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il darwinismo nell’arte 3i9


sotto a tutte quelle differenze cerchiamo il fatto elementare dell’arte, e da quello tiriamo il nostro giudizio.

Quando un oggetto, o piuttosto l’immagine di un oggetto, si presenta nel nostro cervello, noi ne riceviamo una impressione; e quando quella immagine vogliamo tradurla al di fuori nella parola, questa contiene in sé non solo l’oggetto ma l’impressione prodotta. Quella immagine è l’oggetto trasformato nel cervello. E questa parola è arte nella sua forma piú elementare, della quale si trovano i vestigi anche presso i popoli più selvaggi. Col progredire della civiltá si moltiplicano gl’istrumenti dell’arte, vengono nuovi tipi e nuove forme secondo il processo evolutivo della vita. Ma ciò che oggi domanda il critico ed il pubblico, è questo solo: ci è in questo lavoro di arte quella tale immagine, uscita da una impressione vera e viva nel cervello? Ci è nel cervello dell’artista luce, calore, quella forza allegra che produce e che si chiama genialitá? Quel prodotto è figlio di una forza inconsciente e geniale? È cosa viva, e che fa vivere noi, destando nel nostro cervello sensazioni, impressioni, emozioni? E se sí, il pubblico batte le mani e non pensa ad altro. Se al contrario quella impressione non era viva, ed era reminiscenza, abitudine, imitazione, artificio, convenzione; se quella forza non era che uno sforzo, simulazione della forza e confessione dell’impotenza; cosa sono quei prodotti? Ohimè! sono come quelle migliaia di vite efimere, che la natura, anche poeta, produce; esseri infermi e deboli destinati a scomparire nella lotta per l’esistenza. (vivi applausi)

Il senso del vivo si è tanto sviluppato in noi, che sforza la nostra educazione, i nostri preconcetti e fino il nostro senso morale, e ci rende tollerabili ed anche applauditi certi argomenti, che una volta sembravano impossibili al pubblico ed all’artista. C’è un nome pervenuto a noi con tale aureola d’ignominia, che disgusta e spaventa il nostro senso morale: voglio dire Nerone. Alfieri, persuaso che non fosse tragediabile, pure l’arrischiò sulla scena, e costrusse un Nerone attraverso la paura della scena, del pubblico e di sé stesso, del suo senso morale. Ma non può nascere vivo sé non ciò che è vagheggiato ed acca-