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34 la vita di catullo.

specchio; ci si vede. Vedersi in uno specchio quando l’anima nostra è sconvolta, i nostri sensi eccitati, stranamente cangiato il nostro aspetto, è ridicolo. Dinanzi ad una grande bellezza ci si sente piccini, poveri, brutti assai più che non siamo. È un accesso subitaneo di modestia, a cui nessuno si può sottrarre, e di cui bisogna tener conto ad onore e gloria del sesso forte. Dico nessuno, perchè escludo dal numero tutti quei grulli Narcisi securi e soddisfatti di sè, che nulla vedono, sentono ed apprezzano al di fuori della propria beltà inamidata: anime di tacchini ch’io manderei a far la rota in pollaio.

Dopo questa più o men durevole depressione, l’amor proprio ripiglia il sopravvento, il coraggio rinasce, il desiderio s’accende; la donna che ci parve da prima un raggio di luce, impossibile a imprigionare con le nostre braccia, se non ci si muta subito in fiore, che ognuno può cogliere ed odorare, ci appare almeno come la lazzaruola descritta da Saffo:

In cima al ramo, su l’estrema punta
Dimenticata no, ma non raggiunta.1

Comincia allora l’assalto.


V.


C’era un’altra circostanza a favor di Catullo: Clodia aveva trentatrè anni, quando il nostro poeta ne contava appena ventisei.2 Nelle donne di quella risma

  1. Saffo, Framm., trad. Dall’Ongaro.
  2. Schwab, loc. cit.