Pagina:Catullo e Lesbia.djvu/311

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annotazioni. 305

Figlio prostituirsi, empia! i Penati
Contaminando; da mortal furore
L’empio a l’onesto, il falso al ver commisto,
L’equo pensier da noi sviâro i Numi,
Che nè degnan veder tal vulgo iniquo,
Nè soffron più che umano occhio li tocchi.




LXXXII.


Pag. 210.          Eripere ei noli.

Scongiura l’amico a non volergli rapire il cuore di colei, che gli è più cara degli occhi. Avere a rivale un amico è doppia sventura: si pèrdono due cuori ad un tempo. Catullo non può darsi pace a cotanto dolore, non gli dà l’animo di scagliarsi a tutta prima contro all’amico; gli si getta ai piedi, gli abbraccia le ginocchia, lo prega con le lagrime agli occhi! Quanto saranno più terribili i suoi furori, quando s’accorgerà che l’amico non si smuove alle sue preghiere! Umiliarsi dinanzi all’offensore, e non essere esaudito! Al dolore di perdere un amico, al furore della gelosia, s’aggiunge la vergogna e la rabbia d’un’inutile umiliazione. Non si può non prorompere: l’uomo doventa una tigre.




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