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34 saggio critico sul petrarca


chitá, co’ quali viveva in ispirito, a Cicerone, a Seneca, a Pollione, a Quintiliano, a Tito Livio, ad Orazio, a Virgilio, ad Omero, conversando con loro dimesticamente, mescolando lodi e biasimi, talora con molta giustezza di criterio. Poco innanzi di morire, indirizzò un’epistola alla posteritá, dove le si raccomanda, rassegnandole tutto quello che avea scritto per farsene degno. Ma di tutto quello che ha scritto, non è sopravvivuto che il suo epistolario; e non giá come opera letteraria, ma per un gran numero di circostanze e di fatti che ce lo rendono prezioso. Notabili soprattutto sono le familiari, e piú particolarmente le epistole senili, che si possono considerare come le sue Memorie. Sono uno specchio fedele del suo carattere e della sua vita ne’ tratti piú confidenziali, e dove non di rado trovi un accento che gli viene dall’anima e te gli affeziona. Talvolta vi esprime con effusione de’ sentimenti che hai giá letti felicemente condensati in qualcuno de’ suoi versi italiani.

Giunse il Petrarca alla posteritá, ma per un’altra via. E se alcuno avesse potuto dirgli: — Tu sarai grande non per quello in cui hai occupata tanta parte della vita, ma per le tue rime — , ne sarebbe rimasto stupefatto, lui ed i suoi contemporanei. Quelle rime fu piú volte tentato di bruciarle, e si dice che ne abbia bruciate un gran numero. Nondimeno in vecchiezza, veggendo l’universale favore in cui erano, con giusto presentimento attese ad ordinarle, a limarle; e ne usci il Canzoniere. Le sue fatiche di erudito gli hanno acquistato uno de’ primi luoghi tra i benemeriti delle lettere; ma la gloria, il nome di grand’uomo glie l’hanno acquistato le sue rime. E giunto a noi, accompagnato con Laura.