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90 saggi critici

appare come conseguenza ultima e fatale di una serie di fatti interiori còlti nelle loro gradazioni piú intime e piú delicate. É lavoro di una ispirazione tranquilla e concorde, in un ambiente tutto moderno, con perfetta objettivitá, voglio dire con un sereno spirito di osservazione e di analisi. Goethe sembra Galileo che guarda col telescopio nell’anima e ne scopre tutti i segni. Perciò il suo romanzo è vera prosa, con tutti i contorni e la finitura del mondo reale. Ci si vede un popolo, il cui ideale si sviluppa in mezzo a tutte le condizioni della realtá.

Il lavoro di Foscolo è al contrarie poesia in prosa. É lui, quale natura ed educazione, quale illusioni e disinganni lo avevamo formato. C’è li dentro Venezia tradita, Isabella perduta e la memoria di Laura e della madre e degli amici, l’uomo senza patria, senza famiglia e senza Dio, col corpo e coll’anima errabonda nel vuoto di una vita contraddittoria e inutile: ci è tutta una tragedia nazionale in tutta una tragedia individuale. Ma la tragedia non è la materia del libro, è il suo antecedente. Siamo alla fine del quinto atto; la catastrofe è succeduta. pubblica e privata; al protagonista non resta che puntarsi la spada sul petto come Catone, o, come un personaggio di Alfieri, «cacciarsi un coltello nel cuore per versare... il sangue fra le ultime strida della patria». Qui comincia il libro; qui, dove cala il sipario, comincia ia rappresentazione. Jacopo ricomincia una vita nuova, al cui ingresso sta il suicidio, come una tentazione cacciata via. Vita nuova, perché l’antico Jacopo è morto e se n’è formato un altro. Patria, virtú, giustizia, libertá, scienza, gloria, «i raggi della sua mente», sono divenuti fantasmi e illusioni. Regna la forza: l’uomo è lupo all’uomo: pochi llustri ovrastano a tanti secoli e a tante genti, anzi, spogliati della magnificenza storica, gli eroi di Plutarco son come gli altri: antichi e moderni, tutti si valgono: «umana lazza!». £ la situazione del suicida. Quando Bruto disse: — «O virtú, tu non sei che un vano nome!» — il suicidio era giá compiuto nell’anima. Jacopo vive, e non sa che farsi della vita, vive come chi domani s’ucciderá. Ha tanto vigore d’intelletto, e fa vendere i suoi libri: a che serve la scienza? Ha