Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/258

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252 saggi critici


Que’ due vanno insieme e si amano in eterno, non perché ei non sono dannati; anzi perché sono dannati; perché in paradiso il terrestre è alzato a divino, laddove nell’inferno il terrestre rimane eterno ed immutato; perché i peccatori dell’inferno dantesco serbano le stesse passioni, e perciò sono impenitenti e dannati; perché Filippo Argenti è nell’inferno cosí bizzarro come fu in terra, e Capaneo bestemmia nell’inferno come faceva in terra; perché il dannato è l’uomo che porta nell’inferno tutte le sue qualità e passioni buone e cattive; perciò Francesca ha amato ed ama ed amerá e non può non amare; perciò l’infelice dannata non può staccarsi dal cuore questo Paolo, e lo ha sempre innanzi agli occhi: sentimento che il poeta ha rappresentato sensibilmente ponendole eternamente accanto il suo Paolo. Il qual concetto balenò innanzi a Silvio Pellico in uno dei luoghi meglio indovinati della sua tragedia, quando ispirato da Dante pone in bocca a’ morenti le ultime parole:

                                                        .     .     .     .     .     Eterno
Martir... sotterra... oime... ne aspetta!
                              
                              

Paolo

                              
                                                                                                          Eterno
Fia il nostro amore.
                              

Eternitá d’amore, eternitá di martirio. Il poeta ha voluto gittar nell’ombra il peccato! Ma voi scindete quello che è indivisibile; ma non vi è qui un minimo particolare sul quale non sia scritto «peccato». Francesca nel suo primo racconto lascia un’immensa lacuna: tra il suo innamoramento e la morte giace tutta una storia, la storia dell’amore e del peccato, e la vereconda giovane si arresta e tace. Ma Dante china il capo e rimane assorto, finché Virgilio gli dice: — «Che pense?» — ; né può rispondere subito, e quando può, risponde come trasognato e parlando a sé stesso, né può volgere la parola a Francesca senza lacrime. A che cosa pensava Dante? Ma era tutta questa istoria dell’amore e del peccato che gli si volgeva nella mente.