Notizie inedite scritte da Giovanni Marsili/Dei patrizii veneti dotti nella cognizione delle piante e dei loro orti botanici più rinomati

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Dei patrizii veneti dotti nella cognizione delle piante e dei loro orti botanici più rinomati

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Dei patrizii veneti dotti nella cognizione delle piante e dei loro orti botanici più rinomati
Amatissimo fratello!


Ermolao Barbaro, figlio di Zaccaria Senatore Veneto dottissimo, Cavaliere e Procuratore di S. Marco, imitando non solo il padre, ma seguendo ancora le vestigia di Ermolao Barbaro prisco, e di Francesco avo (i quali essere stati singolari, nelle più nobili dottrine commemora B. Egnazio nella Prefazione al Corollario d’Ermolao nostro), fu del secolo decimoquinto, chiaro splendore delle lettere greche e latine, erudito in molte scienze, e particolarmente versato nell’Istoria naturale e delle piante; ond’è comunemente collocato tra gli autori celebri botanici, come apparisce da Gasparo Bauhino nei libri intitolati Pinace, Fitopinace, Teatro Botanico; da Gian Antonio Bumaldo nella sua Biblioteca Botanica; da Vossio De Historicis Latinis; da Gian Pietro Valeriano De Literat. Infelic.; da Conrado Gesnero De R. Herb. Script. et Biblioth.; da Fuchsio Epist. nuncupator. ad Histor. plant.; da Giuseppe Pittone Tournefort Isag in R. Herbar., dove riduce in compendio tutta la vita d’Ermolao ornandolo di molte lodi. L’essere stato molto versato nella cognizione e storia delle piante, dimostrano li suoi Commentarii scritti sopra Plinio, e quelli sopra Dioscoride, i quali pubblico col titolo di Corollario. - Morto nel fiore della sua età, esule e lontano dalla patria, da mille infortunii afflitto, privò di molto lustro le lettere umane e la Botanica.

Daniele Barbaro, figliuolo di Francesco Senatore, e nipote d’Ermolao soprannominato, Patriarca di Aquileja, e versato in altre sublimi dignità della Religione e Curia Romana, fu pur uomo dottissimo, ed autore, come riferisce Pietro Bellonio nel libro De neglecta stirpium cultura, al Senato veneto, acciò facesse il tanto celebrato Orto de’ Semplici di Padova. Il che non poteva fare senza una particolare cognizione delle piante, e autorità in questa scienza. Ciò più chiaramente dimostra l’aver esso Daniele atteso nel suo principio alla perfezione dell’Orto medesimo, come ne fa testimonianza una lettera dei Riformatori dello Studio di Padova, scritta li 10 di Marzo dell’anno 1548, in cui si ordina ai Rettori della Città di Padova restituire certo danaro al Magnifico sig. Daniele Barbaro, speso dallo stesso per l’Orto.

Pietro Antonio Michiel, Patrizio veneto, fiorì nello stesso tempo in cui fu illustre Daniele Barbaro, cioè circa la metà del secolo decimosesto; eruditissimo in molte dottrine, e particolarmente nello studio e cognizione delle piante, coltivando per questo un vago Orto ripieno di peregrini Semplici in Venezia a S. Trovaso, come ne fa memoria con lode Luigi Anguillara nel libro detto Pareri dei Semplici (pag. 34. 82. 218), confessando (pag. 129) aver dallo stesso ricevuto il seme del Cimino selvatico. Nel medesimo Orto si coltivavano:

L’Amomo. Anguill. 34.
Lo Storace. Anguill. 44.
L’Oleandro con fior bianco. Anguill. 82.
Id. con fior purpureo. Anguill. 82.
L’Antemo di Plinio. Auguill. 218.

Per la stima grande che aveva l’Anguillara della virtù e cognizione botanica di esso Michiel, dedicògli un suo Trattato de’ Semplici, chiamandolo peritissimo in ogni sorta di buone lettere, e specialmente nella scienza delle piante.

Fu per questo pregato dai Riformatori dello Studio di Padova l’anno 1551 di ricevere la cura dell’Orto medicinale di quella Città, pochi anni avanti istituito, come si vede nella lettera scritta li 25 Febbrajo ai Rettori di Padova, leggendosi in essa queste parole: "Pertanto conoscendo Noi quanto sia perito delli Semplici, e quanto in tal professione abbia versato il Magnifico M. Piero Antonio Michiel, e per ciò quanta utilità e incremento riceverà l’Orto medicinale quando egli di esso ne pigliasse la cura e particolar protezione, abbiamo chiamato a Noi esso Magnifico M. Pier Antonio, e l’abbiamo persuaso a pigliar questo carico; il quale, come studioso di tal cosa, l’ha pigliato volentieri e prontamente, et ha promesso di far tutto quello che gli sarà possibile per conservazione e aumento di tale impresa, e che venirà e starà in quella Città a sollecitare e procurare quanto farà bisogno. Il che n’ha molto piaciuto, e preghiamo la Munificenza Vostra che ad esso Magnifico M. Pier Antonio vogliate prestare ogni favore et ajuto."

Si portò dunque in Padova, ov’ebbe la cura dell’Orto pubblico circa anni quattro, riducendolo con la sua autorità, diligenza e perizia in ottimo stato. Per questo nelle lettere dei Riformatori si vede per quattro anni nominato, e lodato ai Rettori di Padova.

Lorenzo Priuli Senatore, nella medesima età e nel sopraddetto libro (pag. 66) vien celebrato da Luigi Anguillara, dichiarandolo dottissimo nelle cose di Aristotele, e nella cognizione delle lingue greca e latina, e pratica di conoscer le piante. Racconta come i suoi antenati avevano piantato un bellissimo Giardino in Padova alla Saracinesca, in cui con molta spesa e diligenza si coltivavano infinite piante singolari. A questo dunque, come a perito giudice, l’Anguillara l’anno 1560 mandò il suo Trattato quarto de’ Semplici.

In questo Giardino Priuli s’ammirò la prima volta fiorita in Italia la Scamonea venuta di Sorìa. Ivi pure verdeggiava:

L’Amomo. Anguill. 34.
Il Ritro, ovvero Rutro. Anguill. 142.
L’Antillide II. Anguill. 237.

Vien pure celebrato quest’Orto botanico da Conrado Gesnero nel libro De Hortis Italiae, e dal Tournefort nelle sue Istituzioni Botaniche. Lo stesso Gesnero scrisse l’anno 1557 una lettera a Teodoro Zuingero Medico, pregandolo di ottenergli la vera Chamoedaphne ed il Cirsio dall’Orto Priuli di Padova, dove si custodivano.

Giovanni Bauhino, nel libro Historia Plantarum, confessa aver avuto dall’Orto Priuli:

Il Giacinto Orientale, da certi chiamato Costantinopolitano. Tom. II. 572.
Il Leucojo bulboso minore, trifillo. Tom. II. 591.
Il Satirione Eritronio, appresso alcuni Bifolio, con fiore conico radiato bianco. Tomo II. 700.

Francesco Molino, nipote di Monsignore Daniele Barbaro, si loda di molte dottrine ornato da Luigi Anguillara; e col ricercar pareri sopra diverse piante dimostra avere avuta cognizione anche in questa facoltà. A lui l’Anguillara nell’anno 1560 scrisse un suo Trattato de’ Semplici.

Filippo Pasqualigo aveva un Giardino in Padova circa l’anno 1560, copioso di rari Semplici. Ivi narra Luigi Anguillara (pag. 80) essere stato coltivato l'Arbor vitis, detto Lagrime di Gioppe, e Pistacchio salvatico.

Di quest’Orto si vede pur memoria appresso Gabriele Faloppio nel libro De compositione medicamentorum, pag. 64.

Giovanni Bauhino, nella sua Istoria delle piante, commemora aver veduto in quest’Orto:

Il Xylocerata. Tom. I. pag. 415.
Il Giacinto Costantinopolitano. T. II. 575.
Il Trifoglio dei dumeti. Tom. II. 580.
Il Leucojo bulboso exaphyllo, con un sol fiore, e rare volte geminato. Tom. II. 590.

Monsignore Torquato Bembo possedeva in questa medesima età un ornatissimo Orto di Semplici in Padova, lodato da molti scrittori; e di quest’Orto scrive Gasparo Bauhino nel libro intitolato Phytopinax, pag. 166, aver avuto il Catalogo. Riferisce alcune piante nobili in quel Giardino osservate; cioè:

Il Psyllio minore. Prodr. 99.
La Menta Cataria minore. Prodr. 110, Phytop. 354.
La Colutea Scorpioide marittima, con foglia glauca. Prodr. 157.
Il Centaurio alpino giallo. Phytop. 189.
Il Garofolo angustifolio, simile alla Gramigna florida. Ivi 396.

Ancora Giovanni Bauhino nella sua Istoria universale delle piante lasciò scritto d’aver veduto in quest’Orto:

Il Ginepro volgare con bacche piccole rosse. Tom. I. 295.
La Barba di Giove, vagamente lucida. Tomo I. 385.
Il Piso Americano, ossia l’Abro coccineo maggiore, compresso, macchiato e non macchiato. Tom. II. 265.
Il Cicoreo spinoso. Tom. II. 1014.
L'Ipericoide, ossia Coride legittima Cretica. Tom. III. 386.

Questo Torquato non credo Patrizio, benchè di sangue patrizio, mentre Melchiore Guilandino, Professore di Padova, nel libro De Papyro, pag. 59, scrive esser figlio di Pietro Bembo Cardinale, ed essere dallo stesso stato molto accresciuto il Museo lasciatogli dal padre. Viveva Guilandino nello stesso tempo.

Domenico Moro Senatore vien celebrato per un Orto Botanico posto nella villa Carbonara, in cui Gasparo Bauhino osservò la prima volta il Ligustro con foglia divisa, come attesta nel suo libro detto Prodromus, pag. 158. Nello stesso Orto Giovanni Veslingio, nel libro che ha per titolo Opobalsami vindiciae, pag. 9, dice essere stata coltivata la preziosa pianta del balsamo, fatta portare con grandissima spesa dalla Mecca. Per vedere albero sì nobile e raro si portò colà a posta il Cardinale Aldobrandino.

Altri Orti di quella età pur botanici sono descritti appresso gli autori, come quello di GASPARO GABRIELI Senatore, collocato in Padova, di cui fa memoria Conrado Gesnero De Hortis Germaniae, e il Tournefort nelle sue Istituzioni Botaniche.

Quello di Giacomo Contarini, situato nella villa del Dolo, vien nominato da Luigi Anguillara, p. 152, copioso di piante, tra le quali eravi il Giacinto di Ovidio, di Teocrito e di Pausania. A questo Contarini, come dotto nella cognizione delle piante, e che desiderava sapere qual fosse il Giacinto, il Loto e il Croco lodati da Omero, scrisse l’Anguillara un Trattato dei Semplici.

Dai sopraddetti autori Gesnero e Tournefort è fatto illustre l’Orto botanico piantato in Venezia, e ornato di nobili piante, fatte trasportare dall’Egitto, Candia, Cipro, ed altre provincie, da quel Cornaro che fu Governatore di Cipro.

Nicolò Contarini, figlio di Girolamo (Alpinus Alpini, auctor libri De exoticis plantis, Praef.) Senatore, fu il più dotto tra i Patrizii nella cognizione delle piante. Coltivò un vaghissimo Orto botanico in Loreggia, pieno di rarissimi Semplici; e fu magnifico fautore di tutti i Botanici del suo tempo. A lui Giovanni Pona l’anno 1616 dedicò la sua Istoria di Monte Baldo, confessando aver avuto dallo stesso molti Semplici, i quali descrive nella suddetta Opera.

Tra questi sono riguardevoli:

Il Cissampelo ramoso di Candia.
L’Acanto spinoso del Lobelio.
La Satureja Cretica spinosa.
Il Camedrio spinoso di Candia.
La Siliqua di Guinea purgativa.
Il Bombace Indiano.
Il Trachelio umbellifero azzurro.
La Scabiosa arborea di Candia.
L’Aspalato secondo di Dioscoride.
La Datura o Stramonio d’Egitto, con fior pieno, detta Contarena.
Il Lupino Arabico.
L’Agriocinara di Candia.
L’Ebeno di Candia.
Il Citiso grande, con fiore che nel giallo porporeggia.
L’Ocnante Cretica.
L’Assenzio Alpino.
Il Caucafo, ovvero Moly Indiano.
Il Moly piccolo di Pesaro.
Il Dittamo falso di Cerigo.
L’Abelmosco.
Il Bonduc Indiano.
Il Raponcolo di Candia echinato.
Il Melanthio Cretico.
La Lutea maggiore fruttifera di Candia.
La Lutea maggiore sterile di Candia.
L’Agemone giallo.
Il Timo di Candia.
Il Guidarotimo di Candia.
La Galaftivida di Candia.
Il Doricnio di Dioscoride.
Il Loto silvestre di Dioscoride.
Il Polio secondo.
Il Ciano spinoso di Candia.
L’Ebulo laciniato.

Nella sopraddetta Opera si comprende come il medesimo Contarini mandava gente pratica per le montagne a raccogliere Semplici. Evvi in questo libro il seguente Sonetto di Francesco Contarini in lode del Pona.

 
O Driadi e Amadriadi, e voi, che intorno
Vi diportate a l’erte cime alpine,
Orcadi Ninfe, e s’altre peregrine
4Fra boschi han Deità caro soggiorno;

Lasciate monti e selve, e quest’adorno,
Malgrado anco di ghiacci e di pruine,
Monte d’eterni fior vostro confine
8Sia, la stellata notte e ’l chiaro giorno.

De l’ampia qui (non sol rose e vïole)
Famiglia innumerabile fiorita
11Godete voi l’immarcescibil prole.

Piante, semi, virtù, tutto v’addita
Il Pona in dotte carte, e pioggia e sole,
14Tutte han da la sua penna ed aura e vita.


Allo stesso Contarini consacrò pur Giovanni Veslingio il libro nominato De plantis Aegypti Observationes, affermando aver viaggiato per l’Oriente a persuasione del medesimo Contarini. Prospero Alpino, Professore Botanico avanti Veslingio, dichiara in molti Capitoli del libro nominato De plantis exoticis d’aver ricevuto dal Senatore Nicolò Contarini molti semi e piante nobilissime. Quest’Opera De plantis exoticis essendo rimasta inedita per la morte di Prospero Alpino, fu fatta stampare col danaro del Magnifico Contarini, e da Alpino figliuolo di Prospero fu al suddetto Contarini dedicata.

Guernero Rolfincio nel libro De vegetabilibus, plantis etc., pag. 40 e 136, fa un grand’encomio di questo Senatore.

Gasparo Bauhino nel principio delle sue Opere botaniche attesta aver avuto molto ajuto per arricchire i suoi libri dal Magnifico Nicolò Contarini, da cui fra molte piante ottenne:

La Secale latifolia. Prodr. 26.
Il Crisantemo latifolio Brasiliano. Prodr. 70.
La Nigella con foglie di Finocchio, con fior pallido, e seme nero. Prodr. 76.
Il Leucojo minimo Cretico. Prod. 101.
L'Elicriso Orientale. Prodr. 123.
La Giacea Babilonica. Prodr. 129.
Il Lupino minimo. Prodr. 148.
Il Ligustro Orientale. Prodr. 158.
La Satureja con foglie di Timo. Prodr. 219.
L'Iride Susiana. Theatr. 580.
L'Alisso verticillato, di foglia profondamente incisa. Pin. 232.
Il Verbasco con foglia di Salvia rotonda. Pin. 240.
Il Ricino Americano, con foglia di Stafisagria. Pin. 432.

Giulio Giustiniano, figlio di Giovanni Senatore, aveva circa l’anno 1644 nella sua villa di Borgoforo un amenissimo Giardino botanico, imitando il celebratissimo Nicolò Contarini suo avo materno; nel qual Orto era raccolta gran copia di piante nobilissime, native dell’Egitto, Candia, Sorìa, e delle Indie. Fu dotto nelle scienze matematiche e filosofiche. Vien commendato da Giovanni Veslingio nell’Epistola prefissa alle sue Parenesi l’anno 1644.

Nel Trattato de’ Semplici che nascono nel lito di Venezia, composto per Antonio Donati l’anno 1631, pag. 17, si descrive un Orto botanico del Magnifico Daniele Pisani, situato nel mezzo del lito di Venezia, dove coltivavansi molte rare piante.

Appresso Jacopo Zanoni, nella sua Storia Botanica, si vede commemorato l’Orto botanico di Nicolò Leoni Patrizio Veneto, posto in Venezia, da cui ebbe il Zanoni il Convolvulo argenteo.

Cristino Martinelli, Patrizio Veneto, fu il primo in questo secolo XVIII., che nella Nobiltà Veneta s’applicasse seriamente fino da’ suoi più teneri anni allo studio delle piante; nel quale venne a tal perfezione, che tutte conosceva e disponeva ne’ suoi generi, coltivando per questo nel suo palazzo in Venezia un Giardino con Semplici fatti venire dalle più rimote provincie. Fu ancora in persona in alcune aspre montagne per rintracciarvi piante, e mandonne anco periti; fra i quali Antonio Tita, il di cui viaggio, descritto nel fine del Catalogo dell’Orto Mauroceno, fu fatto col danaro Martinelli. Raccolse pure una rara libreria botanica, nella quale fino all’ultimo della sua età versò studiando. Scrisse sopra Plinio alcuni Commentarii dottissimi, che mai volle per sua modestia stampare, sebbene molto lo esortasse a farlo il Pontedera; onde si crede che sieno andati per suo ordine alle fiamme. Con questi ebbero commercio letterario i Botanici più celebri, come Paulo Hermanno, Paulo Boccone, Felice Viali, Ermanno Boerhaave, Francesco Cupani, Jacopo Breynio, e più di tutti il celebrato Tournefort, che comunicògli, prima di stamparle, le sue Tavole botaniche. Anzi nelle sue Istituzioni si vede del Martinelli una degna commemorazione.

Monsignore Marco Cornaro, figlio di Nicolò Procuratore, spiegò fino da’ suoi primi anni la sua inclinazione allo studio delle piante, e molte ne introdusse e coltivò nella sua villa di Merlengo nel Trevigiano; le più rare e preziose delle quali fece poi trasportare nel Giardino del Palazzo Episcopale di Murano, assunto che fu al Vescovato di Torcello. Al diletto di esse aggiugne questo insigne Prelato sceltezza e profondità di dottrina; e quanto tempo gli avanza dalle sue più gravi ecclesiastiche cure dona volentieri all’innocente studio ed esame dei vegetabili, graziosamente accogliendo gli amatori di tale scienza, e liberalmente facendo loro copia delle proprie osservazioni e notizie, non meno che delle piante del suo Giardino. Esercitò anche il suo ingegno in un poemetto che scrisse in verso sciolto italiano, dove con molta grazia descrive ed espone il moderno sistema della propagazione delle piante, falsamente attribuito allo Svedese Linneo.

Filippo Antonio Farsetti, figlio di Antonio Francesco Cavaliere, merita distinto luogo tra i mecenati della Botanica, avendo nella sua regia villa di Sala dato ad essa tal luogo, quale non ebbe mai, ned è forse per avere in qualsivoglia altra parte del mondo. Il numero, la grandezza e la magnificenza degli edifizii destinati alle piante esotiche, e la copia d’esse procurata con spesa incredibile da rimotissimi paesi, e la quantità di persone impiegate nella loro coltura, sorpassano l’idea d’un Giardino privato, e fanno vergogna ai più celebri che a spese dei Principi si mantengono. Trianon e l’Orto Regio di Parigi, e quello di Chelsea presso a Londra, e quelli di Leida e d’Amsterdamo, e tutti gli altri da me veduti in Italia e fuori, devono far di berretta al Giardino botanico di Sala.

Restano da commemorarsi alcuni Orli botanici patrizii de’ nostri tempi. Il più illustre fu quello del Cavaliere Gian-Francesco Morosini Senatore prestantissimo, posto in Padova a S. Massimo, di cui stampò il Catalogo l’anno 1713 Antonio Tita suo giardiniere. Codest’Orto fu devastato e distrutto dopo la morte del Cav. Morosini, e poi acquistato insieme col palazzo, e ridotto ad altro uso dal Conte Vincenzo Barzizio Patrizio Veneto.

Fu celebrato e ancora si celebra l’Orto botanico in Venezia alla Giudecca del Cavaliere Gian-Battista Nani, dove molte rare piante fiorivano.

Due della famiglia Cornaro di S. Polo hanno fiorito sinchè sono vissuti i loro institutori, i quali nello studio botanico avevano cognizione e diletto: uno di Giorgio Cornaro Cardinale, Vescovo di Padova, collocato alle pendici de’ monti Bassanesi nella villa detta Fossato; l’altro del Cavaliere Francesco suo nipote nella villa di Pozzolo.

Il quinto si nomina quello di Ermolao Pisani Senatore, nel magnifico Giardino di Stra, con copiose piante.

E perchè non mancasse anco nelle donne Patrizie questo pregio, Cecilia Grimani Calergi Procuratessa, dopo la morte di Gherardo Sagredo Procuratore di S. Marco, suo marito, e primo institutore dell’Orto botanico nella villa di Marocco, il quale è celebrato da D. Paulo Clarici nella sua Istoria delle piante floride, non solo seguitò le premure del consorte, ma con più studio e desiderio propagollo maggiormente, e continua, acciò di nobilissime piante sempre sia adorno. Imita in questo gli antenati suoi Calergi, i quali possedendo in Candia il famoso Monte d’Ida, giudicato da tutti come un giardino prezioso della natura per la rarità e quantità de’ Semplici, non solo di quel monte avevano particolar cura, ma con singolare benignità accoglievano tutti quelli che da lontane parti vi concorrevano. Di ciò ne fa ai posteri testimonianza Pietro Bellonio nel primo Libro delle sue Osservazioni, Capo XVI., descrivendo la liberalità del Cavaliere Antonio Calergo Patrizio Veneto, e come fu per molti giorni lautamente trattato, visitando quel monte.