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88 | saggi critici |
Ma tu sol non starai su quella barca. Slánciati, o reo, de’ monti erti alle cime. Ma lá pur anco in due vi troverete. Ché ostinata la larva è del Rimorso, Né spazio o tempo la affatican mai. |
Questa è declamazione rettorica, non rappresentazione poetica. Egli è vero che alcuna varietá può qui nascere dalle diverse professioni de’ tre, ed il poeta se n’è giovato. Ma la differenza di sottana, toga e spada non vi dá che qualitá astratte, senza sostantivo, cioè a dire, senza che vi stia l’uomo al di sotto, nel quale prendano individualitá e costituiscano un carattere. Non basta che ci sia il re: quel re dee essere Aristodemo o Agamennone. Ci dee essere il tale magistrato, il tale prete, il tale soldato: in questo «tale» è tutto il segreto della creazione artistica: l’uomo vivente non è l’uomo, ma questo o quell’uomo.
O Eraclito, dov’era il tuo sorriso Nobile ed alto; l’autorevol calma Della persona, e il dignitoso e forte Eloquio tuo? La vivida pupilla, Facile indizio dell’ardito ingegno; L’agil vigor; la sottil cura; il fermo Senno; la insigne intrepidezza, ecc. |
Qui ci è aggettivi e nomi astratti seguentisi a modo di dizionario, come si fa ne’ panegirici e come fa talora anche Pietro Giordani. E che altro sono i luoghi topici se non queste generalitá cavate dal genere e dalla specie, che abbassano l’arte a mestiere, e l’eloquenza a sofistica? Con questi elementi la novella è poco meno che strozzata. Nella prima parte la libertá umana dee resistere con tanto piú vigore, in quanto alla fine ella risorge e trionfa. Tutto si riduce ad una scenetta tra Èva e Don Mario. Èva finge di volersi partire per indurre Don Mario all’assassinio. È nota la scena memorabile, in cui Egisto con lo stesso mezzo sospinge Clitennestra a trafiggere Agamennone: mai Alfieri si è levato si alto. Egisto è un miracolo di malizia e di perfidia sotto un’aria d’ingenuitá e di lealtá; è il vero Sa-