Novellette e racconti/IV. Strana beffa fatta da una Signora a un brutto Damerino

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IV. Strana beffa fatta da una Signora a un brutto Damerino
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IV.


Strana beffa fatta da una Signora
a un brutto Damerino
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Bellimbusto, dice dunque la cronaca, è un giovane d’anni ventidue in circa, che stimasi bell’uomo a perfezione, bench’egli abbia non so quali difettuzzi che gli guastano alquanto la proporzione della faccia. La fronte sua non passa in altezza le due dita, e quelle ancora sono coperte da una certa peluria che gliele impaccia; e se la volesse radere, gli lascia un colore che trae allo sbiadato; è di tale ostinata prosunzione, che vince tutte le diligenze e gli artifizj suoi e quelli di un parrucchiere che vi perde intorno la pazienza e l’ingegno. Ha gli occhi piccolini e bigi, l’uno scorpellino, e tuttaddue orlati le palpebre quasi d’una cordellina vermiglia. Il naso nella sua origine è schiacciato; ma quando è a mezzo, si prende una subita licenza, e con una repentina rivoltura si ripiega a sinistra alquanto. Il mento suo è lunghetto; sicchè se cominci dal principio della fronte e vai con l’occhio fino alla punta di esso mento, tu trovi che la bocca è situata appunto alla metà della faccia, la quale è tutta forellini, intarlata dal vajuolo per modo, che in lontananza di mezzo miglio ne acquista una bell’aria. È vero che la carnagione acconcia tali erroruzzi della natura, perchè un bel colore di bossolo sparso per tutto il viso fa una grata armonia con quello de’ denti piuttosto grandetti e piantati in due solchi di gengie di ebano, che sono una rarità maravigliosa. Con tutto ciò, come s’egli fosse Ganimede o Adone, va sempre assettato della persona, e tale è la sua delicatura, anzi fastidio del vestire, che gl’ingegni penetrativi gli veggono la mente fuori del corpo, ora svolazzare intorno ad un bel pajo di [p. 8 modifica]manichetti di pizzi finissimi, ora volteggiare intorno ad una parrucca, e talvolta sopra un lucido anello, e fino fu veduto errare sopra un pajo di fibbie, e tanto in esse intrinsecato, che non udiva chi lo chiamava. Quando poi la mente sua ritornava talvolta a segno, ed egli principiava a cianciare, i suoi ragionari non erano altro che vantamenti di favori ricevuti dalle signore; e voleva ora con ghigni, ora con attucci ed altri suoi artifizj dare ad intendere ch’egli era caro alle femmine, e che a tutte avea ritrovato il cuore di cera molle. Avvenne dunque, che ritrovatosi questo giovane una sera in una compagnia di uomini e di donne, dopo di avere empiuto gli orecchi de’ circostanti con tali cicalamenti, senza punto avvedersi che ognuno credeva il contrario dì quanto dicea, la compagnia si divise, e ognuno andò a’ fatti suoi. Passati due giorni entrò il nostro giovane in una bottega da caffè, ove sendo richiesto da un omicciatto che conosciuto quivi non era, gli venne presentata una polizza, il cui tenore si era, che alle ventidue ore di quel giorno si fosse ritrovato ad un assegnato luogo rimoto, ove sarebbe approdata una barca con entrovi una persona a cui grandemente abbisognava la sua presenza; ed era soscritta la polizza: sua amica, un’Incognita. Immagini chi legge qual fosse allora la boria di Bellimbusto, ch’io non so perchè il cuore non gli scoppiasse in petto per l’allegrezza. Non si può dire quante volte lesse e rilesse la carta, massime s’egli si accorgeva che alcuno lo stesse spiando, perchè allora più misteriosamente la leggea, per far venir voglia altrui di domandargli che leggesse; e se gli veniva domandato, tacea prima alquanto il ritroso, poi finalmente gli dicea in segreto ogni cosa, raccomandandogli caldamente che tacesse; e così fece con più che sedici persone. Mille volte intanto, quando egli ebbe pranzato, trasse fuori l’oriuolo e altre mille stette in ascolto per udire se gli oriuoli della città scoccavano le ore ventidue che gli pareano pur troppo infingarde. Ma non sì tosto gli parve l’ora a proposito, [p. 9 modifica]ch’egli si partì per trovarsi allo stabilito luogo, ove, poichè fu giunto, ogni cosa gli parea barchetta che approdasse e Incognita che gli venisse incontro. Mentre ch’egli dunque si sta fra tanti pensieri occupato, eccoti la barchetta, e facendogli un barcajuolo cenno ch’egli entrasse, entra, e vede veramente una giovane di suprema bellezza, la quale chiedendogli scusa dell’averlo sturbato, lo prega che non apra bocca fino a tanto che non sieno pervenuti ad una certa casa, ov’essa gli avrebbe le sue intenzioni spiegate; e tanto graziosamente ne lo prega, che non ardisce Bellimbusto di fiatare, non che altro. Giunsero in questo mezzo ad una casa, alla quale smontati, venne loro incontro un galantuomo lieto in viso, a cui la signora rivolta disse: Questi è l’uomo; voi vedete, linea per linea puntualmente: e il dire queste parole e il rientrare essa sola nella sua barchetta fu un punto solo. Il nostro Adone, smemorato e mezzo balordo, non sapendo che fare, nè che dire, o in qual mondo si fosse, o a qual fine dovesse l’accidente riuscire, si rimase un pezzo senza parlare: pur finalmente rivòltosi al padrone della casa, gli facea instanza che gli dichiarasse la faccenda. Quegli, stato alquanto sopra di sè, e vergognandosi forse di dire quello ch’era veramente, in fin, dalle preghiere stimolato, rispose: Voi dovete sapere, signor mio, ch’io sono pittore, e mi sono obbligato alla signora, che avete veduto, di fare un quadro con dentrovi .... nel deserto, e un diavolo che lo tenti; e non avendo mai potuto darle nell’umore a dipingere questo ultimo, sicchè la ne fosse soddisfatta, mi promise un originale da poterlo imitare. — La cronaca racconta l’ira di Bellimbusto, l’impaccio del pittore, il ridere che si fece del caso quando fu saputo; ma io non vado più oltre.