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le «ricordanze» del settembrini 303


intuizione pronta, sicuro buon senso, o buon senno come dice lui, rettitudine di gusto e di giudizio. Cosí tutto gli esce vivo e vero; vita di superficie, ma vita. Molti dotti getterebbero a mare le loro dottrine, pur d’avere quel secreto lí. Che ne dice il mio amico De Gubernatis?

Questo naturale eccellente era illuminato da un cotal mezzo riso che stava tra la bonomia e la canzonatura, ed era tutt’altro che di uomo scemo, come pareva a’ piú. Vero è che non conosceva l’individuo nel suo particolare, e perciò gli mancava la profonditá dell’odio o del disgusto; subiti sdegni placabili, frizzi, antipatie, erano i suoi modi; spesso un motto era una pittura.La sua bontá lo tirava a giudicare buono il primo che gli si offriva, e leggermente lo faceva suo familiare, anzi confidente. Di rado si pentí; perché quelli co’ quali aveva a fare, erano gli uomini piú eletti del paese. E, come in quell’uomo semplice e modesto non entrava invidia, e volentieri prendeva il secondo posto, il suo animo si apriva a’ più dolci affetti, all’ammirazione e all’amicizia. La sua moderazione nel dir male si volgeva in entusiasmo, quando parlava degli amici. Perciò molti gli furono affezionatissimi, nessuno gli fu nemico. Sentiamo che in quell’anima non c’era fiele.

Ma la conoscenza leggiera dell’individuo era in lui congiunta con la viva apprensione dell’uomo in genere, come era in Leopardi, osservatore originale della natura umana, inetto a giudicare dell’individuo. Anche Settembrini aveva un talento raro di osservazione, che gli faceva cogliere le parti fisiche e morali di un individuo, riferendole a questo o a quel tipo d’uomo, con vivacità d’artista, anzi che con severitá di storico. E in queste Ricordanze abbondano ritratti geniali, avvezzo a fare come il pittore, a porsi innanzi gl’individui come modelli, e a spassarcisi un poco. Questa disposizione di spirito si rivelò principalmente nell’ergastolo, dove traduceva Luciano e dipingeva compagni. L’individuo, guardato a quel modo di artista, non gli poteva ispirare altro che un’amabile indulgenza. Indi quel suo mezzo riso canzonatorio, che voleva dire: — Ti ho capito — ; non iscompagnato mai dalla bonomia. Gli sembrava un fare lu-