Pagina:De Sanctis, Francesco – Alessandro Manzoni, 1962 – BEIC 1798377.djvu/42

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36 saggi

dire ogni artificio, ogni maniera, ogni convenzione; ritornava il motto del vecchio Goldoni. Manzoni però esagerava quel concetto, ponendo a base della riforma non il vero, ma il reale, e intendendo per reale l’esistente e l’avvenuto, la natura e la storia. — Guardate il fanciullo, egli dice; subito domanda: è vero?, e si stringe nelle spalle, come un disilluso, se gli fai intendere che è una invenzione. Capisce la realtà, non capisce l’invenzione — . Osservazione giusta, ma che prova contro di lui. Perché nel fanciullo non si è ancora sviluppato il senso estetico, e non capisce l’invenzione, perché non capisce l’arte. Né l’arte è un frutto di tutt’i paesi, e colà stesso ove germina, non matura che assai tardi e dopo lunga educazione. E dove matura, nasce un effetto contrario a quello che Manzoni presume. Perché colui che ha il sentimento dell’arte, ci trova entro una finzione o imitazione dal vero, non il reale positivo o storico, ma un’ombra, una immagine, una parvenza del reale. E non cerca qual fondamento di storia abbia la favola, ma qual fondamento di verità. Il vero chiamisi pure il reale, ma a patto che sia reale artistico, e non naturale e non storico. Achille fu un personaggio storico? L’investigazione può interessare l’erudito, e non dico già che sia una quistione indifferente, dico che è una quistione estranea all’arte. Chi vuol gustare l’Achille omerico, o cosa gl’importa il sapere, quanto in quella rappresentazione è d’avvenuto o d’inventato? Anzi simili quistioni alterano la vera e immediata impressione dell’arte. L’effetto nell’arte non è l’illusione, cioè a dire una rappresentazione così simile al reale, che sia scambiata con esso reale. Da questo falso presupposto sono uscite tutte le assurde regole del verosimile e del probabile, abusate dai critici a tormento degli artisti. E non biasimo i Romani, i quali, posta questa teoria, amavano meglio vedere la cosa effettiva che la cosa rappresentata, meglio gladiatori vivi che gladiatori dipinti. Se l’arte è illusione, produce più facilmente i suoi effetti sulla plebe credula, che sulle scene scambia l’attore col personaggio reale, e nelle chiese scambia l’immagine del Santo con esso medesimo il Santo; e non può generare nessuna dilettazione nell’animo della gente colta, la quale non si lascia illudere, e non confonde opera d’arte con opera