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ricordo rispettivamente nella XII e nella XXIII1; per alcune la traccia dell’esistenza si desume da altri epistolari contemporanei: intendo dire di quelli di Barbato da Sulmona e del Salutati2, ed in modo particolarissimo di quel del Petrarca. Quanto nutrita sia stata la corrispondenza tra i due grandi ingegni dal loro primo incontro nel 1350 alla morte del piú vecchio ventiquattr’anni dopo, si scorge da questi dati: nel 1367 il Bocc. si era messo a copiare insieme in serie le lettere direttegli dall’amico, però che a lui stesso «plurime videantur»3; dal Petrarca poteva esser chiamata «una tra le mille» l’ep. XIV del Nostro, ch’egli faceva trascrivere in un prezioso libretto4. Eppure non sono sopravvissute piú di tre lettere al Petrarca5, mentre quelle del Petrarca superano la trentina6! Per chiudere i miei rapidi appunti, darò qui le indica-



  1. Cfr. qui, pp. 149 e 221. L’ep. al Nelli fu scritta nel 1362, dopo la XI e poco innanzi al disavventurato viaggio a Napoli della fine d’ottobre; quella al Ricasoli fu allegata alla lettera a fra Martino da Signa (a rigore, dall’accenno dell’ep. XXIII non risulta senz’altro che di quest’ultima il Bocc. fosse lo scrivente).
  2. Barbato nella sua ep. In die nativitatis responsiva alla Fam. XXII 4 del Petrarca (Vattasso, Del Petrarca cit., pp. 12-5) fa sapere che fu il Bocc. colui il quale da Firenze gli fece avere quello scritto, «ipsas michi tuas direxit amabiliter licteras»: in tale occasione, senza dubbio, il Nostro scrisse all’amico sulmontino, il che fu tra il 20 aprile del 1360, data della lettera petrarchesca, ed il natale successivo, in cui Barbato la ricevette (per la cronologia qui accolta cfr. Foresti, Per la storia del carteggio tra il Petr. e Barbato di Sulmona, nell’Arch. stor. per le prov. napolet., XLIX). Al Salutati furono indirizzate almeno due lettere del Bocc.: una da Roma, a cui ser Coluccio rispose da Todi il 20 dicembre 1367, ed una a cui fu dato riscontro parecchio tempo dopo da Lucca in data 21 gennaio 1372 (cfr. Novati, Epist. di C. Salutati, I, pp. 47-8 e 156-7).
  3. Qui, p. 182.
  4. Qui, p. 345.
  5. IX, X e XIV; anche l’ep. II è diretta al Petrarca (qui, p. 315, n. 3), ma è probabile che non sia mai stata inviata.
  6. Un elenco di ventotto fu dato dal Corazzini (op. cit., p. xlviii, n. 1); altrettante furono tradotte in francese e stampate insieme in un volume da V. Develay nel 1891 (Lettres de F. Pétrarque á J. Boccace trad. du latin pour la prem. fois, Paris, MDCCCCXI (sic). In questo libro è inclusa nella serie l’ep. metrica III 17, che fu spedita insieme con la Fam. XI 2 (cfr. Foresti, Giorn. stor., LXXIV, pp. 251-3), ed è lasciata indietro, invece, la Fam. XXII 2, debitamente compresa nella lista del Corazzini. Una ventesimanona è quella che comincia Ursit amor tui, dal Fracassetti congiunta arbitrariamente alla Sen. XVII 2, ma separata nell’edizione veneta del 1503, e che deve quindi considerarsi come l’ultima lettera dell’epistolario petrarchesco (cfr. Zardo, Il Petr. e i Carraresi, pp. 216-7; Avena, negli Atti d. Accad. d’agric., scienze, lett., arti e comm. di Verona, serie quarta, V [1904]). Di una trentesima, infine, si può parlare considerando che la Sen. V 1, nel suo te-