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30 | saggi critici |
placato da quella vendetta: il suo dolore riman vivo e verde, tanto che a solo pensarci, «pur pensando», lacrima, come pur ora fosse stato offeso. Anche in Shakespeare ci è un padre a cui sono ammazzati i figli, e: «Che fai?», gli grida un amico: «non calcarti il cappello, non torcere gli occhi cosí: pensa a vendicarti. — Egli non ha figli!» — risponde Macduff. Risposta spaventevole, che fa intravvedere nel padre la disperazione della vendetta, non potendo ammazzare i figli di colui che ha ammazzati i figli suoi. Ma il concetto d; Dante è ancora piú alto. Ugolino ha sotto i suoi denti il nemico, e rimane insoddisfatto, e non perché desideri una vendetta maggiore, ma perché non c’è vendetta che possa saziare il suo dolore, essere eguale al suo odio. Il suo dolore è infinito; la sua anima rimane al di sopra della sua azione. È stata notata una certa somiglianza tra le prime parole di Ugolino e le prime di Francesca1; vi è certo lo stesso concetto, ma con diversa musica. Perché nelle due situazioni vi è qualche cosa di simile e di diverso, somiglianza di concetto con diverso sentimento. Ambedue ricordano con dolore il passato. Cedono alla dimanda di Dante, e piangono e parlano insieme. Ma per Francesca è un passato voluttuoso e felice congiunto con la miseria presente, e la sua anima innamorata ingentilisce il pianto ed abbella il dolore: onde la mollezza e la soavitá di quei versi:
Nessun maggior dolore Che ricordarsi del tempo felice Nella miseria . . . . . . . . . . Ma se a conoscer la prima radice Del nostro amor tu hai cotanto affetto, Farò come colui che piange e dice. |
Per Ugolino passato e presente sono d’uno stesso colore, sono uno strazio solo che sveglia sentimenti feroci e ravviva la rabbia; attraverso le sue lacrime vedi brillare la cupa fiamma dell’odio.
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Parlare e lacrimar vedrá’ mi insieme...
Farò come colui che piange e dice.