Nuovi poemetti/La mietitura/E lavoro
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E LAVORO
E il grano è bello. Ma non fu soltanto
la terra e il cielo, fu la nostra mano.
3Chi prega è santo, ma chi fa, più santo.
E prima scelsi il seme del mio grano
tra il grano mio. Grani più duri e grossi
6o più gentili non cercai lontano.
Altri grani, altre terre, ed altri fossi
ed altri conci. Il grano da sementa
9non Io tribbiai nè macchinai, ma scossi.
Quando fu tempo, presi calce, spenta
da me, non vecchia; tal che, non appena
12l’acqua la bagni, bulica e fermenta.
Ne feci latte, e in una cesta piena
v’immersi il grano, che un po’ sempre molle,
15quando sentii la lunga cantilena
di grilli e rane, sparse sulle zolle.
Nè lavorato avevo a fondo: a fondo
avevo sì, ma pel granturco d’anno.
19Il grano è meglio, e però vien secondo.
Sta pago il grano a quello che gli dànno.
Vuol sì la terra trita, ma non trita
22tanto, che, anzi, gli sarebbe a danno.
Non diedi al grano che mi dà la vita,
nemmeno il concio. Poco o nulla e’ chiede
25per far la spiga bella e ben granita.
Gli basta un po’ del troppo che si diede
al formentone, che scialacqua e, grande
28com’è, non pensa al piccoletto erede.
Ad ogni acquata egli s’inalza e spande,
si sogna d’essere albero, fa vanti
31e sfoggi, e vuole intorno a sè ghirlande
di zucche e di fagioli rampicanti...
Dov’e’ lasciò, grossi, pel fuoco, i gambi,
io questo grano seminai; non fitto;
35e un sol governo valse per entrambi.
E visse e crebbe, pesto giallo afflitto...
Ma, or vedete: e’ non s’alletta e sta.
38È bello. Per tenere il capo ritto
giova la cara buona povertà!