Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
272 | saggi critici |
racconto. È giá in immaginazione quello che sará in atto. Il delitto arriva quasi senza loro saputa, in luogo meretricio, teatro delle geste di Massimo. Costui non ci vede quasi altro che una ripetizione; lei, lei sola sente il fremito e l’orrore della natura offesa, un fremito che diviene un aculeo di voluttá, un risveglio dei sensi fino al delirio. E perché in lei è la coscienza del delitto, e la ferocia della passione, prende proporzioni ideali innanzi all’immaginazione spaventata. L’indifferenza di padre e figlio la rende attonita; è capace ancora di maraviglia nella sua depravazione. Presto, la nuova voluttá è consumata; spogliata dall’uno, abbandonata dall’altro. La passione muore, e muore lei.
L’impressione è un disprezzo infinito per padre e figlio e tutta quella societá, il quale si volge in un senso di compassione per la povera vittima. Non era nata a questo, dirá qualcuno. Non fu colpa sua, dirá qualche altro.
X
«Le ventre de Paris».
La Curée, come lavoro d’arte, è il miglior romanzo di Zola, per semplicitá dell’architettura, per unitá e rapiditá di azione, e per concentrazione di forze. Ci si vede la mente superiore e tranquilla, che dispone e annoda le fila, senza distrazioni mai, né deviazioni.
Se la mentalitá è impressa in quel romanzo, si che per la sua condotta è cosí ideale e classico come l’Otello di Shakespeare, nel Ventre de Paris si vede al contrario un procedimento imitativo della natura, con quella dispersione di forze e con quella accidentalitá che troviamo nelle lente formazioni naturali.
Nella Curée non è un personaggio e non un avvenimento che non sia intimamente connesso col tutto. Qui vi è maggior libertá e ricchezza, che ti dá l’apparenza della vita, piú che di un’esistenza intellettuale.