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II

IL PETRARCHISMO


Il Petrarca vide la prima volta Laura in chiesa. Aveva appena ventitré anni; e quella vista gli fece tanto più impressione, quanto che infino allora, seppellito ne’ suoi stridii, erasi tenuto puro di tutta quella licenza di costumi, che ha reso trista la corte papale di Avignone. L’amore creò in lui un nuovo indirizzo. Scrisse latino per acquistarsi fama; scrisse versi italiani a sfogo ed a sollazzo.

La vita nel principio è condizionata dal mondo esteriore; l’anima fa non secondo quello che vuole, ma secondo quello che trova, cullata dolcemente dalle prime impressioni, spesso tanto potenti, che la non si può sciogliere piú da quella prima involontaria oscillazione: di che nasce la legge del progresso, la persistenza del pensiero umano nel variare degl’individui, quella specie di eredita che il passato lascia al presente. Il Petrarca trovava, cominciando a poetare, una scuola poetica generalmente ammessa, con un contenuto e con leggi proprie. Ora, i grand’ingegni si possono cosí poco, come i mediocri, difendere dalle false opinioni di una scuola poetica dominante; ed il Petrarca non se ne seppe difendere. Sicché, se vogliamo ben comprendere il suo Canzoniere, non basta lo studio dell’uomo: dobbiamo ancora gittare uno sguardo su quella scuola.

La poesia amorosa era da lungo tempo in voga. Non è bisogno ricordare i trovatori. In Italia era giá cominciata una poesia popolare, plebea e rozza. Il dialogo di Ciullo di Alcamo,