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Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo I, 1831.djvu/237

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SOPRA DANTE 217

dietro a Virgilio, racconta sè avere molti spiriti veduti, pieni di gravi e cocenti sospiri, senza alcuna altra visibile pena: e questa seconda comincia quivi:

Or discendiam quaggiù nel cieco mondo.

Dice adunque nella prima parte cosi: Ruppemi, Questo vocabolo suona violenza; volendo in ciò dimostrare, che ogni atto che in inferno si fa sia violento e non naturale: la qual cosa non è senza cagione, la quale è questa. Giusta cosa è, che chi peccando fece violenza a’ comandamenti e a’ piacer di Dio in questa vita, violentemente sia da’ ministri della giustizia punito nell’altra: l’alto sonno: il sonno, secondochè ad alcun pare, è un costrignimento del caldo interiore, e una quiete diffusa per li membri indeboliti dalla fatica. Altri dicono il sonno essere un riposo delle virtù animali, con una intenzione delle virtù naturali: del qual volendo i suoi effetti mostrare, scrive Ovidio così:

Somne, quies rerum, placidissime somne Deorum,
Pax animi, quem cura fugit, qui corpora duris
Fessa ministeriis mulces, reparasque labori etc.

E appresso costui assai più pienamente ne scrive Seneca tragedo1, in Tragedia Herculis Furentis, dove dice:

— — — — tuque, o domitor
Somne malorum, requies animi,
Pars humanae melior vitae,
Volucer, matris genus Astreae
Frater durae languide mortis

  1. Tragedo.