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274 | saggi critici |
palpabile, tutto ciò che un galantuomo può abbracciare con l’occhio, e può odiare o amare. Il pensiero è per lui un avvenuto, un presupposto, entrato nel suo animo non si sa come o quando, e ammesso senza esame di ammissione, senza il titolo della sua esistenza. Un pensiero cosí fatto non è pensiero, ma è immagine e sentimento; non è scienza, ma è arte; è buon senso illuminato dall’impressione e guidato dal gusto. In questa regione il Settembrini è sovrano, e pochi gli possono contendere il primato. Il suo orizzonte non è ampio, ma è a contorni perfettamente disegnati; la sua concezione non è profonda, ma è piana e lucida come una superficie ben levigata; il suo intelletto ha una certa naturale dirittura, che lo tien lontano da ogni sottigliezza e gli fa sentire quasi istintivamente il vero, quale apparisce al buon senso; la sua impressione è quasi sempre giusta e netta; il suo gusto per finezza e delicatezza rivela un’anima artistica ed educata da buoni studii. Aggiungi, qualitá rarissima oggi, una perfetta sinceritá, che io chiamerei quasi l’onestá dello scrittore: in quello che gli esce dalla penna ci è subito lui e tutto lui, com’è in quel momento, e mai non vi sorprendi un secondo fine, un riguardo, un desiderio di fare effetto, un chiaroscuro, un’ombra, una forma equivoca: tutto è luce, tutto è lui; la sua anima è tutta fuori, in vista di tutti, e naturalmente, senza che egli lo voglia o lo sappia, fino nelle sue più minute inclinazioni: senti qua dentro, in questo libro non solo l’italiano, ma il napoletano, e ti par talora di stare a Posilipo, fra tanta voluttà di cielo e di marina, e sentir Pontano cantare:
Amabo, mea chara Fanniella, Ocellus Veneris decusque Amoris, Iube, istaec tibi basiem labella, Succiplena, tenella, mollicella. |
«Questa è poesia tutta greca di bellezza e tutta nostra per vita», conchiude il Settembrini.
Chi vuole avere un esempio dove giunge il Settembrini, in quale regione rimane, e come giudichi, e come si esprima, legga quello ch’egli dice del Boccaccio.