Novelle (Sercambi)/Novella CXV

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Novella CXV

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CXV


A>vendo la brigata avuto piacere della novella ditta, la sera cenarono, e come fu l’ora d’andare a dormire si restonno le danze. Volendo che l’altore prima dica una novella, lo proposto disse:

«Tu, omo, libero <fatto> e servo fatti
per questo con tali cose
< . . . . . . . . . . . . . >».

E <ditta, a dormire andarono> fine che la mattina levati furono, dove il proposto a l’altore comandò <che> una novella dica fine che giunti seranno a Imola. Lui presto a ubidire disse: «A<voi>, omini che avete nimistà et a compagnia per lo paese <andate> non aspettando il compagno, quello che può intervenire ad exemplo dirò una novella, in questo modo, cioè:

DE MALA CUSTODIA

Innel contado di Pisa, a Calci, funno 4 omicidiali, isbanditi a stare a Pescia nel contado di Lucca.

N>ella terra di Calci del contado di Pisa funno quattro, per micidio comisso in quel di Pisa, sbanditi del terreno; li quali per non esser presi diliberonno andare a stare innella terra di Pescia del contado di Lucca (posto che ora lo comune di Firenza quella con altre terre di Lucca possede).

E dimorando più tempo in quelle parti, li nimici di uno di loro, nomato Gallisone, sentendo ch’e’ si riducea in quello di [p. 506 modifica]Pescia, segretamente si dienno a sentire delli andamenti suoi. E spiato che Gallisone spessisime volte solo si partìa da Pescia e caminava alle volte al Borgo a Buggiano, pensonno lui giungere e del micidio commesso far vendetta. E segretamente du’ di loro in Valdinievole n’andaron senza apalesarsi a persona, aspettando l’ora che Gallisone andasse al Borgo.

E non molti giorni dimoronno che Gallisone disse a’ compagni che al Borgo andar volea. Li compagni disseno: «Non andar solo, spetta che alcuno di noi vegna teco». Gallisone disse: «Io andrò innanti e chi vuol venire ne vegna, che prima che io sia al Borgo mi potete aver giunto». E mossosi et uscito di Pescia, solo caminò verso il Borgo. Li compagni, stando alquanto, seguiron Gallisone, ma non sì tosto che i nimici di Gallisone non l’avesseno prima morto che coloro giunti fusseno a mezza via. E ricoltosi li inafattori, i compagni di Gallisone sopragiungendo trovonno Gallisone in sulla strada morto; della qual morte portonno gran dolore, dicendo tra <loro>: «Se Gallisone ci avesse aspettati non sarebbe morto»; ordinando tra loro che sempre insieme caminassero.

Ritornati a Calci quelli che ucciso aveano Gallissone narrando tal morte, subito li nimici d’uno delli altri rimasi, il quale avea nome Morovello, saputo il modo della morte di Gallisone pensonno per quello modo Morovello uccidere. Et andati segretamente in quel di Pescia, si puosero in luogo che tutte <le mosse> che quelli tre faceano vedeano. E vedendo Morovello, <pensavano fare> loro vendetta, dicendo: «Se in questi ii dì non ci viene fatto, altra volta ritorneremo». E non molte ore passonno che viddeno Morovello esser romaso alquanto arieto per fare l’agio del corpo e calato le brachi in uno casalino si puose. Li altri non aspettandolo, li nimici trassero et in quel luogo l’uccisero. E partitosi, a Calci ritornoro narrando la vendetta fatta.

Uno, al quale li era stato morto un suo padre da uno di que’ iiii nomato Biancaccio, disse: «Io mi sento ben in gambe; per certo io farò ben la mia vendetta di Biancaccio. E se potrò uccidere l’altro che con lui fu quando mio padre fu morto, non me ne infingeròe». E mossosi, e caminò in quello di Pescia per vedere [p. 507 modifica]se i suoi nimici vedesse. Biancaccio e ’l compagno che ritornavano de’ luogo dove andonno, non sapendo niente della morte di Morovello ma stimando che tornato si fusse a Pescia, come funno a quel casalino viddeno l’arme di Morovello. Et entrato innel casalino, trovonno Morovello morto, colle brachi calate. Dolendosene; disseno: «Noi facemmo male a non spettarlo quando lo vedemmo puoner a far suo agio, però che ’l nimico non guarda né u’ né chi quando il loro nimico uccider puonno; e però facciamo oggimai di noi miglior guardia, che non abandoni l’uno l’altro».

E mentre che tali parole diceano, lo nimico loro che tutto vede et ode, fra sé pensò: «Se io a costoro assaglisco, non potrò fare quello voglio e potrenno me uccidere; ma io farò vista volere loro fuggire dinanti: ellino, come mi vedranno solo, mi correranno dirieto et io bene in gambe correrò, e non potrà esser che Biancaccio e ’l compagno corrano del pari. Come io ne vedrò neuno di loro separato da l’altro, io lo ferirò, e poi l’altro campare dinanti non mi potrà».

E fatto tal pensieri, subito misse un grido dicendo: «Traditori, voi siete morti!» Biancaccio, vedendo il suo nimico, subito trasseli dirieto: colui fuggendo, Biancaccio, come desideroso uccidere colui come ucciso avea il padre, molto più innanti era che ’l compagno. E quando colui vidde Biancaccio molto di lungi dal compagno, rivoltòsi e colla lancia diè un colpo a Biancaccio per lo petto che da l’altra parte lo passò, e morto cadde. Lo compagno, che quasi avea sopragiunto dove Biancaccio era, e vedendolo morto pensò il fugire li fusse scampo. E subito voltatosi gridando, quello da Calci seguendolo, che bene in gambe era, l’ebbe sopragiunto e colla lancia per le reni li diè che morto lo fe’ cadere.

E dato volta, si ritornò a Calci, narrando come Biancaccio e lo compagno erano da lui stati morti. E così fu finito tra loro la guerra.

Ex.º cxv.