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tun’anno conferendo loro l’istruzione di un gentiluomo; anzichè lasciarli liberi a 14 o 15 anni, con un corredo mentale, che non vada più in là del leggere, scrivere, e della tavola di Pitagora

«Se anche non avessimo voluto badare alle spese di questo aumento di anni d’istruzione obbligatoria,» soggiunsi, «ci sarebbe parso che non era da permettersi la perdita che esso arrecava all’industria. I ragazzi della classe povera cominciavano a lavorare a sedici anni ed anche prima, ed a vent’anni conoscevano a fondo la loro professione».

«In ciò, dal lato materiale, non vi cederemo il passo. L’immenso vantaggio che l’istruzione conferisce per qualsiasi genere di lavoro, compensa il tempo perduto per acquistarla.»

«Avremmo anche avuto paura,» dissi, «dando a tutti una istruzione superiore, che essi non rifiutassero di dedicarsi ai lavori manuali».

«Quello era infatti l’effetto della vostra istruzione superiore, a quanto lessi, e ciò si capisce giacchè allora, per dedicarsi ad un lavoro manuale, bisognava mettersi a contatto con una classe di popolo, rozza, ignorante ed ineducata; ora invece quella classe non esiste più. Un tal sentimento era allora inevitabile perchè si credeva che tutte le persone istruite dovessero essere chiamate ad occupare cariche dotte od a godere gli ozi della ricchezza, e colui che era istruito; ma non ricco, nè altolocato, era riguardato come prova vivente di aspirazioni non riuscite, di speranze fallite; lo si accusava d’incapacità. Oggi che l’istruzione è considerata come necessaria, qualunque sia il genere di lavoro cui sarà chiamato un uomo, non si traggono più simili conseguenze».

«Sia pure, ma tanta istruzione non vincerà la naturale ottusità, nè rialzerà la debolezza mentale, e a meno che anche l’intelligenza umana abbia progredito essa pure, una gran parte di questa istruzione deve venire sprecata. Noi eravamo d’opinione che fosse necessaria una certa disposizione naturale, perchè francasse la spesa d’impartire ad uno qualche istruzione; nello stesso modo che credevamo che fosse necessario un certo grado di fecondità per sobbarcarsi a coltivare un terreno».

«Son contento che abbiate scelto quest’immagine; volevo ap-