seguito dagli editori posteriori, ha abusato di segni d’interpunzione, obbedendo al suo gusto di scrittore piú riflessivo e pacatamente discorsivo. Ossi abbiamo creduto di usare le virgolette solo lá dove si dia vera e propria citazione o l’autore voglia porre in rilievo una sua battuta. Sovente il D. S. non intendeva citare, ma assimilava nel suo discorso parole e frasi di classici, e in questi casi l’uso delle virgolette farebbe sospettare una civetteria o almeno un’esibizione di sapere che veramente non era nelle intenzioni dello scrittore. Dove poi si poneva l’opportunitá di correggere abbiamo usato molta cautela: a un editore moderno del D. S. si pone infatti un problema diverso da quello che preoccupò il Croce. Nel i907 l’opera del D. S. doveva ancora essere difesa da quanti, eredi di un diverso metodo, prendevano scandalo dei lapsus e delle trascuratezze del grande critico, e le correzioni del Croce risposero anche a un opportuno sentimento di affetto alla memoria del maestro. Oggi il D. S. è un classico, e come tale va letto: interventi nella sua prosa ci sembrano non piú un atto di rispetto, ma illegittime falsificazioni, tranne nei pochissimi casi — e qui abbiamo fatto tesoro del Croce — nei quali un errore materiale si è riprodotto da una stampa all’altra, come, per esempio, nella numerazione o errata o mancante delle rime petrarchesche. Anche per quanto concerne la questione delle citazioni non abbiamo perciò adottato in tutto il criterio del Croce, seguito dai successivi editori, di restaurare tutto secondo i testi ai quali il D. S. dovette ricorrere. Andava risolta la questione della diversa grafia delle poesie petrarchesche perché il D. S. mentre si preparava P suggerí all’amico Marciano di aggiungere in nota le poesie che commentava nel testo, in quanto temeva che il volume riuscisse troppo smilzo, e prometteva brevi e succose note, che poi non ebbe il tempo di scrivere. Orbene, quelle poesie vennero riprodotte Aspettando fedelmente la grafia e la punteggiatura dell’edizione Le Monnier (le lievi divergenze sono da imputare a semplici sviste). Nelle citazioni invece nel corpo del testo la grafia restava oscillante, specialmente nell’uso di elisioni e apostrofi; perché l’autore non aveva copiato o fatto copiare le poesie dai libri ma le aveva dettate all’Imbriani e della trascrizione un poco approssimativa dell’Imbriani si servi quando fece la sua revisione del corso zurighese. È dunque legittimo uniformare la grafia, come Cr, tenendo a base per le poesie di Dante l’edizione del Fraticelli (Opere minori di Dante Alighieri, vol. I: Il Canzoniere... aggiuntovi le rime sacre e le poesie latine, Firenze Barbèra, Bianchi e Comp., i856), per i dugentisti il Manuale