Nuovi poemetti/La mietitura/Terra e cielo

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TERRA E CIELO


i


E disse poi, con tutti i figli attorno,
appiè’ d’un melo, carico di mele:
3“Sì: mieteremo sull’aprir del giorno.

La terra è buona: dura, ma fedele;
ma è una barca, il sole per timone,
6e bianche e nere nuvole per vele.

Ci vuole il cielo: tutto a sua stagione;
e freddo, caldo, dolce, aspro, ci vuole,
9e i lampi e i tuoni e il fumido acquazzone.

Il grano in prima, ebbe due barbe sole,
quando escì fuori, un solo gambo in tutto.
12Venne la neve: — Ah! vuoi goderti il sole?

No! Soffri un po’! Metti altre barbe! Frutto
non vien da seme che non sia già morto —
15Diè’ retta il grano. Marzo venne asciutto.

Guai se i miei campi li prendea per l’orto!

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ii


Si sa: marzo va secco, il gran fa cesto.
Il gran, per uno pallido e sottile,
19più ciuffi mise, quanto più fu pesto.

Talliva. Allora sopravvenne aprile
con le dolci acque. I giorni erano belli,
22ma e’ passava con il suo barile.

Passava in alto, tra un cantar d’uccelli,
con una gonfia nuvoletta nera...
25E il gran fece il cannello, anzi i cannelli.

Doglia di verno, gioia a primavera!
Tanti cannelli, tante spighe, nate
28d’un chicco solo; e questo chicco ov’era?

Non c’era più. Restare, a che? Pensate.
Il grano intanto chiuso nello stelo,
31dentro le verdi lolle accartocciate,

fioriva. Unita era la Terra al Cielo.


iii


Fioriva il grano. Erano in casa, i fiori,
con l’uscio chiuso, e nuovi della vita
35mescean celati i loro dolci amori.

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Alfin la spiga aperse con due dita
l’uscio, e guardò stringendo a sè la veste.
38Ma come vide al Ciel la Terra unita,

anch’ella escì, ma con un vel di reste.