Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/374

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capitolo sesto 367

tesi e i volontari lombardi e dei Ducati combattevano contro gli Austriaci, non potevano, evidentemente, rimanere a lungo in quella condizione di passivi spettatori, dolorosa per l’amor proprio dei soldati regolari, insopportabile al sentimento e all’entasiasmo dei volontari e vivamente biasimata dai giornali di Romagna e dei Ducati e dalle popolazioni dell’una e dell’altra riva, le quali, in varie guise, come già dissi e come risulta dai molti documenti uniti a questo volume e da me già indicati, manifestavano il loro malumore e chiedevano ad alta voce che si venisse alle armi e all’azione.

E tali rumori e tali querele eran venute crescendo, tanto fra i Volontari, quanto fra i Romagnoli e fra i Veneti, segnatamente dopo che si era diffusa fra essi la notizia di quella specie di smentita che la Gazzetta di Roma aveva, in nome del Pontefice, pubblicata contro il proclama Durando-D’Azeglio.

Per il che tanto il Durando, quanto il Ferrari ed il D’Azeglio tempestavano di lettere i Ministri a Roma perchè alle loro schiere fosse concessa la facoltà di passare i confini, rappresentando come ormai neppure a loro fosse dato di contenerne l’ardore - tanto è vero che, come emerge da taluno di quei documenti, alcuni distaccamenti, senza ordine, avevano già varcato il Po. - I generali delle schiere romane al confine manifestavano altresì che molti fra 1 militi volevano si cominciasse col porre l’assedio alla fortezza di Ferrara, ove stavano racchiusi gli Austriaci, a viva forza espugnandola.

E, siccome i Ministri facevan ressa appo Pio IX, cosi questi, a consiglio dell’astutissimo cardinale Antonelli, per guadagnar tempo e per aver agio di vedere quale piega fossero per prendere le cose della guerra, aveva delegato presso il campo del re Carlo Alberto, quale suo rappresentante monsignor Corboli-Bussi, perché persuadesse il Re ad aderire alla lega dei Principi italiani, inducendolo a inviare i suoi rappresentanti alla Dieta italiana, che doveva raccogliersi in Roma.

Che questo fosse un espediente di quel fine e sottile diplomatico che era il cardinale Giacomo Antonelli non v’ha dubbio1:


  1. F. Ranalli, C. Rusconi, F. Torre. G. La Farina, V. Gioberti, P. D. Pasolini, A. Saffi, C. Cattaneo, M. Minghetti, Costa di Beauregard, E. Ruth, ecc.