletta, salvo il consenso del vescovo, ma che due anni dopo, in seguito a confisca fattane ai suddetti per causa di omicidio, papa Sisto IV, senza tener conto dei diritti del vescovo, con bolla delli 12 luglio4 lo donò per sè e suoi discendenti ad Antonio Della Rovere patrizio torinese, il cui pronipote Giorgio nel 1539 lo vendette a Torquato Torto di Milano5, che ne ebbe da Roma l’investitura nel 1560, e per via di donne da questo casato passò in quello degli Acerbi pure della stessa città, i quali passedettero la Cisterna con titolo marchionale, e la venderano li 14 ottobre 1650 a Francesco Dal Pozzo marchese di Voghera, patrizio biellese; vendita che venne approvata da Alessandro VII con breve delli 19 dicembre 1665.

Essendo nel 1667 mancato ai vivi Francesco, Iacopo suo figliuolo ed erede ottenne li 30 novembre 1669 da papa Clemente IX in [p. 21 modifica]questo feudo il diritto di terza cognizione nelle cause civili e criminali, e indi da Clemente X con bolla delli 11 ottobre 1670 la sua erezione in principato. Però non essendo ancora di tali favori soddisfatto, instò presso questo pontefice ed ottenne li 28 marzo 1673 il più di tutti ambito, quello cioè di poter battere tam aureas quam argenteas et cuiuslibet alteriui solitae materiae monetas, sub nomine principis, alias tamen sub imagine, insigniis et auspiciis dictac Sedis Apostolicae (Documento II).

Il nuovo principe volendo godere di questo regal diritto, qualche tempo dopo fece eseguire vari bellissimi conii per monete d’oro e d’argento, senza che si conosca se altre abbia fatto battere ad eccezione del primo metallo, e delle quali una sola vidi disegnata, che credo bene di ripetere; essa venne dall’Appel6 messa sul frontispizio del volume terzo, e descritta a pagina 64 col N° 217 tra quelle dei Belgioioso, notando che cosi l’aveva veduta in un catalogo di Norimberga del 1786, ma che le parole Belg . Prin . gli lasciavano molti dubbi circa la sua vera classificazione.

Questa moneta, che dovrebbe pel suo diametro esser un quadruplo dello scudo d’oro, e che ora presento con miglior disegno (T. III, N° 32), ha nel diritto il busto del principe con lunga capigliatura e con sotto fra dne piccole stelle un cuore, segno dello zecchiere, ed attorno I . A . PVT . CFST . ET . BELG . PRIN ., cioè Iacobus A PVTeo CISTernae ET BELGuardi PRINceps, e nel rovescio uno scudo sormontato da corona fiorita ed aperta, e partito 1 e 4 di un pozzo sostenuto da due draghi alati ed affrontati, 2 e 3 d’un’aquila ad un testa e coll’ali aperte, e nel centro in uno scudetto ovale sei stelle, con attorno al tutto ii motto allusivo al nome del casato QVI . BTBET . SITIET . ITERVM . 1677.

Osservabile è in questo pezzo l’ommissione dei distintivi prescritti nel breve pontificio come feudo ecclesiastico, cioè il padiglione e le chiavi, e che nella leggenda al nome della Cisterna si aggiunse quello di Belriguardo, il quale non trovasi nominato nelle antiche investiture e che pare messovi per ostentazione, stantechè questo castello, sito già presso l’altro suddetto, da tempo antico più non [p. 22 modifica]esisteva, come appare dall’atto d’investitura data nel 1765 dal vescovo d’Asti al principe Giuseppe Alfonso, nel quale per la prima volta lo trovo menzionalo così, parlandosi della Cisterna, una cum eius membro, seu castro diruto, nuncupato Belriguardo, se forse non era un castello annesso alla terra stessa.

Nello scorso secolo conservavasi presso questo distintissimo rasato un altro grosso pezzo probabilmente del valore di dieci scuti d’oro o cinque doppie, pesando denari 35.18, ossia grammi 32.978, ma non essendosene conservato l’impronto, ne darò la descrizione come ce la lasciò il nostro Vernazza7 che l’ebbe nelle mani.

Dice adunque che nel diritto leggevasi IAC . A . PVT . PRINC . CIST . ET . BEL . 1677, col busto del principe, e nel rovescio A . DNO . FACT . EST . ISTVD . con le armi sue gentilizie, e con le due chiavi pontificie.

Questo, forse unico pezzo, quando dai Francesi fu nel dicembre 1798 proclamata la repubblica in Piemonte, subito dal governo democratico venendo di gravi imposte tassata tutta la nobiltà ed i più ricchi borghesi, che perciò venivano considerati come aristocratici, dal principe della Cisterna per dimostrarsi zelante cittadino, e così evitare persecuzioni dai nuovi governanti, con un censo di L. 16,000 di Piemonte sopra il comune di Settimo Torinese venne offerto in dono alla nazione, come appare da stato pubblicato li 28 dello stesso mese, e mandato alla zecca, dove con molti altri preziosissimi oggetti fu convertito in nuove monete repubblicane.

Questi sono i soli due pezzi che è a mia notizia siano stati battuti; però conservansi nell’archivio della famiglia tre conii per altri d’argento, cioè due pello scudo ed uno pel diritto del mezzo, e di essi, assai dalia ruggine corrosi, per gentilezza dell’ultimo principe potei cavare gl’impronti che ora presento.

Lo scudo, che per distinguerlo da quello d’oro allora ancora effettivo chiamavasi bianco (T. IV, N° 33), ha da un lato il busto con gran capigliatura simile al N° 32, con sotto il contrassegno del cuore, ed attorno IA . A . PVT . PRIN . 1677 . CIS . ET . B . D ., cioè Belguardi Dominus: perchè messovi tal titolo? L’ignoro. Dall’altro lato ha disposti in forma di croce, collo scudetto [p. 23 modifica]delle sei stelle nel centro e le due chiavi papali accollate, quattro scudi sormontati tutti da corone fogliate e aperte, ed aventi alternativamente due il pozzo e due l’aquila, colla leggenda A . DNO . FACT . EST . ISTVD..

Del mezzo-scudo il conio del diritto in pessimo stato, il solo però, come dissi, che esiste (T. IV, N° 34), ha lo stesso busto del precedente col cuore sotto, con attorno IAC . A . PVT . CISTERNÆ ET ., onde scorgcsi che nel rovescio probabilmente attorno allo stemma si doveva leggere Belguardi princeps.

Dove le anzidette monete siano state lavorate ed a qual legge l’ignoro; appare però che il solo Iacopo usò di questo diritto facendone coniare ben poche, ed unicamente per provare di posseder un sì prezioso privilegio, che nessuna mai fra noi se ne rinvenne, nè conosco esisterne ora effettiva alcuna, ad eccezione forse della riportata dall’Appel.

Quantunque evidentemente appaia tale essere stato lo scopo per cui quel principe battè queste nobili monete, nessun dubbio essendovi che basse e minute non abbia fatto lavorare, che in tal caso se ne saria infallibilmente alcuna scoperta, e che da nessuno de’ suoi successori siasi tenuto zecca aperta, tuttavia i sovrani del Piemonte, nel cui stato quel feudo trovavasi inchiuso, sempre temendo che continuando essi ad usar di tal diritto, ne potesse col tempo derivar danno ai loro sudditi, come per esperienza avevano riconosciuto avvenire per causa di altri feudatari sì imperiali che ecclesiastici di queste provincie, i quali di tal prerogativa avevano abusato, dopo ottenuto dalla Santa Sede il vicariato sopra tutti i feudi del Piemonte da essa dipendenti, nel decreto della regia camera de’ conti delli 11 aprile 1790, col quale accordava a nome del re come vicario pontificio, l’investitura del principato della Cisterna a Giuseppe Alfonso Dal Pozzo padre dell’ultimo defunto principe Carlo Emanuele, col quale s’estinse la discendenza maschile di questo nobilissimo casato, vennero esclusi dai soliti diritti quello della terza cognizione delle cause, e di battere propria moneta.

Note

  1. Libro verde della chiesa d’Asti. Ms. col N° 770 della biblioteca di S. M. in Torino, pag. 925.
  2. Feudi semoventi dalla chiesa d’Asti. Tomo I, pag. 167. Ms. N° 450 ut supra.
  3. Idem, pag. 163.
  4. Idem, pag. 164.
  5. Idem, pag. 195.
  6. Repertorium zur Munzkunde des Mittelalters und der neuern Zeit. Wien, 1824
  7. Vita di Giambattista di Savoia, in nota a pag. 494 nelle Mcmoires de l’Académie impériale des Sciences de Turin pour les années 1811-1812.