Monete e medaglie degli Spinola/Capo I

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Antichità della Famiglia Spinola

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Al lettore Capo II
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CAPO I.


ANTICHITÀ DELLA FAMIGLIA SPINOLA



Fra le illustri famiglie, che già diedero vita al comune genovese, e l’ornarono in ogni tempo colla grandezza delle imprese, coll’ingegno, col valore, e con ogni virtù cittadina, principalissima è quella degli Spinola. Eglino veggonsi ricordati nei più vetusti monumenti della Liguria, ed il loro nome risplende nei fatti egregi, che i Genovesi compirono. La loro origine, al pari di quella degli altri illustri casati perdesi nell’antichità, perché ci mancano i documenti del tempo, che soli potrebbero indicarcela, e perché i genealogisti del secolo XVII si piacquero di alterare le tradizioni abbellendole con favolosi racconti. Certo è, che alla fine del secolo XI gli Spinola già doviziosi e potenti formavano in Genova uno dei diversi rami, in che andavano divisi allora i Visconti. [p. 2 modifica]Questi reggevano la città ed il contado per i marchesi, che come ogni altra provincia dell’Italia superiore e della media, governavano il genovesato, qual feudo dell’impero.

Giovanni Cibo-Recco, che viveva nel secolo XVI, così narra nella sua Storia (Manoscritto della R. Università di Genova, pag. 15, facc. II), l’origine degli Spinola 1. «Haec est illa clarissima familia Spinola quae ortum habuisse dicitur a Guidone Vicecomite, ut ex eorum arboribus antiquissimis in pergamena scriptis vidi. Vidique etiam in quodam antiquissimo libro scripto manu Matthaei de Santo Laurentio Notarii, anno 1265, extracto a propriis originalibus instrumentorum, et sententiarum omnium annuorum censuum abbatiae S. Syri ad instantiam Domini Matthaei de Placentia abbatis, ut idem Matthaeus de S. Laurentio testificatus fuit, quod anno noningentesimo quinquagesimo secundo a nativitate Jesu Dei nostri, tempore Teodulphi episcopi genuensis, quo in tempore regnabat Ottonus Italiae Rex, et primo anno sui regni, Episcopus ipse restitui fecit a quodam presbytero Sylvestro quamdam terram vineatam sitam inter ecclesiam Sancti Syri, et castelletum, dicto Abati S. Syri, et in confinia dedit vineam Idonis de Vicecomite usque in castello, signatumque erat, et est dictum instrumentum, sive laudum signatum manu dicti Teodulphi episcopi, sicut Baldi Archipresbyteri, et Iohannis de Cardine diaconi. A quo Idone atque Guidone, Spinulae ipsi dicunt originem trahere, ut in praedictis arboribus scriptum vidi, et a senibus intellexi. Ipsi enim Spinulae ajunt solum [p. 3 modifica]super quo jam constructum fuerat castelleti castrum, jure dominii sibi ipsis pertinere, ut ex pubblisis scriptis apparere dicunt. Dicunt etiam ipsum Guidonem plures habuisse filios, et in procopera2, quod plures agros possedisse, ex quibus filiis fuere de illis qui vocari se fecerunt de carmendino, quia in haereditatem habuere agrum illum sive burgum vocatum carmendinum3; pars autem aliorum filiorum vocati fuerunt maliaucelli, qua de re ignoratur, sed putandum est ab aliquo agnomine capta, ut antiquis temporibus utebatur; pars autem cognomen proprium de vicecomite retinuerunt, inter quos Obertus major natu filius dicti Guidonis, et ut Augustinus Iustinianus in sua Chronica scripsit, quod Obertus ipse anno 997 una cum Indone de Carmandino aedificari fecerunt ecclesiam Sanctae Mariae de Vineis. Ex dicto Oberto, vel potius meo judicio ex filiis suis, successit Belus de Vicecomite, qui ut in praenarratis arboribus vidi, filios duos habuit Guidonem et Obertum primos Spinulos vocatos; et ut idem Augustinus refert, quod nomen Spinulorum successit, quia opulenti erant in valle illa porcifera, et [p. 4 modifica]quando amici ad eos et agros suos accedebant, ut semper accepi a patribus nostris, mos genuensibus fuisse, sicut nunc est, ut amici propinquique hinc inde ad alterius domos in perhumanis congressionibus, conviviisque amicabiliter accedebant, et accedunt, ibique blandiendo in conviviis dicebant deprome de hac vel altera segete vini, quod vulgari nostro idiomate dicebant Spinola quella botte ex hac enim consuetudine dicunt, et communis opinio apud omnes hucusque perseveravit familiam ipsam hortum habuisse». Sin qui il Cibo-Recco, che come il lettore ha visto con semplicità storica ammirabile, e senza studio di parte, tutte raccoglie le tradizioni, che ai suoi tempi conservavansi sull’origine di sì nobile famiglia. E a me non pare, ch’egli male si apponga nella maggior parte delle sue asserzioni, convenendo esse coi documenti, che tuttavia ci rimangono. Il quadro, ch’egli ci offre senza potersi dire in ogni sua parte perfetto, molto ha di vero, non poco di verosimile, misto a qualche inesattezza, e confusione, perdonabile in chi raccoglieva tradizioni di fatti compiutisi, almeno cinque secoli prima. L’atto di Teodolfo, ch’ei rammenta esiste tuttavia, ed io non istimo inutile il riportarlo fra i documenti (V. Documento I) perchè qualche luce può recare al soggetto.

Che le diverse diramazioni dei Visconti poi facessero capo ad un solo stipite, e che gli svariati cognomi dati sul principio agl’individui, per distinguer l’un dall’altro, passassero poi per progresso di civiltà alle lor discendenze, è fatto che di giorno in giorno acquista maggiore evidenza.

Il mio dotto amico l’Avv. Cornelio Desimone tentò pel [p. 5 modifica]primo di provare, e precisamente provò, che i Visconti genovesi fosser germogli di unica pianta4. Mostra che da quell’Ido ricordato dal Cibo-Recco, in verità derivassero i tre rami, nei quali partivansi i Visconti nel 1052, quando venivano a convegno col Vescovo di Genova Oberto. Nominavansi dal luogo di loro speciale residenza, o di più estesa proprietà, tutti tre situati nei dintorni della città, e più propriamente nella Polcevera secca. Manesseno, le Isole, e Carmadino, che oggi al dialetto diciamo Cremên, davano l’attributo ai tre rami. E da quest’ultimo rappresentato allora da un Oberto sembra che sian discesi gli Spinola, che nei tempi più antichi avevano diversi diritti, e possessioni comuni coi Carmadino.

Nessun dei documenti a me noti ricorda quel Belo, che pur dal Cibo-Recco, e da molti genealogisti posteriori, si fa padre di Guido, e di Oberto Spinola. Non so se inferir debba da ciò, che quel personaggio fosse da lor creato per legare la discendenza antica del Visconte Ido col primo ch’ebbe nome di Spinola, ovvero se sia andata smarrita la carta, che di lui ci dava contezza. Non dovrebbe forse in luogo di Belo, leggersi Guido, ed intendersi il primo ch’ebbe appellativo di Spinola che pur annoverò tra i suoi figli un Oberto ed un altro Guido? Nè sembrami necessario proseguir queste indagini, che poco lume arrecano d’altra parte al mio assunto numismatico, e non istorico. Mi basta avere accennato che la [p. 6 modifica]prosapia degli Spinola è antichissima, e nobile quanto ogni altra mai della Liguria, anzi germoglio della più nobile ed antica, che si rammenti, la viscontile (Vedi Documento II).

E per quanto sia vero, che le memorie più antiche, che si collegano agli Spinola risalgano all’anno 952, certo è però, che il primo cui gli atti attribuiscono tal nome è quel Guido, che alla fin del secolo XI prese la croce per liberar Terra Santa dalla schiavitù mussulmana, e reduce in patria fu dei Consoli, che ressero la città dal 1102, al 1105, e due altre volte di poi.

La storia non racconta perch’ei prendesse quell’attributo di Spinola, e varie cause adduconsi dai genealogisti posteriori al Cibo-Recco, il quale, come vedemmo ne reca una ben poco credibile. Il Federici, ed il Deza affermano, che Guido fosse Signore di Monte Spinola nel Tortonese, e da ciò gli venisse il casato. Altri vogliono invece che il derivasse da una spina della corona del Salvatore portata in patria dalla Palestina. Forse, e più probabilmente quell’aggiunto si diede senz’alcuna pensata ragione 5, per distinguere questo Guido da altri, ed egli lo tramandò ai discendenti. [p. 7 modifica]Di lui rimase memoria assai gloriosa, perchè molte cose operò a vantaggio e presidio delle patria. Nel suo primo consolato, quaranta galere furono inviate nell’Asia minore; s’impadronirono della città di Accaron, Gibelleto, Tortosa di Siria, e Tancredi Principe d’Antiochia, e Balduino Re di Gerusalemme fecero larghissime concessioni alla Repubblica. La seconda volta console (dal 1110, al 1114) fu presa Bayrut; vinti i Signori di Lavagna ed altri minori della riviera, e venne innalzato il castello di Porto Venere contro i Pisani. Nè meno gloriose furono le imprese compiute nel suo terzo consolato (nel 1120), poichè la Repubblica riportò sui Pisani una segnalata vittoria, acquistò molte terre nella riviera di Levante, ed oltre i Gioghi, d’onde assai avvantaggiossi lo Stato. Da uomo sì virtuoso discesero figliuoli degni, e le loro geste, brevemente nel seguente capitolo narrerò.

Note

  1. È descritta questa Storia nel mio volume Carte e Cronache Manoscritte per la Storia genovese pag. 18 n.° 19.
  2. Procopera, procobera, porcifera, pulcifera sono parole usate nelle carte e dagli storici antichi ad esprimere il torrente polcevera, che ha il suo letto a ponente della città e la valle per cui passa. L’antica tavola di bronzo trovata in Isosecco nel 1506 ha Procoberam.
  3. Sebbene in diversi esemplari di Caffaro ed in alcuni scrittori genovesi veggasi Carmandino e Carmendino, pure la lezione più giusta è Carmadino che trovasi nei documenti più esatti. Alcuni dei più antichi hanno Carmaino, e questa lezione più si appressa alla volgare pronunzia Cremên.
  4. Nella sua bella illustrazione di un frammento di breve genovese, inserita nel Vol. I. degli Atti della Società ligure di Storia patria pag. 113. e seguenti.
  5. È verissimo, che i cognomi a principio indicavano quasi sempre un difetto, la virtù, la qualità, o la patria di colui a cui attribuivansi; ma non ce n’eran di molti, che non avevano significazione alcuna? Ed han forse sempre un significato i soprannomi dati, al dì d’oggi, ad individui nella campagna con tale costanza, che spesso s’ignora dai più intimi il casato della persona, che col soprannome solo è appellata? Padella, Scialuppa, Umbre, Franza ed altri nomi dati oggidì in Liguria non han certo significato, nè causa.