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«storia del sec. xix» di g. g. gervinus i67

degl’italiani», l’amore della libertá aveva fatto lui, non meno che l’altro, poeta, ed in amendue giunse fino a «febbre di patria e di gloria». E, come Alfieri, fu strano e passionato, scettico, nemico de’ preti e repubblicano. Alla caduta della repubblica di Venezia, la sua piccola patria, fu preso nella sua prima giovinezza da quell’amaro dolore, che giá róse il cuore di Dante, e con trista vaio non meno la sventura che l’onta de’ suoi cittadini, la caduta ed il modo della caduta. In tre anni di miserie e di esilio formò di sé (i802) la materia delle Ultime lettere di Jacopo Ortis che narrano il suicidio di un giovine, il quale insieme colla patria perde una donna amata senza speranza. Pare abbia voluto in forma di romanzo rappresentare la morale di Alfieri intorno alla volontaria morte dell’uomo libero; un Cocceio Nerva si dovea immacolato sottrarre alla tirannide; ma nell’intendimento di Alfieri non vi era certo, che l’eroe dovesse con amore di patria congiungere amor di donna ed il sacrifizio di sé con la vanitá e la gelosia. Del rimanente tutte e due queste passioni erano descritte con una profonda intimitá e con forza, semplicitá e naturalezza; il libro scritto dal poeta col suo sangue fece una viva impressione. Allora era Foscolo caldo di gioventú: quando piú tardi vide nel regno d’Italia la stessa caduta e la stessa onta che giá in Venezia, si ritirò freddamente in sé stesso, e disgustò anche i suoi amici con l’eccesso del suo fatalismo, e con lo guardo scuro che gittò nella storia sulla umanitá e la patria. Ma, se noi vediamo la condotta di Foscolo dopo che il regno d’Italia andò in rovina, non troviamo ragione che lo giustifichi di abbandonarsi ad un cosí severo giudizio de’ suoi compatriotti e crucciarsene cosí amaramente. Né cosa vi è che lo scusi de’ suoi atti antecedenti. Irresoluto come egli era, fluttuante al pari di ogni italiano tra la gratitudine e l’odio a’ francesi, la sua condotta nel regno d’Italia fu una continua altalena. Egli serviva e ricusava il giuramento; serviva nell’esercito e nella universitá e gittava giú l’uno e l’altro uffizio; schivo di obbedienza, come Chateaubriand, ma non parimenti schivo de’ pubblici uffizii; odiava i francesi e biasimava il misogallismo di Alfieri; frizzava nel suo Ajace (i8ii) Napoleone, ed accettava