Notizie storiche intorno all'origine di Prato/Attentato di Musciattino e tentato furto del 20 Gennaio 1871, ossia l'ultimo miracolo

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Cap. V - Attentato di Musciattino e tentato furto del 20 Gennaio 1871, ossia l'ultimo miracolo

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Cap. V - Attentato di Musciattino e tentato furto del 20 Gennaio 1871, ossia l'ultimo miracolo
Per qual maniera ed in che tempo la Cintola di Maria Vergine fosse portata in Prato Del Sacco di Prato del 1512
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CAPITOLO V.


Attentato di Musciattino e tentato furto
del 20 Gennaio 1871, ossia l’ultimo miracolo.


Nell’anno 1312 che vuol dire 559 anni sono, un tale chiamato per soprannome Musciattino, soleva praticare nella chiesa Collegiata di Prato per farvi alcuni servigi. Per vendicarsi di alcuni aspri trattamenti che egli s’immaginava di aver ricevuti, si dette in preda a Belzebù (ossia al Diavolo) che gli mise in testa di rubare la sacratissima Cintola e dopo essere stato qualche tempo con questo sacrilego pensiero finalmente nei 2 giorni 27 e 28 luglio di detto anno 1312; dopo avere rotto e sconficcato i serrami, rubò la Cintola di Maria Vergine pare con animo di portarla a vendere a Firenze, ma prima di portar fuori di [p. 81 modifica]Prato la Cintola che aveva rubata, pensò di nasconderla in una stanza della Propositura aspettando tempo opportuno per fuggirsene con essa; ma la Madonna che non voleva che i pratesi restassero privi di questa maravigliosa Reliquia, permise che si scoprisse il furto e chi l’aveva fatto:

Appena che i canonici e gli altri sacerdoti della Chiesa Collegiata seppero il grande sacrilego attentato ed il nome del reo uomo che l’aveva commesso. — Tutti tosto si sollevarono, e pieni, di dolore e di sdegno andarono a trovare il priore di S. Donato che era Vicario di Monsignor Proposto, acciocchè si prendesse il necessario rimedio per si pericoloso affare. Vi accorse il Vicario, ed avendo inteso l’enorme delitto e il ladro che lo aveva commesso, ordinò subito che tutte le porte della Chiesa e della Propositura fossero serrate. - Quindi fece venire Musciattino alla presenza sua, dei Canonici e degli altri Sacerdoti, e da Esso fu confessato il suo sacrilego delitto, e nello stesso tempo egli restituì la sacrosanta Cintola [p. 82 modifica]In quel tempo appunto che accadevano queste cose si seppe quasi in un istante per tutto Prato che la Cintola era stata rubata; onde è che il Vicario e gli altri Ecclesiastici della Chiesa Collegiata stimaron bene senza accusare e manifestare il reo, di notificare ai priori e Gonfalonieri della città che la Cintola di Maria Vergine era stata rubata dalla loro chiesa, e che perciò fosse allontanata ogni cattiva opinione sul conto loro.

Avuta notizia di questo fatto i Priori e Gonfalonieri senza perder tempo si portarono subito alla Chiesa insieme col Potestà, il quale era allora Baldo da Castel Nuovo, cittadino di Perugia e fattosi presentare avanti di loro il soprannominato Musciattino, intesero da lui medesimo la conferma che egli era stato il ladro che aveva rubato la preziosissima Cintola; e perciò ordinarono che fosse condotto al palazzo del potestà perchè contro di lui si procedesse e punito restasse un delitto grandissimo come era, per tante considerazioni e circostanze, che l’ [p. 83 modifica]accompagnavano. In questo mentre cresceva sempre più il tumulto, ed il rumore del popolo, di modo che, donne, uomini, e vecchi e giovani si erano riuniti intorno alla Chiesa Collegiata gridando forte contro il ladro; muoia, muoia, al fuoco al fuoco. — Inoltre volevano sapere se era stata ritrovata la Reliquia: anco gli ecclesiastici della chiesa di Prato fieramente minacciavano per cui fu giudicato bene, per frenare il tumulto e le grida o strida, di mostrare a quel popolo giustamente infuriato la sacrosanta Cintola. — Tutta la gente assicurata da quella dimostrazione che non si era perduta la nostra Reliquia; prese di nuovo con grandissima sollevazione d’ira e disdegno, a chiedere contro il sacrilega Musciattino vendetta e rigorosa giustizia.

Frattanto il Potestà coll’assistenza dei Ministri del suo tribunale, sentenziò ad una fiera sì ma meritata morte. Musciattino il quale esaminato prima giudiciariamente, confessò di nuovo il suo delitto e si chiamò reo per aver rubato la Cintola di Maria Vergine. Esso fu condannato ad [p. 84 modifica]essere strascinato alla coda di un asino per la città; ed essergli tagliate ambedue le mani sulla piazza, avanti alla Chiesa Collegiata, ove accadde quel miracolo che altrove abbiamo parlato; ed essere finalmente condotto (sempre strascinato) presso al fiume Bisenzio, ed al luogo ove allora si faceva giustizia, e quindi ad essere bruciato.

Le quali cose tutte, cioè 1° lo scuotimento del ladro, 2° la presa di esso, 3° la confessione del delitto, 4° la sentenza e 5° l’esecuzione di essa avvennero e furon fatte tutte in uno istesso giorno. E tuttociò fu fatto per la ragione che la gravità del furto aveva sdegnato e infuriato il popolo che non si sarebbe frenato se non avesse veduto subito gastigato l’empio Musciattino. E benchè la pena e La morte che egli ebbe, sembri piuttosto atroce ella però se ben si consideri tutte le cose alle quali pensò il giudice stesso nel dar la sentenza, non è certamente se non adeguata al grandissimo delitto.

La storia di questo fatto in quei [p. 85 modifica]medesimi tempi che avvenne fu dipinta in una stanza della Chiesa Canonicale del curato di S. Lucia di Prato, e presentemente quasi dal tempo disfatta e guasta. Perchè di tutto ciò che è stato raccontato finora rimanga convalidato citerò la sentenza che contro Musciattino fu data, la quale insieme col processo fu dal dottor Giuliano Guizzebini di Prato copiata dall’originale, si trova presentemente appresso Raffaello del capitano Niccolò Buonamici.

Si cita inoltre una antica cartapecora che si trova presso il capitano Zanohi Spighi nella quale è narrato brevemente il fatto, e di carattere di quei tempi.

Ben si vede nella rigorosa giustizia che in Prato col consenso e coll’autorita del consiglio generale, e del parlamento della Comunità si fece di Musciattino, accompagnato dallo sdegno, e dalla volontà di tutto il popolo non meno la gelosia, che la devozione grande colla quale i pratesi fin da quel tempo la Cintola Sacratissima di Nostra Donna riguardavano e veneravano insieme. Ma non terminando in questa [p. 86 modifica]sola dimostrazione il loro zelo, studiarono di fare la pietà loro, e verso Dio e verso la sua Santissima Madre.

TENTATO FURTO

Nella notte del 19 venendo il 20 del mese di gennaio 1871, e precisamente circa le ore due dopo la mezza notte del 19 detto, si tentò da tre individui di consumare un furto sacrilego nella cappella dedicata alla sacra Cintola di Maria Vergine che esiste nella Chiesa della Cattedrale di Prato; ma la Madonna che non per metteva tale spogliazione, dispose le cose in modo che i 3 briganti furono acchiappati caldi caldi nella chiesa stessa e col corpo del delitto addosso. — Ecco come avvenne il fatto: - Per volontà della stessa Madonna si era saputo qualche tempo avanti, sìa dai preti della Cattedrale, che dai Carabinieri che fanno la parte della pulizia, che alcuni individui avevano formato il sacrilego pensiero di rubare alla detta Cappella per cui si stava in guardia [p. 87 modifica]Finalmente il giorno 19 gennaio detto si seppe che nella notte sarebbero andati a commettere il furto 3 individui che sarebbero venuti da Firenze (si noti che i detti 3 individui si chiamavano per cognome Valli, Mazzei e Selvi). — Quindi si nascosero in Chiesa 4 carabinieri ed il curato: infatti all’ora indicata quei 3 individui si presentarono, e con chiavi false aprirono la porta del campanile contiguo alla Chiesa, e di lì passarono in Chiesa. — Uno dei 3 il più ardito andò subito a varcare la cancellata di bronzo che circonda la cappella della Madonna, ed immediatamente si era impossessato di due corone d’argento della Madonna; d’un Crocifisso pure d’argento, monile o collana ecc. ecc. A questo punto i carabinieri dettero l’allarme. Questo servì a scombussolare e confondere i ladri in modo che quello stesso che aveva varcata la cancellata, dalla fretta di rivarcarla per fuggire rimase attaccato con un braccio alla punta d’un candeliere di bronzo cagionandogli una ferita piuttosto profonda [p. 88 modifica]allo stesso braccio per cui fu arrestato. — Anche gli altri che cercarono di scappare e svignarsela, non gli riuscì, perchè i carabinieri gli arrestarono; gli legarono e ammanettarono, tenendoli in sagrestia fino a giorno, e poi li condussero in carcere ove sono tuttora, e vi resteranno finchè non sarà ultimato il processo e saranno condannati.

Da questi fatti bisogna argomentare che in avvenire, ognuno, se non vuole essere scoperto, deve deporre il pensiero di rubare alla cappella della Cintola perchè oramai è chiaro come la luce del sole che la Madonna non vuole essere derubata.