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ziale, è l’uomo nell’artista, è il suo modo di concepire e di sentire.

Tale era l’uomo, predestinato pittore della vecchia societá italiana. Quando il copista pedagogo entrava nelle dorate sale e assisteva alle nobili orgie, degnato di sorrisi che gli scendevano come dall’Olimpo, ricevette immagini e impressioni incancellabili. Spregiato pedagogo, fece di quell’ufficio il suo piedistallo e la sua vendetta, e si mise a’ fianchi di quella nobilea piú fatua che insolente, e la segui passo a passo in tutte le ore del giorno con le sue lezioni, e col suo sorriso anche lui. Cosi nacque il Giorno.

Ma fu vendetta da par suo. L’argomento gli si allargò e purificò tra mano. Si sentia troppo piú su che tutto quel mondo contemporaneo. Pensò all’arte, guardò alla posteritá: il resto gli parve ben piccolo.

Abbondavano i satirici. Era la moda. Ci era Goldoni e Passeroni, ci erano i fratelli Gozzi, ci era Pietro Verri, ci era Martelli e l’abate Casti. Tutti mordevano quella vecchia societá, per un verso o per l’altro, a frammenti. Ci era tutto un materiale, piú o meno elaborato. Mancava l’artista. E quando usci il Mattino, tutti s’inchinarono. Era comparso l’artista.

Le lodi furono molte. Magnificavano quel verso sciolto, e Frugoni usci a dire: «Poffar Dio! conosco ora di non aver mai saputo fare versi sciolti, benché me ne reputassi gran maestro». Altri lodavano la novitá dell’invenzione, didattica e drammatica, innestata alla satira: ciò che sembrava un genere nuovo. Non sapevano uscir dalle forme.

Cosa c’era dunque in quel Mattino, e nel Mezzogiorno uscito due anni appresso, che gittava nell’ombra Goldoni e Passeroni, che occurò i Sermoni e il Femia e la Marfisa? Ci era l’uomo. Questa era la novitá.

La vecchia societá e Parini erano proprio un’antitesi. Parini era nelle forme piú semplici tutto un mondo interiore: intelligenza, fede e sentimento. Quella societá era forma fastosa, ma vuota: tali erano i suoi uomini, i suoi artisti, le sue istituzioni, la sua letteratura. Vecchia societá inverniciata, che, per