Novellette e racconti/L. I Cercatori di un tesoro immaginario

Da Wikisource.
L.
I Cercatori dì un tesoro immaginario

../XLIX. Il Dolore dei denti ../LI. Spavento, unico frutto raccolto da un cercatore di tesori IncludiIntestazione 26 novembre 2013 100% Novelle

L.
I Cercatori dì un tesoro immaginario
XLIX. Il Dolore dei denti LI. Spavento, unico frutto raccolto da un cercatore di tesori
[p. 83 modifica]

L.


I Cercatori di un tesoro immaginario.


Molte novelle si potrebbero narrare di nuovi pensamenti e fantasie degli uomini per avere danari, ch’è uno dei maggiori o più intimi desiderj del cuore. Infiniti sono stati e sono quelli i quali prestano fede a certi bagattellieri e ciurmatori che promettono di far tramutare il rame in argento o in oro; e mentre che l’uno promette e l’altro crede, una stessa brama di avere è di qua e di là; ma la cosa riesce ad un solo, cioè al promettitore, che non vi mette altro che parole e artificj, mentre che l’altro sborsa danari per ajutare la maravigliosa operazione de’ fornelli e crogiuoli. Un altro genere di persone che fantasticano per avere quattrini sono coloro i quali o in sogno o svegliati non veggono [p. 84 modifica]altro che tesori nascosti nelle muraglie, sotto le scale, nelle cantine o in luoghi solitarj; e hanno mille storie a memoria della buona fortuna del tale e delle ricchezze cominciate nella tal famiglia con danari piovuti da una fessura, da una trave rotta, trovati in una cassettina confitta nella muraglia, rigovernando una casa vecchia, e simili altre mirabilità, delle quali hanno pieno il cervello, e sì le tengono salde nella memoria che, non intendendo di voler arricchire per altra via, poco si curano di altri lavori o faccende, e aspettano la giocondità del trovare l’urne piene di oro e di monete coniate. Io conobbi già uno che fu pure uomo di lettere e stimato saggio nel mondo, il quale vendette fino al peltro e alle caldaje per darne i danari a certuni che gli promisero di andar seco una notte in Altino a cavar fuori delle mani ad alcuni spiriti non so quai tesori sotterrati. Il valentuomo andò con essi, e dopo varie pazzie si trovò con le mani piene di vento; onde ritornato a casa e vedutala nuda, perchè a poco a poco avea venduto ogni cosa, cadde in tanta malinconia, che morì di dolore. Benchè siffatti tentativi sieno sempre riusciti vani, ancora si trovano genti di questa ragione: e non è passato molto tempo, che un certo uomo sì la diede ad intendere ad un altro, che videro tuttaddue con gli occhi mentali non so quali pentole piene di oro nelle case di due contadini sul territorio Trivigiano; e già facevano fra sè le spartigioni e i conti del modo con cui doveano spendere ed essere grandi e agiati nel mondo. Ma dovendosi prima andare all’assalto pel tesoro, e non sapendo essi veramente bene se fosse sotterrato in casa di un certo Marco Rossin, ovvero verso l’oratorio detto di San Mario presso un certo Basso rustico, circa quattro miglia discosto dal primo, deliberarono di assalire l’una casa e l’altra; e fatta fra loro questa risoluzione, essendo uomini di qualche autorità, ne andarono prima all’abitazione del Rossin, e quivi tanto operarono con loro arzigogoli e invenzioni, che fecero sloggiare di casa uomini, donne [p. 85 modifica]e fino a’ fanciulli. Allora, rovistata tutta la casa, messo sozzopra casse, panche, letti, botti, barili e quante masserizie vi avea, nè trovandovi cosa alcuna, posero mano alle vanghe, e cavato la terra in più luoghi, trovarono terra; e infine tutti sudati, ansanti e pieni di tele di ragno, rimasero ingannati, ma pieni di speranza di trovare presso all’oratorio quello che non aveano quivi ritrovato. Per la qual cosa, partitisi di là e lasciata la casa che parea stata alle mani di nemici, se ne andarono alla volta dell’altra abitazione, lasciando agli abitatori che fare per una settimana a riordinarla. Non ripeterò con inutili parole quello che fecero alla casa del Basso, perchè fu lo stesso, e quivi trovarono quanto aveano trovato nell’altro luogo; tanto che, mezzi morti e disperati, non si poteano dar pace, e vennero via di là, credendosi di non aver cavato bene e regolatamente; e studiano di accoccarla ad altre case e di cavare terra per tutta la Marca trevigiana finchè vivono e finchè hanno trovato il tesoro.