Novelle (Sercambi)/Novella LXXX

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Novella LXXX

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Novella LXXVIIII Novella LXXXI
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LXXX


L>evati la mattina, essendo ditto la messa e bel tempo, il preposto disse alla brigata che stessero atenti d’andare stretti et ordinati, perché il paese che hanno a fare molti giorni è paese di malandrini e di mafattori, amonendoli di fare buone giornate per uscire tosto del paese; e l’altore comandò che di bella novella consoli la brigata acciò che ’l camino non rincresca. Et essendo tutti amaestrati, disse a l’altore che cominciasse qualche moralità e poi una novella dica fine a tanto che la brigata sarà giunta a Benevento; e se ’l camino fusse magiore che per uno dìe, se ne faccia du’, come è stato fatto fine a qui. L’altore e li altri al servigio presti, disseno di ubidire. E voltòsi l’altore e disse:

«Guarda che Negligenza non s’anidi
in casa tua, che non ne va’ per gridi:
la Negligenza albergo mai non piglia
che non vi meni Povertà sua figlia.
Non ti recar, figliuolo, al punto stremo,
ché molti n’ha ingannati Già, Faremo.
Madonna Negligenza fu la madre
di Già, Faremo et è l’Indugio il padre.»

E dipoi disse: [p. 349 modifica]


DE BONA PROVIDENTIA CONTRA HOMICIDAM

L’altore, bisognandoli certe mercantie, bisognò andare a Firenze, e per meno spesa portonne in dosso un fardello di drappi che portavano, come dice la novella.


A>l tempo che la nostra città di Lucca fu dalla tirannica servitù de’ pisani libera, di poghi mesi apresso l’autore di questo libro fu con uno suo zio che, avendo bisogno per alcune mercantie andare a Firenza, diliberonno portare certi drappi di Lucca d’alquanta valuta; e di quelli fatto uno fardelletto, e con loro andòe uno giovano pratese il quale in Lucca abitava. E perché la spesa non fusse molta, diliberonno andare a piedi e ’l fardello portare a dosso, non avendo tra loro se non una lancia e quella portava l’altore, avendo elli e li altri spada e coltello. E per questo modo uscinno di Lucca il martedì innanti il carnelevare. E come funno alla Casa delli Aranci presso a Lucca a uno miglio, un fante assai male in arnese, con una lancia e con un coltello, li domandò se andavano verso Pistoia. Loro simplicimente disseno sì. Lui disse in quanto fusse loro di piacere volentieri anderè’ con loro perché non sapea la via, dicendo che più di xii anni non l’avea fatta. L’altore e li altri senza sospetto disseno che fusse lo ben venuto.

E mossi insieme, andaron tanto che a’ Colli delle Donne <giunseno>, là u’ mal passo e scuro è sempre stato. E come quine presso funno arivati, quello fante intrò in novelle, e senza che neuno se n’acorgesse l’ebbe condutti in uno pratello intorniato di boschi dubievoli. Di che l’altore, ciò vedendo, pensando quel fante doverli tradire, subito la mano le misse al collaretto; e la punta della lancia messoli al petto dicendo a lo zio et al pratese che la lancia e ’l coltello del fante prendessero, coloro così fenno; tenendolo sempre fermo, dicendoli: «Se altri si scuopre tu se’ morto». E fatto prendere a quel fante il fardello in collo, usciti di quel pratello e venuti in sulla strada tenendolo sempre dirieto coll’una mano e coll’altra la lancia alle reni, li disseno che verso San Gennaio si riducesse, che di quine si vedea. Lo fante, di paura [p. 350 modifica]tremando, non faccendo motto la via prese. E tanto andonno che a San Gennaio la sera giunseno.

Et essendo arivati a casa di uno loro amico, il quale la notte li ricevéo volentieri, dicendoli che quel fante allogiasse in parte che senza saputa partire non si possa, e così fue fatto. La mezedima mattina levati, preseno una guida fine alla Pescia, andando sempre tal fante con essoloro, avendoli ditto: «Tu non dèi aver auto a male quello che fatto t’abiamo», però che a loro parea che lui li dovesse ingannare, in tal luogo li avea condutti: sì che s’e’ volseno vivere securi non ne dovea prendere amirazione. Lo fante dimostrava che l’atto fatto li fusse piaciuto.

E giunti a Borgo a Bugiano, là u’ quel fante disse che più là andar non volea e fermòsi a una taverna che si vendea vino, l’altore e’ compagni andonno a desnare a l’arbergo di Parasacco, dicendoli se quel fante avesse mai veduto. Parasacco disse: «Ieri mattina era qui, et è di cattiva condizione». L’altore e’ compagni, che aveano udito dire a quel fante che più di xii anni non era stato innel paese, la novella del tollerli l’arme e del tenerlo a Parasacco disseno. Parasacco disse: «Voi faceste <a> senno, però ch’egli è di cattiva condizione». Desnato, caminaro a Pistoia, e quine prenderon cavalli per andare più tosto et a Firenza la sera giunseno.

E giunti in Firenze, dienno ordine di spacciarsi. E mentre che a Firenze stavano, lo vicario di Pescia sentendo alquanti micidi fatti in quelle parti, raunate tutte le circustanze e fatto la Cerbaia e’ Colli cercare, funno presi certi malandrini fra’ quali fu quello ditto di sopra. E fatto loro confessare il male, il sabato fuor di Buggiano in sulla strada, a un paio di forchi apiccar li fe’. Et essendo l’altore e’ compagni spacciati di Firenze, la domenica di carnolovare si partinno, verso Lucca ne vennero; ma perché ’l di non era troppo grande, et anco perché li cavalli non erano molto forti, fu di necessità che a l’albergo di Parasacco la sera dimorasseno.

E come quine funno giunti, Parasaco disse se voleano vedere quel fante che con loro era venuto. Loro dissero: «Non bisogna». Parasaco disse: «Voi lo vederete pure». E contò loro la novella [p. 351 modifica]com’erano stati apiccati vii de’ xii ch’erano in compagnia, dicendo: «Il modo che loro teneano si era che alcuni di loro andavano in quel di Lucca et acompagnavansi con chi venia di qua, e quando li aveano in luogo securo li uccideano e rubavano; e così di qua là. E confessonno averne morti più di l: e questo era la loro vita»; dicendo: «Voi fuste savi a tener i modi che teneste». Et a loro parve che quello li campasse.

E d’alora in qua mai con straino in camino non preseno compagnia. La mattina, al venire, viddeno coloro apiccati ricognoscendo quel fante. E salvi a Lucca ritornarono.

Ex.º lxxx.