Pagina:Caterina da Siena - Epistole, 1.djvu/42

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aveste cento migliaia di vite, vi disponiate tutte a darle per onore di Dio e per salute delle creature. O babbo mio, dolce Cristo in terra, seguitate quello dolce Gregorio H, perocchè così sarà possibile a voi, come a lui, perocchè egli non fu d’altra carne che voi, e quello Dio è ora che era allora: non ci manca se non virtù e fame della salute dell’anime; ma a questo c’è il rimedio, padre; cioè, che noi leviamo l’amore detto di sopra da noi e da ogni creatura; fuora di Dio, non s’attenda più, nè ad amici, nè a parenti, nè a sua necessità temporale, ma solo alla virtù ed all’esaltazione delle cose spirituali, che per altro non vi vengono meno le temporali, se non è per abbandonare la cura delle spirituali.

III. Or vogliamo noi dunque avere quella gloriosa fame che hanno avuta quelli santi e veri pastori passati, e spegnere in noi questo fuoco, cioè, dell’amore di sè, facciamo come eglino, che col fuoco spegnevano il fuoco; perocchè tanto era il fuoco della inestimabile ed ardentissima carità che ardeva nelli cuori e nell’anime loro, che erano affamati e fatti gustatori e mangiatori dell’anime. O dolce e glorioso fuoco che è di tanta virtù, che spegne il fuoco ed ogni disordinato diletto e piacere ed amore di sè medesimo, e fa come la gocciola dell’acqua che tosto si consuma nella fornace: e chi mi dimandasse come ci vennero a questo dolce fuoco e fame, conciossiacosachè noi siamo pur arbori infruttiferi per noi, dico che essi si innestaro nell’arbore fruttifero della santissima e dolcissima croce, dove essi trovaro l’agnello svenato con tanto fuoco d’amore della nostra salute (Job. 19.), che non pare che si possa saziare, anco I grida che ha sete, quasi dica: io ho maggior ardore e sete, e desiderio della salute vostra, che io non vi mostro con la passione finita. O dolce e buono Jesù, vergogninsi li pontefici e li pastori ed ogni creatura dell’ignoranzia e superbia e piacimenti nostri, a ragguardare tanta larghezza e bontà ed amore ineffabile del nostro crea-