Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo cinquantaseiesimo

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Capitolo cinquantaseiesimo

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Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
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Una mattina, circa una settimana dopo il fidanzamento di Jane con Bingley, mentre quest’ultimo, con le signore della famiglia, stava in salotto, l’attenzione generale fu improvvisamente attratta dal rumore di una carrozza che si avvicinava, e videro un tiro a quattro attraversare il prato.

Era troppo presto per delle visite, e poi l’equipaggio non corrispondeva a nessuno di quelli dei vicini. I cavalli erano della posta, e né la vettura, né la livrea del servitore che la precedeva, erano noti. Era evidente ad ogni modo che qualcuno stava per arrivare, e Bingley chiese subito a Jane di evitare la noia della inopportuna visita, andando fuori a passeggiare. Così uscirono tutti e due, mentre le tre sorelle continuarono nelle loro congetture, ma con poca soddisfazione, finché la porta si spalancò e la visitatrice entrò. Era Lady Catherine de Bourgh.

Tutte erano preparate a una sorpresa, ma la loro meraviglia sorpassò ogni aspettativa, soprattutto quella di Elizabeth, più grande di quella di Mrs. Bennet e Kitty, che pure non conoscevano Lady Catherine.

Costei entrò con un’aria anche più altezzosa di quella che le era abituale; rispose appena con un cenno al saluto di Elizabeth e sedette senza dire una parola. Elizabeth al suo entrare ne aveva detto il nome alla madre, benché Lady Catherine non avesse neppur chiesto di essere presentata.

Mrs. Bennet, tutta stupita ma fiera di avere un’ospite di tanta importanza, la ricevette con estrema cortesia. Dopo un imbarazzante silenzio, Lady Catherine disse asciutta a Elizabeth:

«Spero che stiate bene, Miss Bennet. Quella signora è vostra madre, immagino?».

Elizabeth rispose brevemente di sì.

«E quella è una delle vostre sorelle?»

«Sì, signora», disse Mrs. Bennet, felice di parlare con Lady Catherine. «È la penultima delle mie figliole. La più giovane si è sposata da poco, e la maggiore è in giardino con un giovane che credo farà presto parte della nostra famiglia».

«Avete un parco molto piccolo», disse Lady Catherine dopo un breve silenzio.

«Certamente non è nulla in confronto a Rosings, ma vi assicuro che è molto più grande di quello di Sir William Lucas».

«Questa camera deve essere assai scomoda nei pomeriggi d’estate, esposta com’è a ponente».

Mrs. Bennet la assicurò che non si fermavano mai lì dopo il pranzo, e aggiunse:

«Posso prendermi la libertà di chiedere a Vostra Signoria come stanno Mr. e Mrs. Collins?»

«Benissimo. Li ho visti due sere fa».

Elizabeth, a questo punto, si aspettava di ricevere qualche lettera di Charlotte, sembrandole che fosse questo il solo motivo probabile di quella visita. Ma non apparve nessuna lettera, e la ragazza rimase sempre più perplessa.

Mrs. Bennet, con molta gentilezza, pregò Sua Signoria di prendere qualche rinfresco, ma Lady Catherine rifiutò molto risolutamente, e senza alcuna cortesia quindi, alzatasi, disse a Elizabeth:

«Miss Bennet, ho visto un grazioso boschetto da una parte del vostro parco; mi piacerebbe fare un giro, se volete accompagnarmi».

«Vai, cara», disse la mamma, «conduci Sua Signoria per i viali; credo che il chioschetto le piacerà».

Elizabeth ubbidì e dopo essere corsa in camera a prendere l’ombrellino, scortò da basso la sua nobile ospite. Passando attraverso l’atrio. Lady Catherine aprì le porte per guardare nella camera da pranzo e nel salotto, e, dopo una breve occhiata, le giudicò discrete e passò oltre.

La carrozza rimase alla porta, e dentro, Elizabeth vide la cameriera. Si avviarono in silenzio lungo il viale ghiaiato, verso il boschetto. Elizabeth era decisa a non fare nessun tentativo di conversazione con una donna che si mostrava più che mai insolente e antipatica.

«Come ho potuto pensare che assomigliasse a suo nipote?», si chiese, guardandola.

Appena nel boschetto, Lady Catherine incominciò:

«Non vi sarà certo difficile capire, Miss Bennet, il motivo del mio viaggio. Il vostro cuore, la vostra coscienza ve lo devono dire».

Elizabeth la guardò sinceramente sorpresa.

«Sbagliate proprio, signora: non ho la più lontana idea del motivo al quale dobbiamo l’onore di vedervi qui».

«Miss Bennet», rispose Sua Signoria incollerita, «dovreste sapere che con me non si scherza. Ma anche se volete dissimulare, non lo farò io. Il mio carattere è conosciuto per la sua sincerità e franchezza, e non cambierò certamente metodo in una circostanza simile. Due giorni fa mi è giunta una notizia oltremodo allarmante. Mi è stato detto che non soltanto vostra sorella stava per fare un ottimo matrimonio, ma che voi, che Miss Elizabeth Bennet si sarebbe probabilmente unita presto in matrimonio con mio nipote! Con il mio unico nipote: Mr. Darcy. Benché sappia che questa è soltanto una scandalosa menzogna, perché non gli faccio l’ingiuria di credere che possa essere vero, ho deciso di venire qui immediatamente per farvi conoscere ciò che penso in proposito».

«Se non credete possibile che sia vero», disse Elizabeth arrossendo di stupore e di sdegno, «mi sorprende che vi siate presa il disturbo di venire da così lontano. Che cosa si propone di fare Vostra Signoria?»

«Pretendo che questa notizia sia subito smentita e presso tutti».

«La vostra venuta a Longbourn, a trovare me e la mia famiglia, non può che confermare questa voce, se esiste realmente», disse Elizabeth con freddezza.

«Se esiste! Volete fingere di ignorarlo? Non è stata messa in giro apposta da voi? Non sapete che se ne parla già dappertutto?»

«Non l’ho mai saputo».

«E potreste anche asserire che non ha nessun fondamento?»

«Non pretendo di avere la stessa franchezza di Vossignoria. Potete farmi delle domande alle quali posso preferire di non rispondere».

«È intollerabile! Miss Bennet, intendo che mi si risponda. È vero che mio nipote ha chiesto la vostra mano?»

«Vossignoria ha già esplicitamente dichiarato l’impossibilità di una cosa simile».

«Dovrebbe esserlo, deve esserlo, finché gli rimane l’uso della ragione. Ma le vostre arti e i vostri raggiri possono, in un momento di infatuazione, avergli fatto dimenticare quello che deve a se stesso e alla propria famiglia. Potreste averlo adescato».

«Se lo avessi fatto, sarei l’ultima a convenirne».

«Miss Bennet, sapete chi sono io? Non sono abituata che mi si parli in questo modo. Sono la sua parente più vicina e ho il diritto di conoscere i suoi progetti più intimi».

«Ma non avete il diritto di conoscere i miei; né il vostro modo di fare mi potrebbe indurre a essere più chiara».

«Cercate di capirmi bene. Questo matrimonio al quale avete la presunzione di aspirare, non avrà luogo. No, mai. Mr. Darcy è fidanzato con mia figlia. E ora, che avete da dire?»

«Soltanto questo: se è così, non potete aver ragione di supporre che faccia a me una domanda di matrimonio».

Lady Catherine esitò per un attimo, poi riprese:

«Il loro fidanzamento è un po’ speciale. Fin dalla loro infanzia sono stati destinati l’uno all’altra. Era il più vivo desiderio di sua madre e il mio. Erano ancora nella culla quando progettammo questa unione, e ora, quando il loro matrimonio appagherebbe i voti di entrambe, dovrebbe essere ostacolato da una ragazza di nascita modesta, senza un grado sociale, e completamente estranea alla nostra famiglia! Non date dunque alcun peso ai desideri dei suoi parenti, alle sue tacite promesse a Miss de Bourgh? Avete perso ogni senso delle convenienze e ogni delicatezza? Non mi avete già sentito dire che fin dalla sua nascita è stato destinato a sua cugina?»

«Sì, e lo avevo sentito dire anche prima. Ma che c’entro io in tutto questo? Se non ci sono altri ostacoli al mio matrimonio con vostro nipote, non sarà certo il pensiero che sua madre e sua zia desideravano ch’egli sposasse Miss de Bourgh a trattenermi. Progettando questo matrimonio avete fatto quello che era in vostro potere di fare, ma concluderlo dipende da altri. Se Mr. Darcy non è legato né dall’affetto né dall’onore a sua cugina, perché non potrebbe scegliere un’altra? E se quest’altra fossi io, perché non potrei accettarlo?»

«Perché l’onore, il decoro, la prudenza, e perfino l’interesse lo vietano. Sì, Miss Bennet, anche l’interesse, perché non potete sperare di essere accolta dalla sua famiglia, o dai suoi amici, se agirete determinatamente contro il loro desiderio. Sarete criticata, evitata e disprezzata da tutti coloro che gli sono vicini. La vostra parentela sarebbe cagione di vergogna: nessuno di noi vi nominerebbe più».

«Queste sono davvero disgrazie serie», rispose Elizabeth; «ma la moglie di Mr. Darcy troverà nella propria felicità tante risorse che, tutto sommato, credo non avrà mai proprio ragione di lamentarsi».

«Ragazza ostinata e testarda! Mi vergogno per voi! È questa la vostra gratitudine per la mia gentilezza della primavera passata? Non vi sentite in debito verso di me? Sediamoci. Dovete capire, Miss Bennet, che sono venuta qui risoluta a spuntarla, e nulla mi dissuaderà dal mio intento. Non sono abituata a cedere ai capricci degli altri, non ho mai potuto ammettere di essere contrariata».

«Questo renderà la situazione di Vostra Signoria più sgradevole, ma non può avere nessuna influenza su di me».

«Non voglio essere interrotta. Ascoltatemi in silenzio. Mia figlia e mio nipote sono fatti l’una per l’altro. Da parte materna discendono tutti e due da nobile lignaggio e da parte del padre da vecchie famiglie rispettabili anche se non titolate. I patrimoni di tutti e due sono immensi. I parenti di tutte e due le famiglie li hanno sempre destinati uno all’altro, e ora, che cosa li dividerebbe? Le improvvise pretese di una ragazza senza nobiltà, senza situazione e senza ricchezza. Si può sopportare una cosa simile? Non può essere e non lo sarà. Se comprendeste dove sta il vostro vero bene, non vorreste uscire dall’ambiente nel quale siete stata allevata».

«Sposando vostro nipote, non crederei affatto di abbandonare il mio ambiente. Egli è un gentiluomo e io sono la figlia di un gentiluomo. Siamo pari».

«È vero. Vostro padre è un gentiluomo. Ma chi era vostra madre? Chi sono i vostri zii? Non crediate che ignori la loro posizione sociale».

«Quali che siano i miei parenti», disse Elizabeth, «se vostro nipote non vi fa obiezioni, la cosa non può riguardare voi».

«Ditemi, una volta per tutte, siete fidanzata con lui?».

Benché Elizabeth, per non dare soddisfazione a Lady Catherine, avesse una gran voglia di non rispondere a questa domanda, dopo un momento di riflessione non poté fare a meno di dire: «No».

Lady Catherine sembrò sollevata.

«E mi promettete di non fidanzarvi mai?»

«Non ho intenzione di fare nessuna promessa del genere».

«Miss Bennet, sono stupita e disgustata di voi. Mi aspettavo di trovare una ragazza più ragionevole. Ma non illudetevi che io mi pieghi. Non me ne andrò finché non mi avrete dato l’assicurazione che chiedo».

«State pur certa che non l’avrete. Non mi lascerò intimidire da una pretesa così irragionevole. Vostra Signoria desidera che Mr. Darcy sposi sua figlia. Ma credete che la promessa che mi chiedete renderebbe più probabile il loro matrimonio? Supponendo che egli mi voglia bene, credete che basterebbe il mio rifiuto perché possa offrire la sua mano a sua cugina? Permettetemi che vi dica, Lady Catherine, che gli argomenti da voi portati in questa strana conversazione sono altrettanto inutili di quanto non sia stato il solo intavolarla. Vi siete completamente ingannata sul mio carattere, se credete che mi si possa convincere con ragioni di questo genere. Non so fino a che punto vostro nipote approverebbe una tale intromissione nei suoi affari, ma certo non avete il diritto di occuparvi dei miei. Vi prego quindi di non importunarmi più a questo proposito».

«Piano, prego, signorina. Non ho ancora finito. A tutte le obiezioni che vi ho esposto, ne ho un’altra da aggiungere. Non ignoro i particolari della vergognosa fuga di vostra sorella. So tutto, e so anche che se il giovane la sposò fu perché il matrimonio diventò un affare, rimediato a spese di vostro padre e di vostro zio. E una simile ragazza dovrebbe essere la cognata di mio nipote? Può il marito di lei, che è il figlio del vecchio maggiordomo di suo padre, diventare il cognato di Darcy? Santo cielo! Che cosa vi passa per il capo? Le ombre di Pemberley dovrebbero essere così indegnamente profanate?»

«Ora non avete più nulla da dire», rispose Elizabeth offesa. «Mi avete insultata in tutti i modi. Vi prego di lasciarmi tornare a casa».

E così dicendo, si alzò. Lady Catherine si levò anche lei e tornarono indietro. Sua Signoria era profondamente indignata.

«Non avete dunque nessun riguardo per l’onore e per il buon nome di mio nipote? Ragazza egoista, senza testa! Non capite che imparentarsi con voi vuol dire per lui essere disonorato agli occhi di tutti?»

«Non ho più nulla da dirvi, Lady Catherine sapete quello che penso».

«Siete dunque risoluta a sposarlo?»

«Non ho mai detto una cosa simile. Sono soltanto decisa ad agire secondo quella che crederò essere la mia felicità, senza badare né a voi né a nessun estraneo che abbia intenzione di ostacolarmi».

«Sta bene: dunque rifiutate di compiacermi. Rifiutate di obbedire alla voce del dovere, dell’onore, della gratitudine. Siete decisa a rovinarlo nella stima dei suoi amici e a renderlo ridicolo di fronte al mondo».

«Il dovere, l’onore, la gratitudine», rispose Elizabeth, «non c’entrano affatto in questo caso. Nessuno di questi doveri sarebbe violato dal mio matrimonio con Mr. Darcy. E, quanto alla collera della sua famiglia o all’indignazione del mondo, se mi sposassi, non mi importerebbe affatto della prima; la gente poi, avrebbe troppo buon senso per condividere la collera dei parenti».

«È dunque questo il vostro modo di pensare? La vostra ultima decisione? Benissimo. Ora so come agire. Non crediate, Miss Bennet, che la vostra ambizione possa mai venire appagata. Sono venuta solamente per mettervi alla prova. Speravo di trovarvi più ragionevole; ma state pur certa che la spunterò ugualmente».

Lady Catherine continuò a discorrere su questo tono per qualche tempo, finché, arrivata allo sportello della carrozza, volgendosi prontamente, aggiunse:

«Non mi congedo da voi, Miss Bennet; non mando a salutare vostra madre; non meritate tanto riguardo. Sono troppo in collera con voi».

Elizabeth non rispose, e, senza cercare di indurre Lady Catherine a entrare in casa, se ne andò tranquillamente. Mentre saliva le scale, sentì la carrozza che ripartiva. Sua madre la aspettava sulla porta dello spogliatoio per chiederle come mai Lady Catherine non fosse rientrata a riposare un poco. «Non ha voluto», disse sua figlia. «Ha preferito andarsene».

«Che signora perfetta! E che gentilezza da parte sua venire a trovarci. Perché immagino che sia venuta soltanto per darci notizie dei Collins. Forse era diretta da qualche altra parte e, passando da Meryton, ha pensato che poteva venire a farci una visita. Perché immagino che non avesse niente di speciale da dirti, vero Lizzy?».

Elizabeth fu costretta a una piccola menzogna, perché le sarebbe stato impossibile riferire il contenuto della conversazione sostenuta con Lady Catherine.