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prefazione xi

una piena consapevolezza di sè e un’idea sovrana da cui esse tutte procedono; è chiaro, anzi, che lo spirito, ondeggiando tra forme e visioni di bellezze contrarie, talvolta si avvicina ai classici, tal altra ai romantici, e qui più particolarmente al Monti, e là al Berchet e al Rossetti, e ora comincia col Manzoni e finisce col Leopardi, a ora, dopo gli echi del Petrarca, fa sentire quelli del Byron e del Lamartine. Me questi ed altri simili ondeggiamenti derivavano da un immenso fervore interno che sforzava il nostro poeta non tanto a mutar di affetti e di simpatie, quanto ed amar quelle varie forme di bellezze, a vagheggiarle e a volerle far tutte sue nel tempo stesso. Condizione dello spirito certamente inferiore a quella cui pervengono coloro che, pur volendo e potendo amare molte cose insieme, e pur ammirando un’infinità di bellezze nella vita e nell’arte, riescono a dar forma tutta propria ai loro amori e a segnarne ogni manifestazione della propria stampa. Me era pur sempre una condizione poetica questa del giovane lucano, il quale, ardendo di mille brame, pativa come per troppo amore, come per un conflitto di <references>