Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo trentottesimo

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Capitolo trentottesimo

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Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
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Il sabato mattina, Elizabeth e Mr. Collins si trovarono a colazione qualche minuto prima degli altri e lui ne approfittò per porgerle quegli ultimi saluti che gli sembravano cerimonia indispensabile.

«Non so, Miss Elizabeth», disse, «se Mrs. Collins vi ha già espresso tutta la nostra riconoscenza per la vostra bontà nel venire da noi; ma sono sicuro che non lascerete la mia casa senza ricevere i nostri ringraziamenti. Il piacere della vostra compagnia è stato, vi assicuro, veramente sentito. Sappiamo come la nostra modesta dimora non abbia nulla da offrire. Il nostro semplice modo di vita, le nostre piccole camere, i pochi domestici e la mancanza di vita brillante, deve rendere Hunsford molto noioso per una signorina come voi; ma spero che crederete alla nostra gratitudine per la condiscendenza usataci, e che saprete come abbiamo fatto tutto quanto era in nostro potere per impedire che vi annoiaste».

Elizabeth si profuse in ringraziamenti e in assicurazioni di essere stata addirittura felice. Aveva passato sei settimane di vero godimento; e il piacere di stare con Charlotte e tutte le gentilezze ricevute facevano sì che era lei a dovere esser grata. Mr. Collins fu soddisfatto, e con più sorridente solennità, continuò:

«Sono veramente lieto di sentire che avete passato il tempo piacevolmente. Certo abbiamo fatto del nostro meglio; e poiché avevamo la fortuna di potervi introdurre nella migliore società, e, grazie agli inviti di Rosings, di poter variare spesso la nostra umile vita casalinga, penso che possiamo lusingarci che la vostra permanenza a Hunsford non sia stata del tutto noiosa. I nostri rapporti con la nobile famiglia di Lady Catherine costituiscono infatti uno di quei vantaggi e di quelle fortune quali poche persone possono vantare. Avete potuto constatare da voi stessa su che piede di confidenza ci troviamo. Come riceviamo inviti cordiali e frequenti. Devo riconoscere che nonostante gli svantaggi di questo umile Rettorato, chi lo abita non può essere oggetto di compassione finché può vantare il compenso di una tale intimità con Rosings».

Non trovando altre parole per esprimere il suo entusiasmo, Mr. Collins si mise a camminare su e giù per la stanza, mentre Elizabeth si dava da fare per combinare in brevi frasi cortesia con sincerità.

«Così, cara cugina, potrete dare di noi ottime notizie nell’Hertfordshire, o almeno, mi lusingo che lo farete. Siete stata una testimone quotidiana delle eccezionali gentilezze di Lady Catherine per Mrs. Collins; e nell’insieme spero non vi sembrerà che la vostra amica sia stata sfortunata... Ma su questo argomento, forse è meglio tacere. Permettetemi di augurarvi, cara Miss Elizabeth, cordialmente e di tutto cuore, nel vostro matrimonio una uguale felicità. La mia cara Charlotte e io abbiamo un unico modo di sentire e di pensare. Ci assomigliamo moltissimo nel carattere e nelle idee, e questa nostra affinità mi fa proprio pensare che eravamo destinati l’uno all’altra».

Elizabeth poté, senza venire a compromessi con la propria coscienza, riconoscere che è una grande fortuna quando questo si verifica nel matrimonio e con uguale sincerità aggiunse che era convinta della felicità domestica sua e di Charlotte e che se ne rallegrava. Tuttavia non le dolse affatto che l’esposizione dettagliata di questa felicità fosse interrotta dal sopraggiungere della signora che ne era la causa. Povera Charlotte! Era proprio triste davvero lasciarla in simili mani! Ma aveva scelto a occhi aperti, e anche ora, mentre mostrava sinceramente il proprio dispiacere per la partenza delle sue ospiti, non sembrava davvero bisognosa di essere compatita. La sua casa e le cure domestiche, la parrocchia e il pollaio, e tutti gli annessi e connessi non avevano ancora perduto ai suoi occhi le loro attrattive.

Finalmente arrivò la carrozza. I bauli furono legati sul tetto, i pacchi messi nell’interno, e tutto fu pronto. Dopo un affettuoso addio fra amiche, Elizabeth fu accompagnata alla vettura da Mr. Collins, che, mentre percorrevano il viale, la incaricò dei suoi rispetti per tutta la famiglia non dimenticando di ringraziare ancora per tutte le cortesie ricevute a Longbourn nel passato inverno, e di porgere i suoi omaggi ai signori Gardiner, benché non li conoscesse. Poi la aiutò a salire, Maria la seguì, e lo sportello stava per esser chiuso quando improvvisamente Mr. Collins ricordò loro, con fare costernato, che avevano dimenticato di lasciare un messaggio per le dame di Rosings.

«Ma», aggiunse, «sono certo che entrambe desiderate che siano porti a quelle signore i vostri umili omaggi con i più grati ringraziamenti per la loro gentilezza verso di voi».

Elizabeth non ebbe nulla da obiettare; lo sportello poté esser chiuso e la carrozza partì.

«Buon Dio!», esclamò Maria dopo alcuni minuti di silenzio, «sembra solo un giorno o due che siamo arrivate, eppure quante cose sono accadute!».

«Anche troppe!», rispose la sua compagna con un sospiro.

«Abbiamo pranzato nove volte a Rosings, senza contare che siamo state invitate altre due volte per il tè. Quante cose avrò da raccontare!».

Elizabeth aggiunse in cuor suo: “Mai quante ne avrò da tacere io!”.

Il viaggio proseguì senza che parlassero molto e senza nessun incidente, e dopo quattro ore arrivarono alla casa di Mrs. Gardiner dove dovevano trattenersi per alcuni giorni.

Jane stava bene, ed Elizabeth non ebbe quasi il tempo di studiarne il morale, tanti erano gli inviti e gli svaghi che la bontà della zia aveva preparato per le giovani ospiti. Ma Jane sarebbe tornata a casa con loro, e a Longbourn ci sarebbe stato tutto il tempo per osservarla. Nel frattempo però non fu un piccolo sforzo, dover aspettare di essere a Longbourn per raccontare a Jane quello che era successo con Mr. Darcy. Avere da rivelare una cosa che avrebbe addirittura meravigliato Jane, una cosa che nello stesso tempo lusingava la propria vanità, era una tentazione tale per Elizabeth che soltanto l’incertezza su quello che avrebbe potuto o meno dire a proposito di Bingley, con il conseguente rischio di accrescere la pena di sua sorella, ebbe la forza di trattenerla dal parlare.