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Pagina:Boccaccio-Caccia e Rime-(1914).djvu/173

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Rime 141

     Scrivendole come dettava Amore[1],5
     Àn facto chiocce gli anni gravi et vecchi,
     Poscia che morte ruppe quelli specchi[2],
     Da’ quai forza prendea lo mio vigore.
Et, come ’l viso angelico tornossi
     Al regno là, d’ond’era a noi venuto10
     Per farne fede dell’altrui[3] bellezza,
     E i passi miei di drieto a llui fur mossi,Fonte/commento: editio maior
     Né rima poi né verso m’è piaciuto,
     Né altro che il seguir la sua alteza[4].


CV.


D’Homer non poté lo celeste ingegno
     A pien monstrar d’Helena ’l vago riso,
     Né Zeusi, dopo[5], l’alt’et bel diviso[6],
     Quantunque avesse di molte il disegno[7]:


  1. È superfluo ricordare qui Purg., XXIV, 52-54.
  2. La bellezza della Fiammetta.
  3. Di Dio.
  4. Tutto il sonetto ‘risente del Petrarca, son. S’io avessi pensato che sì care’ (Zingarelli).
  5. «Più tardi.»
  6. «Disegno, pittura,» come nell’Amorosa Visione: ‘Là vid’io pinta con sottil diviso Una donna piacente’ (IV, 25-6).
  7. Racconta Cicerone (De inventione, II, 1) che Zeusi, volendo dipingere l’immagine di Elena per un tempio di Crotone, prese a modello cinque vergini di quella città, ritraendo da ciascuna le parti del corpo più belle. La fonte è citata dal Boccacci, insieme con la notizia su riferita, nel Comento sopra la Commedia (lez. XVIII) e nel De claris mulieribus (XXXV): in queste opere, come nel sonetto, è aggiunta la menzione di Omero, che manca in Cicerone.