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ugo foscolo 97

disinganno. E tutti e due sono la vuota idealitá del loro secolo. L’uno non ne ha coscienza, anzi ha l’orgoglio e la fiducia di chi si sente nella vita; l’altro ne ha una coscienza che l’uccide. L’uno ha tutta l’energia dell’illusione, quella energia che ispira i grandi pensieri e i grandi fatti. L’altro ha tutte le disperazioni del disinganno, quelle disperazioni, da cui escono le nuove illusioni e le nuove speranze. Senti il vuoto in cui si dibattono in quell’ingrandimento posticcio che hanno tutte le cose nella loro immaginazione. Quell’ingrandimento è la realtá ancora in idea, fuori del limite o della misura, non ancora nella mobilitá e varietá del suo divenire, ma fissata e cristallizzata, come è la vita nella sua astrazione, perciò monotona ed esagerata.

Questi fenomeni non sono dunque capricci individuali, sono necessitá psicologiche della storia. Alfieri e Foscolo sono la voce della nuova Italia in quella sua prima apparizione innanzi allo spirito; idea ancora vuota, ma non piú accademica, piena di energia e destinata a vivere. Perciò il libro di Foscolo, meno peifetto artisticamente che il Werther, ha molta piú importanza nella storia dello spirito. È il testamento di quel gran secolo, il suo grido di dolore innazi alla caduta di tutte le sue illusioni.

Il disinganno uccide Jacopo, ma non uccide Foscolo. Se fu sua intenzione di avvezzare con quell’esempio la gioventú al disprezzo della morte, scelse una via cattiva. Per giungere alla morte non era bisogno di far tanta strada, quanta ne fece Jacopo. Il vero è che il suicidio era tradizione classica, virtú romana, divenuta cantabile in Metastasio e rifatta tragica in Alfieri. In Foscolo ha ancora un significato piú moderno. È la tisi dell’anima, propria delle nature energiche, alle quali manchi l’alimento della realtá. È l’idea che attraversa il cervello di un giovane a venti anni, come era Foscolo, nel primo disinganno, e non ancora entrato nella serietá della vita.

L’esercizio della vita scampò Foscolo da quella consunzione. Nel suo sentimentalismo ci era sempre il tribuno che «ululava», lo spirito guerriero che gli ruggfa dentro. Il suo dolore ha la stessa forma; è furore, maledizione, ribellione; è forza com-

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