Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/37

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i. petrarca 3i


suoi avversarli. Disdegnoso e vendicativo, volle dei nemici, e li ebbe degni di sé, grandi e implacabili; ma il Petrarca aveva un po’ il desiderio femminile di piacere a tutti, e piacque a tutti. E se volete veder La differenza che corre tra questi due uomini, guardateli in faccia. Quel viso bruno e asciutto, con quelle guance incavate, con quella fronte scura, con quegli occhi infossati e divorati da un fuoco interiore, è Dante. E quella faccia bianca da canonico, quelle guance pienotte, con quella fronte serena, con quegli occhi dolcemente pensosi, è Petrarca.

Ancor giovinetto, mentre vegetava negli studii soliti di gramatica, rettorica e dialettica, il padre gli pose in mano Cicerone, come preparazione alt avvocherai. Ma gli falli il disegno. Cicerone, Virgilio, Livio furono le prime melodie, che sospinsero un’anima piena di entusiasmo e d’immaginazione verso lo studio della letteratura. E se con penosa ubbidienza spese parecchi anni in Montpellier e in Bologna nello studio delle leggi, appena morto il padre, ritornò agli studii prediletti. Si dié tutto alle lettere latine, e piú tardi alle greche, e con molta spesa e fatica procacciò di avere quanti piú manoscritti gli fosse possibile. Anche oggi, se un antico manoscritto è disseppellito, se ne fa gran rumore; e questo è debole immagine alla lunga e viva impressione che la scoperta di un manoscritto produceva in quei tempi, ne’ quali l’antichitá si levava appena sull’orizzonte, tanto piú bella ed ammirata, quanto meno conosciuta. Usò il Petrarca diligenza molta per trovare le opere di Varrone, le storie di Plinio, la seconda Deca di Livio, viaggiando e frugando da per tutto; talora, cercando un libro, ne scopriva un altro non meno prezioso: cosí per caso trovò in Liegi due orazioni di Cicerone, e le sue epistole familiari in Verona. Emendava, postillava, copiava; copiò di suo pugno tutto Terenzio. Dobbiamo alla sua liberalitá ed ai suoi conforti la prima versione di Omero e di parecchi scritti di Platone; e se nei dotti italiani si svegliò tale ardore che, dimentichi della loro propria letteratura, attesero non ad altro per tutto un secolo che alla illustrazione del mondo antico, è in