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Pagina:Boccaccio - Decameron II.djvu/359

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nota 353


I 6414 «chi addosso o in dosso»: le ultime parole hanno tutta l’aria d’una variante segnata in margine e poi entrata abusivamente nel testo1;

I 15516 «al prod’uomo cioè al conte», ivi32 «il prod’uomo cioè il conte»: qui è evidentissimo che si tratti di glosse dichiarative; basta osservare che il termine «prod’uomo» ricorre anche altre volte poco prima e poco dopo, sempre da solo, e che nei due casi segnalati risulta con tutta chiarezza dal contesto come il prod’uomo sia appunto il conte;

I 27079 «una sua donna moglie»: altro glossema, che gli editori di G non ammisero ma la vulg. ristabilí;

I 2756 «alle cui leggi cioè della natura»: in questo e nei due passi seguenti è forse anche piú appariscente la glossa2; qui il termine natura non aveva bisogno d’essere espresso, essendo nominato in modo implicito nel «naturalmente» che precede3;

II 10536 «i denari cioè li dugento fiorin d’oro»: son parole di Gulfardo, il quale non aveva bisogno di chiarire a Guasparruolo quali e quanti fossero i denari presi in prestito qualche giorno prima;

II 2875 «Ella adunque cioè Sofronia»: era perfettamente inutile menzionare il nome della donna, non potendo cader equivoco circa la persona a cui riferire il pronome femminile4.


Lacune.B ne presenta una serie purtroppo assai ricca, che va da certune gravissime per la loro estensione ad altre piú brevi, limitate ad una o due parole, spesso congiunzioni o

  1. La distinzione tra porre addosso e porre in dosso escogitata dai chiosatori per difendere la vulg. è un cavillo senza fondamento e porta ad una conseguenza assurda. Il Bocc. non può aver pensato che alcuno facesse indossare dei panni ad un asino (cfr. Fanf., I, p. 72, n. 3).
  2. Per il primo ciò fu giá sospettato (Fanf., I, p. 309, n. 1): ma la lezione della vulg. fu difesa dallo Hecker (Die Berl. Dec.-Hs., p. 52) senza buone ragioni.
  3. Altri esempi di sillessi che rimasero senza glossa: I 1317 «di ciascuna» (oppinione, sottinteso nel precedente «oppinanti»), I 2636 «nel quale» (giuoco, implicito nel precedente «giucando»), I 12822 «e quella aperta» (da intendere camera, indicata prima con la perifrasi «lá dove Pericon con la donna dormiva»), II 29922 «che quelle» (cioè lettere, implicito nel precedente «pensò di scrivere alla donna sua»); cfr. anche qui, pp. 361, n. 1, e 362, n. 1.
  4. Qualche sospetto mi dá anche il «cioè», con quel che segue, di I 30025, ma non sufficiente a farlo condannare; va da sé, invece, che in altri casi la clausola introdotta dal cioè appare nulla meno che indispensabile (cfr. I 1372, II 2612, 2416 ecc.). A proposito di sospetti, credo sia lecito almeno esternarli sulla genuinitá della frase finale «Iddio faccia noi goder del nostro» comune alle nov. III, vi e vii, e di quella «Iddio ce ne déa a noi» della nov. VII, ix, tutte cosí stentate e con tanto sentor di posticcio; si veda alla fine della nov. III, iii in un esempio di chiusa ben altrimenti naturale e spontanea. Anche, mi sembra giusto il rilievo dello Hecker (op. cit., p. 52) sulla stranezza della menzione di un personaggio della nov. VI, x alla fine della nov. IV, vii: che siano interpolate quelle parole I 32034 «e da Guccio Imbratta»?